MASSONERIA & SAVOIA – 1. Le Profezie di San Giovanni Bosco sui Lutti del Re Vittorio Emanuele II per le Leggi Massoniche contro la Chiesa
Nell’immagine di copertina la celebre immagine di San Giovanni Bosco del pittore Mario Caffaro Rore e il ritratto Vittorio Emanuele II Re d’Italia eseguito da Andrea Bestighi nel 1860
Introduzione storica di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
In occasione della ricorrenza della nascita al cielo di San Giovanni Bosco (31 gennaio 1888) pubblichiamo un interessantissimo articolo che ricostruisce le persecuzioni contro la Chiesa Cattolica perpetrate dalla Massoneria durante il Risorgimento.
Tra queste trova spazio le vicende luttuose, surrettiziamente occultate dagli stessi storici massoni, riguardanti la maledizione che colpì la Casa Reale dei Savoia a causa del sostegno concesso alle discriminatorie leggi massoniche per la soppressione degli Ordini Religiosi.
Essa fu oggetto di due profezie annunciate da San Giovanni Bosco al Re Vittorio Emanuele II.
LA MASSONERIA NEL RISORGIMENTO
Giovanni Melchiorre Bosco
, meglio noto come don Bosco (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888), è stato un presbitero e pedagogo italiano, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. È stato canonizzato da papa Pio XI il 1° aprile 1934. È considerato uno dei santi sociali torinesi. Giovanni Paolo II gli conferì il titolo di “Padre, Maestro e Amico dei Giovani”.
L’attacco del Parlamento guidato dai Massoni al Clero avvenne pochi anni prima della Spedizione del Mille finanziata dalla Massoneria britannica del 1861 che spianò la strada alla nascita del Regno d’Italia e al successivo attacco armato ordito dall’esercito pilotato dai massoni anglo-italiani contro lo Stato Pontificio culminato nella Breccia di Porta Pia del 1870.
A tale invasione di uno stato sovrano conseguì la scomunica della Massoneria contenuta nell’enciclica De Humanum Genus promulgata nel 1884 da Papa Leone XIII.
Nel 1960, pochi mesi prima dello sbarco di Giuseppe Garibaldi in Sicilia, il latitante internazionale Giuseppe Mazzini, protetto dai massoni inglesi che poi portarono l’Italia nella Grande Guerra, aveva fondato a Palermo una sede del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato, la potente consorteria dei confratelli di 32 e 33o grado di tutte le logge internazionali.
Dopo la spedizione dei Mille e l’Unità d’Italia, come più volte ribadito dal giudice Rocco Chhinici ucciso da Cosa Nostra, in Trinacria nacque la Mafia come associazione malavitosa organizzata.
Come testimonia una cronistoria pubblicata sul sito ufficiale del Grande Oriente d’Italia (link in calce all’articolo), la Costituente massonica tenutasi nella capitale toscana dal 21 al 24 maggio 1864 sancì la totale vittoria dei democratici, che adottarono il nuovo nome di Grande Oriente d’Italia e proclamarono Gran Maestro Giuseppe Garibaldi, assegnando la direzione effettiva dell’Istituzione – col titolo di «presidente provvisorio» – a Francesco De Luca.
A quella di Firenze seguì, nel maggio del 1865, l’Assemblea di Genova, in occasione della quale De Luca fu eletto Gran Maestro a pieno titolo.
Si legge ancora: «Il GOI, che si era da poco dotato di un nuovo periodico, la “Rivista della Massoneria Italiana”, voluta e organizzata da Frapolli e il cui primo numero era uscito il 30 luglio del 1870, sostenne con vigore la commissione composta da Agostino Bertani, Benedetto Cairoli, Francesco Crispi, Nicola Fabrizi e Urbano Rattazzi che pianificò l’entrata in Roma attraverso la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870».
LE LEGGI MASSONICHE CONTRO LA CHIESA
Nei dieci anni precedenti, in seguito all’appoggio di Vittorio Emanuele II, il governo d’Azeglio attuò un programma di riforme degli istituti giuridici del Regno di Sardegna, concretizzando le innovazioni del 1848. In questo contesto storico il guardasigilli Giuseppe Siccardi propose le Leggi Siccardi, subito approvate a gran maggioranza dalla Camera, nonostante le resistenze dei conservatori più legati alla Chiesa cattolica, resistenze dovute soprattutto all’abolizione di tre antichi privilegi di cui il clero godeva nel Regno
Tali privilegi erano il foro ecclesiastico, un tribunale separato che sottraeva alla giustizia laica gli uomini di Chiesa, il diritto di asilo, ovvero l’impunità giuridica di coloro che trovavano rifugio nelle chiese, e la manomorta, l’inalienabilità dei possedimenti ecclesiastici.
Le Leggi Siccardi in quanto violazione unilaterale del Concordato stipulato dalla Santa Sede e dal Regno di Sardegna nel 1841 segnarono l’inizio di un lungo attrito tra il regno sabaudo e il Papato, attrito che si acuì nel 1852 con il progetto di istituire il matrimonio civile e, successivamente, con la Crisi Calabiana.
Al magistrato massone Siccardi è intitolata la Loggia Giuseppe Siccardi 1415 all’Oriente di Torino del Grande Oriente d’Italia (GOI), la più potente organizzazione massonica italiana.
Negli anni seguenti il governo, anche per l’avvicinamento di Camillo Benso conte di Cavour alla sinistra anticlericale, inasprì il suo atteggiamento nei confronti della Chiesa, riprendendo la politica neo-giurisdizionalista avviata con la legge del 21 luglio 1848, che aveva soppresso la Compagnia di Gesù, espellendo i gesuiti non piemontesi, e le Dame del Sacro Cuore, largamente diffuse nella Savoia.
Il 29 maggio 1855, alla conclusione della crisi Calabiana, fu approvata la legge 878, la cosiddetta legge Rattazzi (Urbano Pio Francesco Giacomo Rattazzi), ed emanato il relativo regio decreto attuativo nº 879, il quale stabilì gli ordini religiosi da abolire (tra i quali agostiniani, benedettini, carmelitani, certosini, cistercensi, cappuccini, domenicani, francescani ecc.).
La legge abolì gli ordini ritenuti privi di utilità sociale, ovvero che «non attendono alla predicazione, all’educazione, o all’assistenza degli infermi», e ne espropriò tutti i conventi (335 case), sfrattando 3733 uomini e 1756 donne.
L’iter di approvazione della legge, proposta dal presidente del Consiglio Cavour, fu inizialmente contrastato da re Vittorio Emanuele II e da un’opposizione parlamentare agitata dal senatore Luigi Nazari di Calabiana, vescovo di Casale Monferrato, che determinarono le temporanee dimissioni dello stesso Cavour.
Successivamente il regio decreto del 7 luglio 1866 n. 3036 e la legge del 15 agosto 1867 n. 3848 sancirono rispettivamente la soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose “i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico” e la confisca dei beni degli enti religiosi.
Con la legge del 19 giugno 1873 il presidente del Consiglio, Giovanni Lanza, estese l’esproprio dei beni ecclesiastici al territorio degli ex Stati Pontifici e, quindi, anche a Roma, la nuova capitale.
Nel 1907 l’anglo-italiano Ernest Nathan, figlio della londinese di origine ebrea Sara Levi Nathan che diede ospitalità e finanziamenti a Mazzini, divenne Sindaco di Roma dopo essere stato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1896 al 1904.
Le leggi di eversione dell’asse ecclesiastico durarono a lungo: fino ai Patti Lateranensi del 1929 firmati dal Duce Benito Mussolini con lo Stato Vaticano. Dovette pertanto intervenire un dittatore fascista per concedere al Mondo Ecclesiastico la libertà e la dignità sociale che gli erano state tolte dai politici massoni.
All’interno dell’articolo seguente sono stati aggiunti i link ai reportage storici di Gospa News sugli episodi citati.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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LE DUE PROFEZIE DI SAN GIOVANNI BOSCO SUI LUTTI IN CASA SAVOIA
di Gianpaolo Barra
Pubblicato in origine su Don Bosco e la persecuzione Risorgimentale
Nel dicembre del 1854, mentre in Parlamento era in discussione la legge per la soppressione degli Ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni, Don Bosco fa un sogno destinato a scatenare un vero terremoto nella famiglia reale.
Un sogno così importante che don Bosco sente la necessità di informare immediatamente il Re (Vittorio Emanuele II – ndr) . Invia una lettera al Re con la quale lo informa di aver sognato un bambino che gli affidava un messaggio. Il messaggio diceva: “Una grande notizia! Annuncia: gran funerale a corte”.
Alcuni giorni dopo, don Bosco invia un’altra lettera, visto l’atteggiamento non certo incoraggiante del Re dopo il primo avvertimento. Un altro sogno e di nuovo quel bambino che diceva: “Annunzia: non gran funerale a corte, ma grandi funerali a corte”.
E don Bosco invitava espressamente il Re a schivare i castighi di Dio, cosa possibile solo impedendo a qualunque costo l’approvazione di quella legge.
Il Re, per la verità mal consigliato, non presta ascolto. E quanto aveva previsto don Bosco comincia inesorabilmente ad avverarsi. Il 5 gennaio l855, mentre il disegno di legge è presentato ad uno dei rami del Parlamento, si diffonde la notizia di una improvvisa malattia che ha colpito Maria Teresa, la madre del Re Vittorio Emanuele II.
E sette giorni dopo, a soli 54 anni di età, dunque ancor giovane, la Regina madre muore. I funerali sono previsti per il giorno 16 gennaio. Mentre sta tornando dal funerale, la moglie di Vittorio Emanuele II, Maria Adelaide, che ha partorito da appena otto giorni, subisce un improvviso e gravissimo attacco di metro-gastroenterite.
Proprio quel giorno il Re riceve un’altra lettera di don Bosco, una lettera chiara. Ecco ciò che vi era scritto:
“Persona illuminata ab alto [cioè dall’alto] ha detto: Apri l’occhio: è già morto uno. Se la legge passa, accadranno gravi disgrazie nella tua famiglia. Questo non è che il preludio dei mali. Erunt mala super mala in domo tua [saranno mali su mali in casa tua]. Se non recedi, aprirai un abisso che non potrai scandagliare”.
Quattro giorni dopo quest’ultima lettera, la giovane moglie del Re, la regina Maria Adelaide, a soli 33 anni, muore. Era il 20 gennaio 1855. Non è finita. Quella stessa sera del 20 gennaio, il fratello del Re, Ferdinando, duca di Genova, riceve il sacramento dei morenti e muore l’11 febbraio. Aveva anche lui, come la Regina, solo 33 anni.
Nonostante questi avvertimenti, nonostante l’avverarsi di tutte le previsioni di don Bosco, il Re non si muove. La legge viene approvata il 2 marzo, con 117 voti a favore contro 36. In maggio la legge passa al Senato per la definitiva approvazione. Ma il giorno 17, a un passo dall’approvazione, si verifica una nuova sconcertante morte nella famiglia reale: muore il piccolo Vittorio Emanuele Leopoldo, il figlio più giovane del Re.
MESTO EPILOGO PER LE CASE RELIGIOSE
Il Re firmò e con quella legge ben 334 case religiose venivano soppresse per un totale di 5456 religiosi
(cfr. Renato Cirelli, La Questione romana, Mimep-Docete, p. 31). Era il 29 maggio del 1855. Da Roma arrivo la “scomunica maggiore” (che può essere annullata solo dal Papa) per tutti “gli autori, i fautori, gli esecutori della legge”.
PANDEMIA, PERENNE REGIME DI TERRORE. Profetica Scomunica della Massoneria di Papa Leone XIII…
La scomunica andava a colpire un Re che si diceva cattolico. Pio IX, nonostante le offese, le umiliazioni e le persecuzioni subite personalmente e dalla Chiesa di cui Lui era pastore, nel 1859, su richiesta di Vittorio Emanuele, accorderà il perdono pieno e senza condizioni al Re.
Fatto, questo, che ci fa comprendere la grandezza di un Pontefice che la storiografia ha purtroppo denigrato. Sempre intorno a questa legge, Messori ci ricorda, nel suo bel libro “Pensare la storia” un altro fatto straordinario, che riguarda ancora don Bosco.
I MAGNIFICI QUATTRO: LA FINE DEI SAVOIA
Nel 1855, in piena lotta della Chiesa contro la legge Rattazzi, don Bosco pubblica un opuscolo. Dapprima, il governo liberale piemontese ne decide il sequestro, che poi non viene eseguito per paura di fare pubblicità al prete di Valdocco. In quell’opuscolo don Bosco ammoniva Vittorio Emanuele II, rifacendosi a qualcuno dei suoi sogni e alle sue abituali e straordinarie intuizioni, perchè non firmasse quella legge.
Scriveva testualmente don Bosco: “la famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione”.
Un avvertimento grave e inquietante, ma pur sempre una profezia che oggi è facilmente verificabile, solo facendo un po’ di conti.
Vittorio Emanuele II muore a soli 58 anni, a quanto pare di malaria, cioè di quella febbre presa proprio a Roma dove i suoi bersaglieri erano entrati otto anni prima. Il suo primo successore, Umberto I muore 56enne a Monza, sotto i colpi di pistola dell’anarchico Bresci.
Il secondo successore, Vittorio Emanuele III, scappa di notte, di nascosto, dal Quirinale, l’8 settembre del 1943 e tre anni dopo sarà costretto ad abdicare. Il terzo successore, Umberto II, fu un re “provvisorio”, per meno di un mese e, perduto il referendum popolare, deve accettare un esilio senza ritorno.
Come si vede facilmente, alla quarta successione, alla “quarta generazione” come scriveva don Bosco, i Savoia non sono giunti.
di Gianpaolo Barra
Pubblicato in origine su Don Bosco e la persecuzione Risorgimentale
FONTI PRINCIPALI
GOSPA NEWS – COSPIRAZIONI – MASSONERIA
GRANDE ORIENTE D’ITALIA – LA STORIA 1860-1885
https://www.gospanews.net/2018/08/20/satanismo-e-massoneria-1/
3 pensieri su “MASSONERIA & SAVOIA – 1. Le Profezie di San Giovanni Bosco sui Lutti del Re Vittorio Emanuele II per le Leggi Massoniche contro la Chiesa”