Il parere del criminologo investigativo dott. Umberto Mendola sul caso “Massimo Bossetti”.
di Dott. Umberto Mendola – criminologo forense
I link a precedenti articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori dalla redazione
E’ una notizia di qualche giorno fa, che la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della difesa di Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, annullando con rinvio l’ordinanza del 21 novembre 2022 della Corte di assise di Bergamo che, in sede di esecuzione, aveva negato alla difesa il diritto di accedere ai reperti confiscati per lo svolgimento di indagini difensive in vista dell’eventuale revisione del processo.
Occorre domandarci: E’ davvero possibile ritenere “nel caso in esame si possa validamente affermare che il sig. Massimo Giuseppe Bossetti sia stato condannato “al di la di ogni ragionevole dubbio” così come prescritto dall’art. 533 del c.p.p.”.
CRIMINODINAMICA
In data 26 Febbraio 2011 esattamente tre mesi dopo la sua scomparsa avvenuta a Brembate il 26 Novembre 2010, viene ritrovata in un campo in località Chignolo d’Isola, la giovanissima Yara Gambirasio di anni 13 e nata il 21 Maggio 1997.
I coniugi Gambirasio sporgevano denuncia di scomparsa alle ore 20:30 presso la caserma dei Carabinieri di Brembate, dopo aver autonomamente cercato la figlia nei luoghi più verosimilmente certi, avuto riguardo alle informazioni scambiate tra gli stessi e la figlia prima delle 17:30.
La ragazza dunque intorno alle 17:30 del 26 Novembre 2010 da via Rampinelli ( abitazione), si era recata presso il centro sportivo di Brembate sito in via Locatelli 36, per portare uno stereo alla sua allenatrice di ginnastica ritmica individuata nella persona della sig.ra Silvia Brena ( mai indagata) . Si precisa che la responsabile del centro polisportivo delle “farfalle iridate” nonchè amica di vecchia data della Maura Gambirasio, era la sig.ra Daniela Rossi.
Il Centro sportivo distava circa 700 metri dall’abitazione della giovane, ella, infatti a detta dei familiari era solita recarsi a piedi sia ad andare che a rientrare.
Secondo alcune testimonianze, Yara è stata vista per l’ultima volta intorno alle 18:42 così almeno riferisce il sig. Francese, padre di una ragazza che frequentava il centro sportivo, e dichiarava di aver visto uscire la ragazza proprio intorno a quell’ora. Poi se ne perdevano le tracce.
I Carabinieri alle 00:42 avviano le prime indagini sulla scomparsa seguendo l’aggancio del cellulare della giovane alle celle telefoniche.
Da queste prime valutazioni emergeva che:
- alle 18:44 il suo telefono cellulare agganciava la cella di Ponte San Pietro in via Adamello,
- alle 18:49 la cella di Mapello, a tre chilometri da Brembate di Sopra,
- e alle 18:55 la cella di Brembate di Sopra in via Ruggeri.
In seguito il segnale scompare.
Da approfondimenti investigativi, emerge da subito che le telecamere su strada e presso il centro sportivo sono tutte fuori servizio .
Venivano coinvolti i cani molecolari, sulla quaestio si dirà meglio in seguito, che approdavano via fiuto al cantiere edile di Mapello.
Indagini con cani molecolari
Tre giorni dopo la scomparsa della piccola Yara, tre cani molecolari furono messi sulle sue tracce. Due di loro, compreso il famoso Joker (un Bloodhound che arrivava dalla Svizzera, tra i migliori segugi al mondo), seguirono lo stesso tragitto: palestra – uscita posteriore di servizio riservata al personale – tragitto in direzione opposta a quella di casa Gambirasio – cantiere di Mapello distante pochi km dalla palestra.
Il 5 Dicembre 2010 veniva fermato come sospettato Mohammed Friki a bordo di una nave a Tangeri, l’uomo all’epoca ventiduenne di nazionalità marocchina, lavorava presso un cantiere di Mapello come piastrellista.
La motivazione del fermo si basava su una intercettazione telefonica tradotta prima facie come “Allah mi perdoni non l’ho uccisa io”.
A richiesta del fermato venivano coinvolti altri mediatori linguistici che confermavano l’errore della prima traduzione ed individuavano l’esattezza delle parole nella frase
“ Allah fa che risponda”, frase che si riferiva alla fidanzata del Friki.
Esito: rilascio immediato del soggetto ed eliminazione dalla lista degli indagati ( era l’unico a dire il vero!).
Il 26 Febbraio 2011 in zona Chignolo d’Isola e precisamente in un campo, veniva, per caso, rinvenuto un corpo in stato di decomposizione, che successivamente veniva indicato come il cadavere di Yara Gambirasio.
Il luogo del ritrovamento si trova a 10 km direzione sud – ovest da Brembate sopra .
Si precisa che il corpo era vestito, che gli abiti erano posti in ordine logico e non alla rinfusa tale da ritenere che la ragazza non fosse stata svestita E RIVESTITA ALLA MENO PEGGIO.
Sul punto si osserva che un serial killer applica una metodologia seriale che perfeziona in termini di esito del delitto e sia per ciò che attiene alla scelta delle vittime, connotate da particolari comuni, quali segni distintivi di genere e caratteristiche fisiche, e dal modus operandi che in linea di delitto ha tratti di similitudine o uguaglianza . L’elemento centrale è la “ripetitività dell’azione omicidiaria”…Le motivazioni che spingono all’omicidio seriale sono varie, ma c’è sempre una componente psicologica, interna al soggetto, che lo spinge al comportamento omicidiario ripetitivo.” Questa tipologia è del tipo “organizzato”.
Vi è poi l’assassino “disorganizzato” che invece agisce in preda ad un improvviso impulso di matrice psicopatologica che lo spinge a ricercare ed uccidere vittime casuali non preoccupandosi di cancellare le proprie tracce dal locus commissi delicti . Nel caso del quò, secondo l’accusa, M.Bossetti commetterebbe un omicidio da incesurato, privo di evidenti carenze o sofferenze psicologiche, con una famiglia e dei figli che non hanno mai manifestato disagi e per giunta non si comprende bene la matrice dell’omicidio poichè non chiara né precisa e concordante. Non vi è risultanza alcuna che Bossetti avesse i tratti di un assassino nè organizzato nè disorganizzato.
Procedendo allora per fatti temporali veniva disposta l’autopsia del cadavere per mano della dott.ssa Cristina Cattaneo con l’ausilio dell’assistente Luca Tajani che esaminavano il corpo nel lasso di tempo di 48 ore e da cui emergeva che:
- il cadavere era stato trovato nel campo di Chignolo d’Isola rivolto a pancia in su, con la testa leggermente piegata su un fianco;
- diverse parti del corpo risultavano schelettrizzate: la mano destra era chiusa a pugno e all’interno stringeva degli elementi erbosi strappati e riconducibili a quel terreno;
- alcuni elementi farebbero pensare che il corpo fosse in quel campo da diverso tempo come l’impronta che lo stesso ha lasciato sul prato, una foglia ritrovata sotto al capo che non si era seccata a differenza di quelle circostanti.
- altri elementi invece farebbero ritenere che la giovane fosse stata uccisa lì, come gli arbusti che stringeva nella mano destra e che aveva strappato probabilmente in un ultimo spasmo prima del decesso.
Le lesioni rilevate dall’autopsia
La perizia inoltre menzionava che il cadavere portato all’istituto di medicina legale di Milano era stato sottoposto a lastre e tac.
Oltre alle ferite quelle provocate con un’arma bianca, il corpo presentava anche una contusione alla testa.
All’interno delle ferite, oltre agli elementi botanici, c’erano tracce di ossido di calcio, individuata come una componente della calce. Sui vestiti, sulla cute e sui capelli c’erano anche numerose tracce di tessuto di colore rosso.
Dall’esame tossicologico effettuato è emersa la presenza di acetone e da qui è nata l’ipotesi che la causa finale della morte sia stata l’ipotermia. L’analisi del contenuto gastrico, invece, ha evidenziato tracce di piselli, carne e amidi nello stomaco: considerato che Yara aveva pranzato attorno alle 14:00 , l’ora della morte si stabiliva attorno alla mezzanotte.
Nella perizia autoptica la Cattaneo traccia la natura delle lesioni indicandole come tofonomiche o incerte .
Dunque nella sezione Indumenti viene fatta una descrizione medico-legale delle lesioni da un punto di vista macroscopico e stereo microscopico che, non è di natura merceologica per la qual valutazione la Cattaneo rimanda ogni finale diagnosi al personale dei R.I.S. di Parma ai quali sono stati affidati tutti gli indumenti.
Per quanto attiene alle lesioni esse sono state in perizia così indicate:
– Lesioni tafonomiche, dovute a dinamiche posteriori alla morte relative a fattori ambientali o comunque accidentali (quale contatto con rovi o altro agente naturale); tali lesioni presentano margini per lo più irregolari e/o sfilacciati. Molte di queste lesioni potrebbero essere dovute all’attività esercitata da parte di ratti sul corpo della vittima che ha coinvolto anche i tessuti. L’attività dei ratti è dimostrata dalla presenza di molti escrementi, concentrati in particolare modo tra le pieghe delle lesioni dei pantaloni e tra i capelli; alcuni di questi piccoli escrementi sono frammisti a frammenti di capelli e piccoli frammenti di tessuto.
– Lesioni da taglio o da punta e taglio dovute al contatto del filo di un tagliente con il tessuto; in base al tipo di tessuto coinvolto i margini possono risultare più o meno netti o finemente sfilacciati.
– Lesioni incerte, in questa categoria sono comprese tutte le lesioni la cui interpretazione è dubbia in quanto, la sola osservazione macroscopica della forma e dei margini non consente di stabilire la modalità lesiva.
Subito dopo la Cattaneo presenta 7 tabelle per i 7 diversi capi d’abbigliamento ossia:
- Piumino: con 4 lesioni di cui 2 certamente da taglio e due di provenienza incerta.
- Maglietta: con 19 lesioni di cui 4 certamente da taglio, 9 sono certamente tafonomiche e 6 di provenienza incerta.
- Pantaloni: con 14 lesioni di cui 7 sono certamente lesioni da taglio, 6 certamente lesioni tafonomiche e 1 di provenienza incerta.
- Slip: con 3 lesioni di cui due certamente da taglio e 1 di provenienza incerta.
- Calze: 2 lesioni entrambe tafonomiche.
- Scarpe: 1 sola lesione e di tipo tafonomico.
- Felpa: 7 lesioni tutte lesioni da taglio.
Sul corpo di Yara, inoltre, la Dottoressa Cristina Cattaneo ha repertato 3 piume .
Rilevamento tracce biologiche e DNA
Sul corpo e sugli indumenti di Yara sono stati ritrovati altri undici campioni di Dna non appartenenti né al presunto colpevole né alla vittima. Altre undici tracce importanti di sangue, bulbi piliferi, cute e forse vomito.
- DNA – Trovato in grande quantità sul giubbotto della ragazza, appartiene alla sua insegnante di ginnastica.
- DNA – Trovato sui guanti della ragazza all’interno della tasca del giubbotto, appartiene a donna ignota.
- DNA – Trovato sui guanti della ragazza all’interno della tasca del giubbotto, appartiene a uomo ignoto.
- DNA – Trovato in quantità minima e incompleto (incomprensibilmente privo di mitocondriale) sull’angolo dello slip tagliato della ragazza, appartiene al famoso Ignoto 1, considerato per motivi poco comprensibili il solo responsabile del delitto.
- 5),6),7),8),9),10), e 11),DNA – su peli e capelli non appartenenti alla vittima né a Ignoto 1 ; individuati tra ben 200 formazioni pilifere umane trovate sulla vittima di cui: 94 appartenenti alla vittima, 7 appartenenti a persone sconosciute e 101 non analizzabili. Sul punto sorgono parecchi dubbi di carattere logico.
Le tipologia di peli e capelli rinvenute e non attribuite ad alcun soggetto identificato, potrebbero essere attribuite ad esempio a varie forme di rissa tra ragazze che si strappano i capelli e usano le armi di cui dispongono: le unghie.
Dunque la molteplicità di peli e capelli sulla vittima ed i graffi sul viso e sul corpo della stessa avrebbero dovuto aprire sicuramente ad uno scenario diverso!
Ma l’accusa non ha voluto percorrere altre piste investigative.
Non dimentichiamo che le macchie di sangue sul giubotto di Yara che sono risultate appartenenti a Silvia Brena!
La quale interrogata in aula, alle domande rispondeva con innumerevoli : “NON RICORDO”.
Arresto per individuazione profilo genetico
Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni
CRIMINOGENESI
Non sta a noi consulenti stabilire se il soggetto in questione abbia o meno commesso il crimen di cui trattasi, ma sicuramente possiamo fare una valutazione dei fatti e delle prove con carattere epistemologico (ovvero compiendo delle riflessioni sui metodi relativi alle investigazioni effettuate, in ordine alla prova acquisita e varie scienze per definire la natura e il valore del sapere scientifico della stessa) al fine di rispondere ai quesiti ed andare anche a valutare tutte le circostanze che potrebbero condurre: da una condanna “al di là di ogni ragionevole dubbio” ad una condanna al di là di ogni ragionevole certezza che suonerebbe a dir poco abberrante!
I dati certi
Una giovane ragazzina di 13 anni, di nome Yara Gambirasio il 26 novembre del 2010, a Brembate di Sopra, comune in provincia di Bergamo,intorno alle 17:30 del 26 Novembre 2010 da via Rampinelli ( abitazione), si era recata presso il centro sportivo di Brembate sito in via Locatelli 36.
Il Centro sportivo distava circa 700 metri dall’abitazione della giovane.
Yara è stata vista per l’ultima volta intorno alle 18:42
I Carabinieri alle 00:42 valutano le celle telefoniche.
- Alle 18:44 il suo telefono cellulare aggancia la cella di Ponte San Pietro in via Adamello,
- alle 18:49 la cella di Mapello, a tre chilometri da Brembate di Sopra,
- e alle 18:55 la cella di Brembate di Sopra in via Ruggeri.
In seguito il segnale scompare.
Le telecamere su strada e presso il centro sportivo sono tutte fuori servizio .
Vengono coinvolti i cani molecolari, che approdano via fiuto al cantiere edile di Mapello.
Qui finisce la certezza dei dati ed iniziano le indagini
Cani molecolari
Si è detto che i cani molecolari abbiano seguito un tragitto: palestra – uscita posteriore di servizio riservata al personale – tragitto in direzione opposta a quella di casa Gambirasio – cantiere di Mapello distante pochi km dalla palestra.
Massimo Giuseppe Bossetti non lavorava in quel cantiere bensì in altro, sito a Palazzago di proprietà del sig. Osvaldo Mazzoleni, cognato del Bossetti e marito della sorella Laura.
Il cantiere di Palazzago dista dal cantiere di Mapello 8 km pari a 13 minuti di strada in macchina attraverso la SP 176 mentre dista da Brembate Sopra 6,3 km pari a 10 minuti di strada in macchina sempre percorrendo la SP 176.
Il cantiere di Mapello dista da Brembate Sopra 5,4 km pari a 9 minuti in macchina ma attraversando la via Locatelli che al civico 36 vede ubicato il centro sportivo di Brembate Sopra.
Dunque, i cani e nello specifico Joker iniziò a puntare impazzito verso un locale attrezzi ed un locale spogliatoio di alcuni operai di nazionalità polacca.
Si procedette immediatamente alla minuziosa ricerca di Yara o tracce di ella, addirittura venne distrutto un pavimento per consentire agli addetti ai lavori di espletare le ricerche.
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Ma di Yara nessuna traccia della sua presenza: ecco esatto della sua presenza! Ma non del suo passaggio.
Alcune indicazioni sono doverose: in primis il termine molecolare è di pura invenzione giornalistica poichè il cane viene istruito a riconoscere molecole olfattive, cioè che emanano odore. La razza più affidabile è quella dei Bloodhound, letteralmente “segugio del sangue” noti anche come Chiens de Saint-Hubert.
Questi cani vengono impiegati per la caccia, poichè fiutano con facilità tracce di sangue e dispongono di quattro miliardi di ricettori olfattivi.
Il loro contributo è così preciso che negli Usa vengono considerati portatori di tracce ad alta valenza scientifica e pertanto valide prove nelle aule di giustizia.
Dunque Joker fiuta la presenza della ragazza che probabilmente in quel cantiere c’è stata o chi l’aveva presa l’ha condotta lì o è stato lì.
A riprova vi è anche il fatto che sul corpo è stato rinvenuto l’ossido di calcio.
Ma Massimo Bossetti NON lavorava in quel cantiere…
Dominic Salsarola, un archeologo del pool del medico legale Cristina Cattaneo, specializzato nelle tecniche di scavo e nella topografia per la posizione dei corpi, citato come testimone, ha dichiarato in aula che ancora il 25 febbraio 2011 ovvero il giorno prima del ritrovamento del corpo della ragazza, si era recato per un sopralluogo nel cantiere di Mapello, su specifica richiesta della PM Letizia Ruggeri, con il compito specifico di rinvenire qualunque traccia della giovane e si suppone che avvesse pensato anche ad un corpo senza vita.
Ebbene Salsarola si accorse immediatamente che in quel posto vi erano nuove costruzioni che a suo intendimento avrebbero dovuto essere demolite al fine di sviluppare indagini più dettagliate.
Ma il Salsarola in reatà non ebbe tempo di far nulla perchè il giorno dopo nel campo di Chignolo venne ritrovato il corpo della Gambirasio e l’incarico gli venne revocato.
Il ritrovamento casuale della piccola Yara
Ma come venne ritrovato questo corpo?
Ilario Scotti, 48 anni, di Bonate Sotto, è un padre di famiglia. Fa l’impiegato per un’azienda alimentare e ha l’hobby dell’aeromodellismo.
È lui, che verso le 15:30 di sabato 26 febbraio, ad aver trovato il corpo della povera Yara. «Pensavo di trascorrere un tranquillo pomeriggio di distensione dedicandomi al mio passatempo preferito».
Quando l’ho trovato, a circa un metro, un metro e mezzo di distanza ho notato qualcosa, fra le sterpaglie. La prima impressione è di aver visto un mucchio di stracci buttati lì da qualcuno. Ma appena mi sono reso conto che era una persona, non ho esitato e ho subito chiamato il 113».
In pochi minuti, quell’area campestre circondata da capannoni industriali si è letteralmente riempita di polizia. (https://www.famigliacristiana.it/articolo/sarah_260211183316.aspx).
Il campo di Chignolo fu setacciato da volontari a piedi e per tre mesi dagli elicotteri della Protezione Civile, dei Carabinieri e della Polizia, tra cui il comandante Iro Rovedatti, che avvezzo a quelle indagini non si accorse mai di quel cadavere anzi a scoperta avvenuta ebbe a dichiarare “Se ci fosse stata non mi sarebbe sfuggita ”!
Che significa questo?
Significa che se a novembre il campo fosse stato ricoperto di neve, un corpo vestito con abiti colorati sarebbe di certo spiccato nella distesa bianca ! In realtà il meteo dell’epoca riporta assenza di neve e temperature da 3 a 8 gradi C.
Le foto dei sorvoli mostrano un campo di non grandi dimensioni, con poca sterpaglia che per coloro che sono abituati ad effettuare voli di perlustrazione per protezione civile sono semplici da monitorare e l’occhio è ben allenato a rinvenire corpi.
Ergo l’elicotterista d’esperienza che a 12 anni già sapeva pilotare un elicottero con quella frase pone un dubbio non indifferente sulla presenza del corpo in quell’area.
Ma vi è di più! In un video fatto da agenti della Polizia Scientifica, il 27 febbraio 2011 nel campo di Chignolo d’Isola per l’espletamento del sopralluogo, rimase registrata una conversazione tra due poliziotti.
Uno chiese all’altro: “Secondo te Yara è qui da tre mesi o l’hanno portata dopo?”
Il secondo agente risponde: “Dopo… dico… dopo lì.”, indicando il luogo del ritrovamento.
Un segmento contraddittorio si palesa in seguito alle dichiarazioni del Salsarola, che ci spingono a ritenere che la ragazza non sia stata in quel campo dal giorno della della sua morte ovvero dal 26 Novembre 2011 per 2 ipotesi – motivi evidenti :
- la giovane tredicenne per un periodo di 3 mesi è rimasta ben custodita all’interno del cantiere di Mapello, sicchè quando l’archeologo indicò, quale ovvia soluzione per il rinvenimento del corpo di Yara di demolire i manufatti, nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2011, l’unica possibilità di sfuggire alla longa manus della legge era quella di sbarazzarsi del corpo.
E dove lasciare un cadavere? In un posto leggermente isolato e vicino quale era il campo di Chignolo.
- Inoltre la parziale corificazione del corpo (ovvero l’acquisizione della caratteristica del cuoio da parte della pelle quale fenomeno dei cadaveri rinchiusi in casse metalliche per l’effetto della colliquazione. In altre parole un ambiente chiuso e privo di aria, che rallenta la putrefazione talchè si può dire che il cadavere mantiene le sue fattezze) , l’ossido di calcio rinvenuto sul corpo e nei polmoni, nonchè l’assenza di morsi di animali, qust’ultima, perfettamente logica invece se il corpo fosse rimasto all’abbandono.
Le lesioni di Yara
Come detto in precedenza, il cadavere venne rinvenuto vestito secondo un ordine logico tanto da indurre gli inquirenti a ritenere che non vi fossero opere di svestizione.
Il giorno del ritrovamento il corpo si presentava partendo dagli abiti più interni e andando verso l’esterno così:
- reggiseno solo in parte slacciato
- maglietta posta sopra il reggiseno di colore azzurro
- felpa posta sulla maglietta
- piumino a coprire la felpa
Dalla perizia Catteneo si evinceva che:
- 4° punto, il piumino riportava 2 lesioni da taglio e 2 di provenienza incerta, inoltre quale capo posto alle intemperie nonchè ai morsi di animali, non presentava alcuna lesione tofonomica, dovute cioè a dinamiche posteriori alla morte relative a fattori ambientali o comunque accidentali (quale contatto con rovi o altro agente naturale):
- 3°punto la felpa aveva 7 lesioni tutte da taglio;
- 2° punto la maglietta 19 lesioni di cui 4 certamente da taglio, 9 sono certamente tafonomiche e 6 di provenienza incerta;
- 1°punto il reggiseno parzialmente slacciato
Dunque al di là di ogni ragionevole dubbio Yara deve essere stata spogliata per forza
è impossibile altrimenti che la maglietta presenti tutte quelle lesioni che non coincidono con la restante parte degli indumenti.
Analizziamo adesso la parte bassa Yara indossava sempre partendo dall’interno verso l’esterno:
- slip 2) leggins 3) calze 4) scarpe
Dalla perizia Cattaneo si riportano i rilievi:
- Pantaloni: con 14 lesioni di cui 7 sono certamente lesioni da taglio, 6 certamente lesioni tafonomiche e 1 di provenienza incerta.
- Slip: con 3 lesioni di cui due certamente da taglio e 1 di provenienza incerta.
- Calze: 2 lesioni entrambe tafonomiche.
- Scarpe: 1 sola lesione e di tipo tafonomico.
Se Yara non fosse stata spogliata, come si sarebbero potuti fare i tagli sugli slip?
Ma le lesioni sulle calze che sono definite tofonomiche cioè provocate da agenti esterni quali spine o topi? Yara indossava le scarpe !!!
Ma la Cattaneo in ossequio al suo lavoro ci dice ancora che tracce di ossido di calce erano presenti sulle lesioni della cute, nei polmoni e sulla maglietta e pantaloni, mentre erano di scarso rilievo o assenti sul piumino, la felpa e le scarpe mentre reggiseno, slip e calze non sono stati valutati poichè nelle mani dei RIS al fine di sviluppare indagini molecolari e genetiche.
Ergo se gli indumenti esterni non presentano l’ossido di calce come è possibile che siano copiosi sugli indumenti interni?
Tutto lascia verosimilmente ritenere che Yara sia stata tenuta in un luogo diverso dal campo di Chignolo e sia stata spogliata e successivamente rivestita. Il che potrebbe far ritenere che il profilo dell’omicida sia organizzato e ben in linea con un soggetto che quantomeno avesse premeditato tutto e che sapesse cosa fare.
Per chiudere il cerchio dei reperti rimangono fuori da ogni valutazione ed analisi le piume rinvenute sul corpo di Yara: erano 3 della lunghezza di 7 cm.
Le piume non sono state oggetto di valutazione alcuna, ma in realtà potevano essere un indizio, vediamo perchè:
- nel campo di Chignolo non ci sono animali da cortile
- le piume data la dimensione fanno pensare a galline o ad oche
Ebbene un amico di Fulvio Gambirasio possedeva un terreno, in località Ghiaie a Brembate Sopra, gestito da G.B. che allevava galline, oche e pavoni tutti compatibili con la tipologia di piume rinvenute.
Ma tale amico del Gambirasio era anche amico del proprietario dell’azienda Z.A. posta di fronte al cantiere di Mapello. Il G.B. ha un fratello i cui spostamenti sono sovrapponibili alle celle telefoniche agganciate da Yara e peraltro un ragazzo di nazionalità marocchina dichiarava agli inquirenti che quella sera il fratello di G.B. era a cena fuori la sera della scomparsa di Yara e parlava già di rapimento.
E 10 giorni dopo la scomparsa della ragazza agli inquirenti giunse una lettera anonima che invitava a controllare nel campo di Chignolo.
Ecco perchè l’elicotterista diceva che da tre mesi sorvolava la zona e che se ci fosse stato un corpo se ne sarebbe accorto.
E tutto va ancora a confermare che la piccola non si è trovata per tre mesi nel campo ma in altro luogo!
Indagini Celle telefoniche -Vodafone
Il 26 novembre 2010 alle ore 17:45 il cellulare di Massimo Bossetti agganciava la cella telefonica di Mapello “Via Natta – Settore 3”, ossia la stessa che avrebbe agganciato un’ora dopo quello della povera Yara, ma nel “Settore 1” quindi nella direzione opposta a quella dell’indagato.
La Vodafone, infatti, ha dichiarato che il cellulare di Yara agganciò alle 18.49 la cella di Mapello “Via Natta” in occasione di un sms inviato all’amica Martina ma si spense pochi minuti più tardi alle 18.55 agganciando la cella di via Ruggeri a nord-est di Brembate, ossia in direzione OPPOSTA al campo di Chignolo d’Isola.
Inoltre, alle 19.09 il suo cellulare si riattiva per pochi minuti facendo tre squilli alla madre per poi non dare più segnale. Anche in questa occasione il cellulare di Yara agganciò la cella di via Ruggeri a nord-est di Brembate, ossia in direzione OPPOSTA al campo di Chignolo d’Isola.
( dati estrapolati da https://iostoconbossetti.it/2018/02/17/le-celle-telefoniche/)
La prova regina
Affrontare questo punto è per il criminologo investigativo, un argomento assai delicato poichè si scontra con l’aspetto legale e con la coscienza morale e sociale dell’opinione pubblica.
Come affermato in precedenza il nostro compito non è di determinare l’innocenza o la colpevolezza di Bossetti, ma quello di comprendere e far comprendere che l’analisi di un caso può aprire a varie piste investigative che devono essere percorse al fine di dare una valida risposta ai numerosi interrogativi fino ad ora palesati.
Diversamente, il ecco Bossetti il mostro che uccide una ragazzina e al diavolo le risultanze probatorie!
Di lui parlano il modo in cui veste, ride, le lampade che fà, il suo essere così imperturbabile dinanzi a tale accusa.
Per lui parla un frammento di DNA parziale, ed eccola lì, la presunta “prova regina” che colpisce senza lasciare apparentemente alcun dubbio !!!
Bossetti viveva in una famiglia che a detta dei componenti era felice, non aveva nemmeno l’amante, ma era un mentitore, era detto il “favola” perchè invece di andare a lavorare, cosa che evidentemente non gli piaceva fare, inventava storie sulla sua salute. Ma perchè avrebbe ucciso Yara allora? Dal momento che il PM e tutti gli addetti ai lavori che per 4 anni non avevano cavato un ragno dal buco, dovevano cercare un colpevole, e dei 12 reperti di DNA tutti appartenenti a noti ed ignoti non se ne deve parlare!!!
Al contrario, si fonda tuitto un una traccia parziale, quello sul lato di una mutandina.
Il movente: in automatico – omicidio a sfondo sessuale; il resto non importa a nessuno!!!!
Però i conti continuano a non tornare perche Yara non fu violentata!
Bossetti si dice essere stato incastrato da un’opera di investigazione a dir poco esemplare, ma dall’analisi precedente a dire il vero, infiniti dubbi sono rimasti.
Quel dato risuonerebbe come una prova granitica, che non necessita di ulteriori elementi in quanto “di per sé sufficiente, anche in via autonoma, a fondare il giudizio di colpevolezza”. Dunque una prova scientifica di matrice genetica, ha assunto l’effetto dirompente di infallibilità.
Ma è davvero così?
A nostro riguardo sembra ormai avere più valore probatorio il CSI effect pittosto che la complessa macchina della ricerca probatoria la quale stravolge il principio di presunta innocenza sino a prova contraria.
Il CSI effect nella criminologia e nelle scienze forensi indica come le serie Tv, come appunto CSI che è l’acronimo di Crime Scene Investigation.
Nel caso di Bossetti non si è prima trovato il vestito e poi si è valutato di capire se fosse della sua misura ma al contrario prima hanno trovato un mostro e poi hanno tentato di cucirgli un abito a misura.
La prova Scientifica
Per definizione, la prova scientifica è “quella prova che, partendo da un fatto dimostrato, utilizza una legge scientifica per accertare l’esistenza di un ulteriore fatto da provare”.
La legge scientifica altro non è se non “quella legge che esprime una relazione certa o statisticamente significativa tra due fatti della natura”.
Quando si avvia un processo lo si fà alla luce di elementi tali da inquadrare per ipotesi un fatto “incerto” di reato ma che abbisogna di essere provato al fine di stabilire se la tesi accusatoria sia o meno meritevole di essere accolta.
Dunque l’aula giudiziaria è e deve essere il massimo luogo di rispetto e applicazione di tutte le garanzie previste dalle nostre leggi.
Ricordiamo che la prova si forma in dibattimento tra le parti e serve a formare il convincimento di un giudice che come è noto non ha tutte le specializzazioni e conoscenze dei fatti che andrà a giudicare.
Ergo le consulenze e le perizie di parte assumono valore cognitivo e appropriate basi per il convincimento del giudicante.
L’analisi dei DNA è di per sè una prova scientifica ma ha dei limiti!
Per la criminologia come anche per la materia squisitamente processuale essa da sola non prova la colpevolezza di un soggetto ma indica che il DNA di quel soggetto è presente su un corpo o su abiti della vittima, il resto va tutto provato e in questo caso non è stato provato NULLA!
E’ tutto l’insieme del castello probatorio che determina la colpevolezza o l’innocenza di un imputato.
Se queste prove mancano, esiste il ragionevole dubbio circa la commissione del reato da parte di quel soggetto! E deve propendere la presunzione d’innocenza fino a prova contraria art.27 della Costituzione spesso disapplicata!
Per altro; Massimo Giuseppe Bossetti, è stato condannato senza aver potuto valutare ed assistere per mezzo dei suoi consulenti alle indagini ed alle analisi del frammento del DNA che a detta dell’accusa lo “incastravano”, al punto che la Cassazione scrive in sentenza “gli esiti delle indagini tecnico-scientifiche eseguite sul DNA hanno dignità di piena prova, e non di mero elemento indiziario e pertanto, sulla loro base può essere affermata la responsabilità dell’imputato, sempre che la traccia genetica sia stata rinvenuta in una posizione specifica, che sia tale da escludere una contaminazione casuale del mezzo di prova”.
La pronuncia ha, dato ampia rilevanza alla posizione specifica nella quale la traccia genetica è stata rinvenuta.
Questo significa tradotto in semplici parole: attribuire valore di uguaglianza all’equazione DNA = COLPEVOLE.
Ma la scienza non è infallibile!
La prova scientifica dunque ha sempre bisogno di una prova empirica e se non riesce a determinare il nesso di causalità tra il fatto ed il soggetto cui si ascriverebbe tale fatto non è da sola tale da assurgere a prova regina.
Tanto per intenderci se oltre al DNA ci fosse altro materiale biologico sotto le unghie della vittima o dello sperma a comprova di una violenza il nesso di causalità sarebbe provato, ma la presenza di un DNA tra altri DNA altrettanto copiosi ( vedi sangue della Brena sul giubotto) non prova assolutamente nulla.
Dunque la prova scientifica quale prova atipica dovrà essere provata in dibattimento ed in contraddittorio tra le parti.
Ma essa dovrà in ogni caso risultare integra, correttamente rilevata in termini di processo di repertazione e individuazione oltre al fatto che non dovrà essere contaminata nè da fattori di laboratorio nè da altri DNA .
Resta sempre fermo il dictat giuridico che essa deve sempre essere supportata da altri indizi – gravi, precisi e concordanti – altrimenti essa stessa diventerà un indizio e non una prova che acquisisce il carattere della certezza solo in dibattimento.
Nel caso di specie come è noto si è giunti a Massimo Giuseppe Bossetti, mediante un percorso a ritroso nel senso che prima si sono isolati i molteplici DNA presenti sul corpo e sugli indumenti di Yara Gambirasio.
Si identificarono questi esiti con il nome di Ignoto cui si aggiunse un’ indicazione numerica per cui se c’era Ignoto 1 è plausibile vi fossero Ignoto 2, 3 e così via … .
Si pensi, inoltre, che dei vari reperti di Ignoto 1 vennero fatte molteplici analisi e si evinse che il DNA nucleare poteva essere identificato con quello di Bossetti benchè mescolato con quello di Yara, ma non vi era possibilità di rinvenire DNA mitocondriale di Ignoto 1 poichè quello presente non corrispondeva a Bossetti ma a Yara.
Da valutazioni genetiche si osseva, che il DNA Mitocondriale ha la caratteristica di mantenersi e conservarsi più a lungo del DNA nucleare e che pertanto la mancanza del DNA mitocondriale di riferimento a Ignoto 1, già di per sè stride con i connotati di completezza: gli altri mitocondriali erano presenti e mancava proprio quello del presunto assassino?
Ma ammesso e non concesso che tutte le analisi svolte sul quel campione fossero avvenute in assenza di un indagato, proprio la molteplicità delle verifiche fanno di questo indizio, una prova ripetibile e quindi se all’inizio non si fosse potuta effettuare l’analisi in presenza di un consulente di parte, ben si sarebbero potute articolare all’interno del processo le controanalisi, così come prescrive la legge: ovvero in contraddittorio e nel dibattimento.
Resta evidenza agli atti processuali, che del campione infatti vennero svolte più analisi, altrimenti il primo accertamento e l’unico possibile avrebbe assunto il connotato dell’irripetibilità.
Ergo la Procura avrebbe dovuto già in illo tempore conservarne in maniera adeguata un campione per garantirne il contraddittorio e il giusto formarsi della prova in dibattimento. Cosa signifa questo? Che la Cassazione avrebbe dovuto rilevare il vizio di forma e in mancanza di ulteriori indizi o prove, l’imputato sarebbe stato assolto.
Dunque appare dimostrato, che il principio di condanna, sancito dall’art. 533 cpp 1° c., “Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio …” Non è stato rispettato.
Conclusioni
L’analisi delle vicende più rilevanti del caso Bossetti, che comprende tre gradi di giudizio, e che ha avuto come epilogo la condanna di Massimo Giuseppe Bossetti alla pena dell’ergastolo, ha portato la valutazione dei singoli eventi in maniera critica e sollevando una sequela di dubbi investigativi ai quali non è mai stata data alcuna risposta!
Allo stato emergono innumerevoli dubbi circa la colpevolezza del soggetto, avuto riguardo alle indagini prima, ed all’impossibilità dell’imputato di potersi difendere in maniera serena, in un clima processuale che evidentemente sotto la spinta mediatica doveva dare un colpevole alla famiglia che piangeva la perdita di una figlia, ma doveva dare alla società la credibilità della giustizia.
Da qui emergeva la necessità di una condanna che probabilmente se legata ad un DNA avrebbe messo gli inquirenti e la magistratura al riparo da ogni possibile critica. Nel processo , ma prima ancora in fase di indagini è esploso prepotentemente il CSI effect che ha fatto sì che la presenza tra 11 DNA rilevati – ed alcuni non valutati poichè incapaci di poter essere associati ad un individuo in assenza di una Banca Dati del DNA- portasse a ritenere quello più prossimo alle parti intime, invero su un angolo degli slip della vittima ed in parte sui leggins, come strettamente legato ad un crimine sessuale ascrivibile ad un soggetto identificato come Massimo Giuseppe Bossetti, ma da solo incapace, poichè mancante del reato di violenza sessuale o di sperma, al fine di dimostrare il nesso di causalità tra l’evento morte ed il summenzionato condannato. Pertanto la c.d. prova scientifica maldestramente indicata come granitica/regina, di fatto altro non è che un indizio della probabilepresenza del Bossetti.
E’ una notizia di qualche giorno fa, che la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della difesa di Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, annullando con rinvio l’ordinanza del 21 novembre 2022 della Corte di assise di Bergamo che, in sede di esecuzione, aveva negato alla difesa il diritto di accedere ai reperti confiscati per lo svolgimento di indagini difensive in vista dell’eventuale revisione del processo.
Gli ermellini hanno statuito che sarà consentito alla difesa di Bossetti la “ricognizione dei reperti, nei limiti già autorizzati in precedenti provvedimenti, stabilendo contestualmente le opportune cautele idonee a garantirne l’integrità.
All’esito della ricognizione, se la difesa avanzerà nuova specifica richiesta, la Corte di assise dovrà valutare la concreta possibilità di nuovi accertamenti tecnici .
Pertanto appare dovuto, per non violare i diritti della difesa, ammettere il sig, Massimo Bossetti, alla perizia di parte, sul DNA , trovato su un frammento delle mutandine della vittima, al fine di poter egli stesso provare la sua innocenza in merito ai fatti per cui risulta condannato, in ragione di giustizia così come prescritto dalla Carta Costituzionale all’articolo 111”
“Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale…” essendo un accertamento ripetibile: “Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova.”.
In risposta al quesito: se “nel caso in esame si possa validamente affermare che il sig. Massimo Giuseppe Bossetti sia stato condannato “oltre ogni ragionevole dubbio” così come prescritto dall’art. 533 del c.p.p.”
la risposta, per le motivazioni e quanto palesato sopra , è NO!
Nel caso di specie la condanna ha lasciato innumerevoli dubbi e nessuna certezza, se non quella di cercare un colpevole e non il colpevole!
Tanto si doveva per ragione di giustizia
Dott. Umberto Mendola
Umberto Mendola – dal 1992 investigatore privato e Ausiliario di polizia giudiziaria per le attività tecniche – Criminalista dal 2014 Esperto in perizie balistiche armi e munizioni – Consulente dell’Autorità Giudiziaria in procedimenti con armi – laurea in criminologia e scienze forensi presso Università Leonardo da Vinci di Firenze – Oggi criminologo forense investigativo.
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