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YOUTUBER ASSASSINO IN LAMBORGHINI CRESCIUTO AL QUIRINALE. Il Papà Finì nell’Inchiesta Ammanchi: Impuniti grazie a Mattarella e Cartabia

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di Carlo Domenico Cristofori

MATTEO DI PIETRO AGLI ARRESTI DOMICILIARI PER OMICIDIO STRADALE E LESIONI 

AGGIORNAMENTO DEL 23 GIUGNO 2023

Si aggrava la posizione di Matteo Di Pietro, alla guida della Lamborghini che, a Casal Palocco, ha centrato la smart su cui viaggiavano il piccolo Manuel Proietti, la madre e la sorella.

«Per lo youtuber sono stati disposti gli arresti domiciliari. Intanto gli altri quattro ragazzi a bordo della supercar potrebbero presentarsi ai prossimi interrogatori come semplici “passeggeri”, per evitare qualsiasi maggiore coinvolgimento. Negando cioè di aver distratto Di Pietro durante quella fatale manovra. Ma c’è di più: la presenza di strisce pedonali all’incrocio fra via di Macchia Saponara e via Archelao di Mileto, prima del punto di impatto sulla carreggiata della supercar con l’auto della mamma del bimbo» scrive TGCOM24

Oltre all’analisi della velocità tenuta da Di Pietro, già indagato per omicidio stradale e lesioni, e ritenuta al momento comunque di gran lunga superiore ai 30 chilometri orari previsti dalla segnaletica stradale (110 almeno per l’accusa, 65-80 per la difesa), il fatto che ci fosse anche un attraversamento pedonale potrebbe avere un peso ulteriore sulla ricostruzione della dinamica dello schianto, già descritto da almeno cinque testimoni diretti.

Il Rampollo del Padre Funzionario Pubblico

ARTICOLO DEL 22 GIUGNO 2023

Gospa News non è solita occuparsi di casi di cronaca tanto più quando essi si posso ascrivere a una follia umana. Ma il caso del youtubers maniaco delle sfida ad alta velocità per emozionare i suoi follower va ben oltre ai casi di perversa generazione giovanile italiana che hanno fatto registrare il brutale pestaggio a morte del 43enne gahnese Friederick Akwasi Adofo, immigrato senza fissa dimora ucciso senza motivo a Pomigliano d’Arco da due sedicenni famelici solo di bestiale violenza.

Il presunto assassino di Manuel Prooetti, bimbo di cinque anni morto nel tragico incidente stradale di Casal Palocco del 14 giugno di cui oggi si sono tenuti i funerali in forma strettamente privata, non è un balordo svezzato dalla guerriglia urbana alla camorra napoletana come gli altri due ma un rampollo della Roma bene cresciuto addirittura nelle stanze dorate del Patrimonio del Quirinale (tenuta Castelporziano).

Matteo e Paolo Di Pietro

La notizia sulle origini altolocate del ventenne Matteo Di Pietro, fondatore del gruppo di youtuber TheBorderline e indagato per l’omcidio, è stata riportata da vari quotidiani che però hanno omesso di dire alcuni particolari torbidi sotto il profilo politico-giudiziario.

I risultati dell’autopsia giudiziaria sulla piccola vittima hanno confermato che a causare la morte è stato il violento scontro con il Suv Lamborghini da 240mila euro e 666 cavalli guidato dal giovane Matteo e lanciata a folle velocità per fare followers sul canale YouTube “The borderline” (ora chiuso).

Il SUV Lamborghini Urus che ha causato il decesso del bambino secondo l’autopsia disposta dalla magistratura

Le due auto si sono scontrate frontalmente tra via Archelao di Mileto e via di Macchia Saponara, tra Acilia e Casalpalocco. Un impatto terribile causato dall’elevata velocità del Suv Lamborghini Urus (pare 110 km/ora). Le condizioni del piccolo, che viaggiava sul seggiolino della Smart accanto alla mamma, sono parse subito drammatiche. E’ stato portato a Ostia nel reparto di Rianimazione, in arresto cardiocircolatorio. Nonostante gli sforzi dei medici però purtroppo il suo piccolo cuoricino ha smesso di battere poche ore più tardi.

Gioventù Bruciata cresciuta al Quirinale 

Ebbene il ragazzo maniaco delle corse spericolate nella capitale

, come nella peggiore emulazione del leggendario film Gioventù Bruciata con Marlon Brando, non avrebbe potuto avere quella potente vettura di lusso se il padre avesse visto confermata la complicità, per omessa denuncia, in alcuni ammanchi avvenuti proprio al servizio del Presidente della Repubblica e se quindi avesse perso il posto… 

La benevola interpretazione politica e giudiziaria contro il genitore Paolo Di Pietro, anch’egli fans delle corse illegali come emerso da video su YouTube, che sarebbe stata operata con un ricorso del Quirinale durante la presidenza di Sergio Mattarella e poi sostenuta in atti dall’ex giudice della Corte Costituzionale Marta Cartabia, è stata fatale nel consentire al dipendente del Colle di mantenere il suo lauto impiego permettendo al figlio di crescere nella bambagia dorata quirinalizia e quindi coltivare da maggiorenne il suo aberrante vizio per le sfide dei motori oltre ogni limite.

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Da una parte ci pare la maligna nemesi per politici idolatri della burocrazia come Mattarella e Cartabia che, pur non avendo la minima responsabilità morale nel tremendo incidente stradale, coi personaggi dell’entourage dell’élite applicano il guanto di velluto mentre coi miseri lavoratori italiani hanno imposto i sieri genici sperimentali e pericolosi determinando pure i gravi eventi avversi che hanno causato la morte ad alcuni di loro.

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«Dietro la morte del piccolo Manuel a Casal Palocco, si celano diverse storie. Alcune non c’entrano nulla, ma spiegano diverse dinamiche. Matteo Di Pietro, per esempio, lo youtuber che era al volante della Lamborghini al momento del tragico incidente, è cresciuto all’interno del Quirinale, in una casa denominata “Coventino” all’interno della splendida Tenuta Presidenziale di Castelporziano» scrive Masio Landi sul quotidiano Il Mattino di Napoli.

Gli Ammanchi dalle Casse della Presidenza della Repubblica

«Il papà Paolo Di Pietro ebbe diritto a quell’alloggio quando divenne il vice dell’allora cassiere della stessa tenuta Gianni Gaetano, all’epoca di Carlo Azeglio Ciampi presidente della Repubblica e di Gaetano Gifuni segretario generale del Quirinale. Oggi il padre dello youtuber è al centro delle polemiche social dopo la diffusione di un video in cui partecipando a una delle challenge del figlio (che voleva realizzare 10 sogni di suoi amici e familiari) guida una Ferrari a Roma spingendo sull’acceleratore, ma rigorosamente senza cintura di sicurezza» aggiunge il giornale.

La Tenuta quirinalizia di Castelporziano è un’area che dalla periferia di Roma si estende fino alla costa tirrenica. Un’oasi incontaminata per cervi, daini e caprioli.

«Ma non è solo questa ultima tragedia ad avere portato quella famiglia nel ciclone della cronaca giudiziaria. Quando Matteo aveva poco più dell’età del bimbo ora morto nell’incidente di guida, la mattina del 30 ottobre 2009 i finanzieri all’alba bussarono a quella “casa Coventino” della tenuta presidenziale con in mano un mandato di perquisizione per rovistarla da cima a fondo. Papà Paolo era infatti indagato per una brutta storia a lungo tenuta segreta che riguardava una gestione assai allegra della cassa di Castelporziano. L’unica cosa che poi la magistratura avrebbe accertato con sicurezza è che nel giro di pochi anni in quella cassa c’era un ammanco di quasi 5 milioni di euro. Ogni anno dei 2,5 milioni di finanziamento del Quirinale per pagare i costi della tenuta ne sparivano almeno 500 mila euro. Un anno anche più di 800 mila euro» spiega Il Mattino.

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«Le condanne di primo grado furono pesanti, il cassiere ammise gli ammanchi e patteggiò la pena, poi nel corso degli anni sia Gifuni che il nipote e gli altri funzionari sarebbero usciti dagli altri gradi del processo in parte per intervenuta prescrizione dei reati di cui erano accusati, in parte per assoluzione da altri capi di accusa. Le accuse nei confronti di Paolo il papà dello youtuber furono invece archiviate già durante l’udienza preliminare su richiesta della stessa pubblica accusa, che chiese di procedere nei suoi confronti solo per omessa denuncia (ma il gip decise di non farlo). L’indagine però durò molti mesi e scosse la famiglia Di Pietro. Alla fine, però, provata la sua innocenza mantenne il posto al Quirinale e il diritto a risiedere a “casa Coventino”» conclude il quotidiano napoletano.

Negli atti processuali – scrive La Repubblica – spuntò un bigliettino scritto dallo stesso papà dello youtuber al suo padre spirituale. Portava la data del 3 febbraio 2009 e rivendicava la sua innocenza anche se ammetteva di conoscere quella gestione allegra della cassa, ma di avere girato la testa dall’altra parte per paura di perdere il lavoro. 

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«La tranquillità e la pace della mia famiglia», scriveva Paolo Di Pietro, «è minata da una responsabilità che non ho e che non mi si accusa, ma probabilmente dipendente dal solo fatto che in questi anni non ho avuto il coraggio di denunciare gli altri ed il loro operato. Mi domando!! Ma una persona che dipende da altre persone e Capi, come può denunciare l’operato di un superiore quando lo stesso e poi anche più su nella lunga scala gerarchica sanno e non dicono, vedono e lasciano correre, approvano e distruggono la moralità dei giusti?» poche righe capziose che gli sono valse la benedizione all’innocenza. come si apprestano a ricevere oggi gli imputati per abusi d’ufficio sul Covid in virtù della decisione del ministro di Giustizia Carlo Nordio di cancellare il reato.

Per i quotidiani la vicenda finisce qui in un tenebroso meandro a metà tra il gossip e uno scandalo giudiziario che «fece tremare Roma, perché fra gli indagati e condannati in primo grado oltre al cassiere titolare e ad altri funzionari ci fu il potentissimo segretario generale del Quirinale Gifuni, che fu il braccio destro prima di Oscar Luigi Scalfaro e poi di Ciampi. Con lui stessa condanna al nipote acquisito Luigi Tripodi, che durante il segretariato di Gifuni fu nominato direttore dei giardini e delle tenute quirinalizie».

Maurizio Blondet: “Talis pater… L’Impunità dei Ricchi di Stato”

E’ invece il solito reporter d’antica tempra Maurzio Blondet a svelare sul suo blog i retroscena dell’andamento processuale nell’articolo dal titolo eloquente “L’impunità dei Ricchi di Stato”.

Caustica la sintesi del giornalista: «Impiegati del Quirinale si fottono 4 milioni, sono condannati ma la fanno franca per “difetto di giurisdizione” grazie alla Cartabia. Tra i nomi ci sarebbe anche il padre del ragazzo dell’incidente della Lamborghini».

L’Articolo di Maurizio Blondet

«Gli imputati vendono condannati in più procedimenti a risarcire gli ammanchi oltre alle condanne penali, ma “stranamente”, nel 2017, dopo una serie di sentenze anche della Corte dei Conti, interviene di nuovo la P.d.R. (nel frattempo Napolitano non c’è più)» ma c’è il suo erede politico Sergio Mattarella, precisiamo noi, alla guida delle P-d-R, ovvero Presidenza della Repubblica.

«Però stavolta per ricorrere contro un “conflitto di poteri dello stato” ovvero perché secondo lei la Corte dei Conti non avrebbe avuto giurisdizione in merito, quindi: in un primo tempo la P.d.R. ha denunciato, poi, ottenute le condanne, ha fatto dietro front».

«A fine 2017 il ricorso viene preso in carico dalla Consulta che pochi mesi dopo (giugno 2018) emette una sentenza a cura della CARTABIA (che nel 2019 diventerà ministro della giustizia) che dichiara la non giurisprudenza della Corte dei Conti in materia Quirinalizia» riferisce ancora il blog di Blondet citando la giudice Marta Cartabia, collega di Mattarella quando era alla Corte Costituzionale, che fu poi nominata da quest’ultimo Ministro di Giustizia del Governo di Mario Draghi.

«Di fatto annullando ogni provvedimento punitivo precedentemente erogato a danno degli imputati, che, nel frattempo, avevano continuato a lavorare tranquillamente facendo anche carriera all’interno dell’Istituzione. Fine» non abbiamo ancora avuto modo di verificare l’attendibilità dei dettagli di tale versione ma la storica autorevolezza di Blondet, a lungo corrispondente estero e inviato di guerra per vari quotidiani, ci propendea dargli credito e a pubblicare i contenuti del suo post.

Se qualcuno ritiene di precisare, rettificare o smentire quanto riportato restiamo a completa disposizione.

Carlo Domenico Cristofori
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