VACCINI COVID PRODUCONO SPIKE TOSSICA NEL DNA ANCHE DOPO 2 ANNI! Clamorosa Scoperta dI Microbiologo nel Sangue di Banchiere Svizzero Danneggiato
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Il compianto virologo francese Luc Montagnier fu il primo a denunciare, già nel marzo 2020, che l’utilizzo della proteina Spike tossica nei sieri genici basati sulle nuove e sperimentali biotecnologie a RNA o DNA messaggero avrebbe avuto un impatto ignoto e potenzialmente devastante sul corpo umano proprio per l’elevata potenza dell’antigene che sarebbe entrato nel nucleo delle cellule umane.
Dopo la sua morte l’amico e collega Jean-Claude Perez, che insieme a lui aveva svelato l’origine del SARS-Cov-2 da laboratorio oggi confermata anche da un dossier della Commissione Salute del Senato USA, pubblico la ricerca postuma in cui dimostrava la connessione tra quella proteina e rapide evoluzioni di malattie neurocerebrali.
La precedente ricerca italiana
In precedenza alcuni ricercatori italiani avevano pubblicato uno studio sul sito Zenodo (primo firmatario Simone Cristoni della Ion Source & Biotechnology srl di Bresso Milano, corrispondente scientifica Marina Piscopo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Napoli Federico II) in cui dimostravano che tale proteina Spike era stata rintracciata nel sangue dei vaccinati fino a 189 giorni (sei mesi) dopo l’inoculazione e, pertanto, non veniva eliminata dall’organismo nel giro di 24/48 ore dopo aver innescato la reazione degli anticorpi prevista nel processo di immunizzazione come sostenuto dalle case farmaceutiche e dalla comunità scientifica che approvò i vaccini Covid.
Ora una ricerca commissionata da Pascal Najadi, ex banchiere svizzero danneggiato dai vaccini, svela la permanenza e continua produzione di Spike nell’organismo dopo 2 anni, con conseguenze fisiologiche irreparabili a lui causate dal siero genico mRNA della Pfizer-Biontech, le cui “nanoforme tossiche” sono state scoperte dal biochimico Gabriele Segalla in una dei più importanti e dettagliati studi mai pubblicati a livello mondiale, oggetto della denuncia alla magistratura del sindacalista della Polizia Antonio Porto.
Non solo. Nello studio si denuncia apertamente che proprio questo perverso meccanismo di alterazione del DNA sarebbe alla base dello sviluppo di gravi forme tumorali che negli USA sono state definite “turbo-cancer” per la rapidità con cui la patologia si evolve fino alla morte.
I risultati da laboratorio sono stati avvalorati dal professor Sucharid Bhakdi, microbiologo di nazionalità tedesca-thailandese, a lungo docente dell’Università di Mainz, che i lettori più attenti di Gospa News ricorderanno per due ricerche cruciali: quella in cui dimostrò i danni vascolari causati dai vaccini e quella in cui segnalò che «le nanoparticelle lipidiche (dei sieri genici – ndr) entrano nel cervello», come scoperto dal professor Michael Mörz dell’Istituto di Patologia di Dresda, in Germania, che durante un’autopsia trovò la Spike tossica nel cervello di un tri-vaccinato morto.
Ma c’è di più. La studio pubblicato in anteprima dal sito specializzato Covidhub.ch (e rilanciato su Twitter dal professor Perez per la sua importanza) avvalora la clamorosa scoperta dell’esperto americano di genomica Dr. Kevin McKernan che spiegò il ruolo dei plasmidi, piccoli molecole circolari di DNA, descrivendo l’esatto meccanismo che sta alla base della lunga permanenza nel sangue della Spike inoculata coi vaccini e ottenendo un plauso scientifico dalla famosa virologa americana Jessica Rose (di cui pubblicheremo a giorni una breve intervista).
Già il tenente colonnello Lawrence Sellin, ex ricercatore del più importante centro batteriologico militare USA a Fort Detrick (Maryland), avvertì la commuti scientifica sul rischio che avrebbe comportato l’utilizzo per i vaccini della Spike del SARS-Cov-2, in quanto costruito e potenziato in laboratorio.
Ebbene, in uno dei tanti pericolosissimi esperimenti sui coronavirus SARS condotti nel Wuhan Institute of Virology, la scienziata cinese Shi Zhengli inserì artificialmente in tale patogeno un plasmide infettato con l’HIV grazie a un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea di Roma Prodi.
Ciò conferma due cose.
La comunità scientifica di molti governi conosceva benissimo la pericolosità del SARS-Cov-2 manipolato in laboratorio con la tecnica del gain-of-function tanto cara a Anthony Fauci (premiato di recente dall’Università di Siena dove collaborerà col nascente Biotecnopolo “sponsorizzato dalla Big Pharma GSK).
La comunità politica internazionale continua a ignorare le scoperte di illustri scienziati di tale evidenza che persino un giornalista profano di biochimica come chi scrive è riuscito a comprendere.
Ecco perché bene ha fatto il criminologo Firenze Umberto Mendola a intitolare il suo libro sui pericolosi vaccini Covid “Stato Criminale”.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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I vaccini producono ancora proteine spike dopo due anni
Articolo pubblicato in origine da Covidhub.ch
I link ai precedenti articoli Gospa News sono stati aggiunti a posteriori per l’attinenza coi temi trattati
Delle nuove ricerche mostrano che i vaccini Covid contengono proporzioni considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi permanentemente nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori. Questo potrebbe anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato dall’inizio delle campagne di vaccinazione.
Atto 1: esami del sangue inquietanti
L’inchiesta che vi presentiamo è iniziata con un’intrigante pubblicazione dell’ex banchiere svizzero Pascal Najadi. L’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il presidente della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e altrettante volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando un’analisi del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua a produrre la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua ultima iniezione Pfizer/BioNTech.
Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA iniettato fabbricato da PfizerBiontech” (vedi fonti alla fine dell’articolo).
Una proteina tossica
Le analisi del sangue del banchiere rivelano la presenza della proteina spike ma non le capsule di nanolipidi trovate nelle iniezioni. Per lo scienziato, questo indica che non si tratta di una proteina spike derivante dalla somministrazione di un “vaccino” ma che è stata prodotta di recente dall’organismo dei vaccinati.
Dopo alcune ricerche, troviamo un avvocato tedesco, Me Tobias Ulbrich, che rappresenta diversi clienti a cui è stato anche fatto analizzare il sangue per giungere alle stesse conclusioni di Pascal Najadi: i loro corpi producono costantemente proteine spike, una sostanza tossica, e nessuno può dirlo loro se e quando si fermerà.
Autorità sanitarie incapaci di dare spiegazioni
L’ex banchiere aveva consultato l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera su questo argomento. Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte, sostenendo che non poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne aveva dedotto che l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a queste nuove tecnologie vaccinali.
La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14 giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione contro il Covid.
Atto 2: il ruolo dell’RNA
Tutti conoscono il DNA, rappresentato da una doppia elica e contenente il nostro codice genetico. L’RNA è costituito solo da un singolo filamento. La cellula lo produce secondo necessità leggendo parte del DNA che servirà poi come specifiche per la produzione di una proteina.
Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di altrettante proteine spike del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che raggiungono. Queste proteine spike attiveranno una risposta del sistema immunitario.
In teoria e ufficialmente – su questo hanno insistito tutte le autorità sanitarie per rassicurare i futuri vaccinati – i “vaccini” Covid non contengono DNA e non c’è alterazione permanente delle nostre cellule.
Come vedremo, seri dubbi purtroppo offuscano le affermazioni ufficiali.
La proteina avanzata è stata anche presentata come sostanza innocua durante le campagne di vaccinazione quando è nota per essere tossica per l’organismo umano e causare la maggior parte delle complicanze del Covid, comprese le reazioni infiammatorie e allergiche.
Atto 3: come vengono realizzati i filamenti di RNA messaggero trovati nei “vaccini” Covid?
Per comunicare, i batteri si scambiano importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti plasmidi. Ad esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che aumenta la sua resistenza agli antibiotici, incapsula questa informazione in plasmidi, che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri batteri.
Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di SARS-CoV-2. .
Il plasmide viene propagato nei batteri e utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA messaggero che sarà in grado di innescare la produzione di proteine spike nelle cellule vaccinate. Il DNA deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero viene poi miscelato con i lipidi per produrre nanoparticelle in grado di portare l’mRNA nelle nostre cellule. Vedremo che non è così.
Atto 4: L’anomalia nella Matrice
Va notato che le autorità sanitarie non controllano da sole i diversi lotti per garantire la qualità dei vaccini. Solo i produttori sono responsabili della garanzia della qualità dei prodotti che commercializzano.
Nell’ambito dell’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una presentazione (vedi fonti).
Pfizer ha risposto di aver rinunciato volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era certo ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte della loro garanzia di qualità.
Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una soluzione in base alla loro dimensione.
Nei documenti forniti da Pfizer alla WEA, di cui riportiamo di seguito uno schema, l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è rappresentato da un alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze” su entrambi i lati del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti” genetici che non corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non dovrebbero essere presenti in una soluzione purificata.
Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono ancora stati consegnati.
Atto 5: entrano in gioco ricercatori indipendenti
Un gruppo di ricercatori, preoccupato in particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid sui giovani, ha deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la situazione e mettere in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna. Il loro intero approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e nel suo supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare, specialista in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha partecipato all’analisi.
Le loro scoperte sono di natura inquietante:
- Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati. Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi prodotti alle normative vigenti.
- Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili, consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto antibiotici efficaci.
- Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000 nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori poiché sono imprevedibili.
- Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.
- https://www.gospanews.net/2022/09/05/nanoparticelle-infiammatorie-nei-sieri-genici-mrna-riducono-risposta-immunitaria-con-danni-ereditari-studio-thomas-jefferson-university/
Questo è grave perché oggi la scienza non offre uno strumento per rimuovere un gene.
Più incomprensibilmente, il DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene una sequenza (SV 40) che gli permette di essere trasferito nel nucleo anche quando la cellula non si sta dividendo e quindi di influenzare le cellule. La sua presenza è comunque inutile per la produzione di RNA messaggero nei batteri. Questa sequenza è assente dai plasmidi utilizzati da Moderna.
Il vaccino Covid di Johnson & Johnson presenta un rischio di integrazione ancora maggiore perché si basa su un virus a DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV 40, chiamato CMV. Ciò comporta un rischio molto più elevato di oncogenesi e continua produzione di proteine spike rispetto agli RNA messaggeri, afferma Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).
Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.
Atto 6: le conseguenze – rischi di cancro
Marc Wathelet conferma che se “il rischio di contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso, sono i rischi di infiammazione e soprattutto di tumori legati alla contaminazione delle cellule del corpo delle persone vaccinate da parte del DNA che sono più preoccupanti”.
L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”. Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA, mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle nanoparticelle o una combinazione di questi fattori”.
L’integrazione del DNA della proteina spike può spiegare che gli effetti non sono immediati dopo la vaccinazione ma si sviluppano nel tempo. Alcuni scienziati collegano così l’eccesso di mortalità osservato nel 2022 in tutti i paesi vaccinati con una produzione permanente di picco di proteine. Un’analisi di Jarle Aarstad va in questa direzione e mostra una correlazione inquietante: per ogni percentuale di tasso di vaccinazione, c’è un +0,1% di mortalità in eccesso l’anno successivo.
Atto 7: cosa fare adesso?
Se avessimo avvertito i futuri vaccinati che avremmo iniettato loro materiale genetico che probabilmente si sarebbe integrato nel loro stesso genoma, quanti avrebbero comunque accettato l’iniezione?
Le autorità sanitarie dovrebbero essere consapevoli del problema e fare analisi genetiche nei vaccinati per vedere fino a che punto questo DNA del vaccino è integrato nelle cellule umane e in quali tipi di cellule.
Il docente Sucharit Bhakdi ha recentemente affermato che i vaccini a RNA messaggero sono in realtà terapie geniche che dovrebbero essere ritirate dal mercato. Ciò è tanto più importante in quanto, spinta da enormi profitti, l’industria dei vaccini sta attualmente investendo nello sviluppo di centinaia di nuovi vaccini a RNA messaggero.
Siamo ancora in fase sperimentale: lo dice Nature
Indipendentemente da ciò che dicono i media mainstream e le autorità, la scienza continua ad affermare che queste terapie geniche sono ancora in fase sperimentale, come evidenziato da questo estratto apparso su Nature nel luglio 2022:
“Sebbene abbiano diversi vantaggi rispetto agli approcci convenzionali basati su proteine, le terapie basate su mRNA sono ancora nelle prime fasi di sviluppo. L’instabilità degli mRNA sintetici e le risposte immunitarie generate contro queste molecole sintetiche sono stati i principali ostacoli all’adattamento di questa tecnologia» Nature, Rapporti scientifici, luglio 2022
Coloro che sono colpiti da questa produzione permanente di proteine di picco, come Pascal Najadi, sono attualmente costretti a sottoporsi a trattamenti per tutta la vita per ridurne la concentrazione. Il loro sistema immunitario è costantemente impegnato a eliminare le proprie cellule che producono la proteina avanzata, ma queste continuano a moltiplicarsi con la modificazione genetica, rendendo questa lotta permanente ed estenuante per l’organismo.
Provato per le cellule tumorali del fegato umano
Uno studio, Alden et al., ha dimostrato che le cellule tumorali del fegato umano potrebbero integrare in modo permanente il materiale genetico dei vaccini Pfizer. I critici hanno affermato che non è stato possibile trarre conclusioni per le cellule sane. Tuttavia, questi risultati avrebbero dovuto mettere in discussione il fatto di iniettare questi prodotti nei malati di cancro.
Confronto con i test PCR
Il silenzio sulla contaminazione delle iniezioni di Covid da parte del DNA è tanto più eclatante se ricordiamo che ai tempi dei test PCR bastava rilevare nel nostro naso dei detriti virali incapaci di riprodursi, con un certo numero di cicli di lavoro (TC, amplificazione) vicino a 40, da dichiarare positivo e mettere in quarantena.
La contaminazione del DNA di cui stiamo parlando qui nei vaccini è già rilevabile a un CT di 20. Si tratta di una concentrazione un milione di volte superiore a quella considerata critica per SARS-CoV-2 e questo DNA capace di integrazione viene iniettato oltre le difese di nostre mucose.
Se i test PCR fossero stati effettuati anche con un CT di 20, il numero di casi Covid positivi sarebbe stato quasi nullo e non ci sarebbe stato tanto panico intorno a questa pandemia.
Articolo pubblicato in origine da Covidhub.ch
MAIN SOURCES
FONTE ORIGINALE – Des vaccinés produisent encore de la protéine spike après deux ans
GOSPA NEWS – INCHIESTE COVID & VACCINI KILLER
GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE
version française – Des vaccinés produisent encore de la protéine spike après deux ans
Publié à l’origine par Covidhub.ch
De nouvelles recherches montrent que les vaccins Covid contiennent des proportions considérables de résidus d’ADN capables de s’intégrer en permanence dans le génome humain, causant maladies chroniques et cancers. Ceci pourrait aussi expliquer les excès de mortalité observés depuis le début des campagnes de vaccination.
Acte 1 : des analyses sanguines troublantes
L’enquête que nous vous présentons a débuté par une intrigante publication de l’ancien banquier suisse Pascal Najadi. L’auteur d’une plainte pénale pour abus de pouvoir contre le président de la Confédération Alain Berset est triplement vacciné et autant de fois remonté contre les autorités sanitaires depuis qu’une analyse de son sang lui a révélé que son corps continue de produire de la protéine spike vaccinale plus de 18 mois après sa dernière injection Pfizer/BioNTech.
Contacté, l’intéressé nous a fourni les résultats du laboratoire ainsi qu’une lettre du Prof. Sucharid Bhakdi confirmant que « les résultats des tests indiquent clairement que M. Najadi souffre d’effets irréparables à long terme provoqués par le produit ARNm injecté fabriqué par PfizerBiontech » (voir les ressources en fin d’article).
Une protéine toxique
Les analyses sanguines du banquier révèlent la présence de protéine de pointe mais pas de capsules nanolipidiques que l’on trouve dans les injections. Pour le scientifique, ceci indique qu’il ne s’agit pas de protéine de pointe résultant de l’administration d’un « vaccin » mais qu’elle a été produite récemment par le corps du vacciné.
Quelques recherches plus tard, nous trouvons un avocat allemand, Me Tobias Ulbrich, représentant plusieurs clients qui ont également fait analyser leur sang pour arriver aux mêmes conclusions que Pascal Najadi : leur corps produit en permanence de la protéine de pointe, une substance toxique, et personne ne peut leur dire si et quand ça s’arrêtera.
Autorités sanitaires incapables d’expliquer
L’ex-banquier avait sollicité l’Office fédéral de la santé publique en Suisse à ce sujet. Ce dernier a été incapable de lui donner des réponses, arguant qu’il ne pouvait pas se prononcer sur un cas individuel. Pascal Najadi en avait déduit que l’office ne maîtrisait en fait rien concernant ces nouvelles technologies vaccinales.
La persistance de la présence de protéine de pointe détectée chez Najadi et d’autres injectés reste officiellement inexpliquée et se situe bien au-delà des 14 jours communiqués lors du lancement des campagnes de vaccination Covid.
Acte 2 : le rôle de l’ARN
Tout le monde connaît l’ADN, représenté par une double hélice et contenant notre code génétique. L’ARN lui n’est constitué que d’un seul brin. La cellule en fabrique au besoin en lisant une partie de l’ADN qui lui servira ensuite de cahier des charges pour produire une protéine.
Une dose de « vaccin » Covid à ARN messager contient des milliards de brins d’ARN messager, qui vont déclencher la production d’autant de protéines de pointe du virus SARS-CoV-2 dans les cellules où ils parviennent. Ces protéines de pointe vont activer une réponse du système immunitaire.
En théorie et officiellement – toutes les autorités sanitaires ont bien insisté là-dessus pour rassurer les futurs vaccinés – les « vaccins » Covid ne contiennent pas d’ADN et il n’y a pas d’altération permanente de nos cellules.
Comme on va le voir, de sérieux doutes écornent malheureusement les affirmations officielles.
La protéine de pointe a de plus été présentée comme une substance inoffensive lors des campagnes de vaccination alors que l’on sait qu’elle est toxique pour le corps humain et cause la plupart des complications du Covid, dont les réactions inflammatoires et allergiques.
Acte 3 : comment sont fabriqués les brins d’ARN messager que l’on retrouve dans les « vaccins » Covid ?
Pour communiquer, les bactéries s’échangent des ‘messages’ génétiques importants à l’aide de ce qu’on appelle des plasmides. Par exemple si une bactérie trouve un nouveau mécanisme qui augmente sa résistance face à des antibiotiques, elle va encapsuler cette information dans des plasmides, qui vont être produits et ‘diffusés’ aux autres bactéries.
Le processus de fabrication des brins d’ARN des vaccins Covid requiert justement de passer par la manipulation génétique de bactéries en utilisant des plasmides, dans lesquels on aura préalablement introduit la séquence d’ADN correspondant à la protéine de pointe du SARS-CoV-2.
Le plasmide est multiplié dans des bactéries et utilisé comme modèle pour produire en masse de l’ARN messager qui sera capable de déclencher la production de protéine de pointe dans les cellules des vaccinés. L’ADN doit ensuite être éliminé et l’ARN messager est alors mélangé à des lipides pour produire des nanoparticules capables de faire entrer l’ARNm dans nos cellules. Nous allons voir que ce n’est pas le cas.
Acte 4 : le bug dans la matrice
Il faut savoir que les autorités sanitaires ne contrôlent pas elles-mêmes les différents lots pour s’assurer de la qualité des vaccins. Seuls les fabricants sont responsables de l’assurance qualité des produits qu’ils commercialisent.
Dans le cadre de l’autorisation de mise sur le marché du vaccin de Pfizer, l’Agence européenne des médicaments (AEM) a ainsi dû se contenter de consulter les données fournies par le fabricant. L’AEM s’est étonnée auprès du fabricant que le produit final n’avait pas été séquencé génétiquement pour s’assurer que l’on y retrouvait bien que de l’ARN messager et pas d’ADN ou d’autres résidus, nous apprend le scientifique allemand Florian Schilling dans une présentation (voir les ressources).
Pfizer a répondu qu’il avait volontairement renoncé au séquençage en avouant que ce n’était certes pas optimal, mais que cela se justifiait pour réduire les coûts. Les autres fabricants ont également renoncé à ce séquençage génétique dans le cadre de leur assurance-qualité.
Parmi les techniques alternatives d’évaluation du produit utilisées par Pfizer figure l’électrophorèse, qui permet de décompter les éléments présents dans une solution en fonction de leur taille.
Dans les documents fournis par Pfizer à l’AEM, dont nous reproduisons un schéma ci-dessous, l’ARN messager de la protéine de pointe vaccinale est représenté par un pic central élevé. L’anomalie, ce sont les « pentes » des deux côtés du pic, qui représentent de mystérieux ‘objets’ génétiques dont la taille ne correspond pas à celle de l’ARN messager et qui ne devraient pas être présents dans une solution purifiée.
L’AEM avait d’ailleurs voulu en savoir plus et avait demandé les données brutes à Pfizer. Le fabricant s’était engagé à les fournir mais jusqu’à ce jour, elles n’ont toujours pas été livrées.
Acte 5 : des chercheurs indépendants entrent en jeu
Un groupe de chercheurs, inquiets notamment des conséquences des injections Covid chez les jeunes, a décidé début 2023 de prendre les choses en main et de séquencer des lots de « vaccins » de Pfizer et de Moderna. Toute leur démarche est expliquée en détails dans un premier article et son complément rédigés par Kevin McKernan, biologiste moléculaire, spécialiste des manipulations génétiques et du séquençage, qui a participé à l’analyse.
Leurs découvertes sont de nature inquiétante:
- Quantité d’ADN anormalement élevée– La présence de plasmides contenant de l’ADN de protéine de pointe a été confirmée dans des proportions considérables pour les « vaccins » de Pfizer et Moderna : entre 20 et 35%, soit bien au-delà des limites de contamination fixées par l’AEM (0.033%). Une seule dose contient donc plusieurs milliards de ces plasmides qui ont servi à produire l’ARN messager et auraient dû ensuite être éliminés. Cette information est déjà une preuve de la non-conformité de ces produits par rapport à la réglementation en vigueur.
- Accélération de l’antiobiorésistance– Fait inquiétant, l’ADN de ces plasmides contient des gènes qui les rendent résistants à deux antibiotiques : le néomycine et le kanamycine. L’introduction de milliards de gènes de résistance aux antibiotiques dans des plasmides à forte capacité de réplication, en permettant une sélection de bactéries résistantes à ces traitements dans le microbiome, devrait susciter des inquiétudes quant à l’accélération de la résistance aux antibiotiques à l’échelle mondiale. Certains experts estimaient déjà avant la crise du Covid qu’à l’horizon 2050 nous n’aurions plus d’antibiotiques efficaces.
- Haut facteur d’erreur de copie– Les scientifiques affirment que la présence d’un nucléotide appelé pseudouridine est très inquiétante car il est réputépour avoir un taux d’erreur de copie d’un nucléotide sur 4000. Ce qui représente entre 5 et 8.5 millions d’erreurs de copie possibles par dose de vaccin. Et personne ne peut dire à quoi ces erreurs correspondent vu qu’elles sont imprévisibles.
- Intégration permanente et transgénérationnelle– Les plasmides vaccinaux peuvent atteindre une bactérie ou une cellule humaine. Ce dernier cas est considéré comme problématique car il est possible que le brin d’ADN contenu dans le plasmide soit intégré au code génétique de la cellule humaine de manière permanente, lui permettant à tout moment de produire de la protéine de pointe vaccinale de manière autonome, toute sa vie. Selon toute vraisemblance, c’est ce qui arrive à Pascal Najadi et aux clients de Me Ulbrich en Allemagne. Le Prof. Bhakdi a rappelé à ce propos que chaque division de cellule est l’occasion pour cet ADN importé de modifier le génome de l’hôte. Si cette intégration se passe dans une cellule souche, un ovule ou un spermatozoïde, la modification génétique sera transmise aux générations suivantes. C’est grave car aujourd’hui la science ne propose pas d’outil pour enlever un gène.
Plus incompréhensible, l’ADN du plasmide utilisé par Pfizer contient une séquence (SV 40) qui lui permet d’être transféré dans le noyau même lorsque la cellule ne se divise pas et affecter ainsi des cellules. Sa présence est pourtant inutile pour la production d’ARN messager dans les bactéries. Cette séquence est absente des plasmides utilisés par Moderna.
Le vaccin Covid de Johnson&Johnson pose lui un risque d’intégration encore plus grand car il base sur un virus à ADN et utilise un promoteur beaucoup plus puissant que SV 40, appelé CMV. Ceci débouche sur un risque d’oncogénèse et de production continue de protéine de pointe bien plus élevés qu’avec les ARN messagers, affirme Marc Wathelet, un biologiste moléculaire et spécialiste des coronavirus que nous avons consulté (voir entretien en fin d’article).
Comme l’ADN de la protéine de pointe du plasmide vise les cellules de mammifères, il y a très peu de chance que l’intégration se fasse de manière permanente dans le génome d’une bactérie intestinale. À défaut de devenir des usines à protéine de pointe, ces bactéries – qui ne sont pas des cellules humaines – pourraient par contre multiplier les plasmides vaccinaux et ainsi contribuer à augmenter le risque de contamination à des cellules humaines, appelée « bactofection » ou « transfection ».
Acte 6 : les conséquences – risques de cancers
Marc Wathelet confirme que si « le risque de contamination des bactéries du microbiome reste faible, ce sont les risques d’inflammation et surtout de cancers liés à la contamination des cellules du corps des vaccinés par de l’ADN qui sont plus inquiétants ». L’expert souligne qu’il est « impossible de quantifier ce risque ». Il constate « une augmentation de certains cancers, mais on ne sait pas si c’est dû à l’ADN, à l’ARNm, au système immunitaire qui s’affaiblit, aux lipides présents dans les nanoparticules, ou à une combinaison de ces facteurs ».
L’intégration d’ADN de protéine de pointe peut expliquer que les effets ne soient pas immédiats après la vaccination mais se développent au fil du temps. Certains scientifiques lient ainsi l’excès de mortalité observé en 2022 dans tous les pays vaccinés avec une production permanente de protéine de pointe. Une analyse de Jarle Aarstad va dans ce sens et démontre une corrélation inquiétante : pour chaque pourcent de taux de vaccination, on observe +0.1% de mortalité en excès l’année suivante.
Acte 7 : et que faire maintenant ?
Si on avait avertit les futurs vaccinés qu’on allait leur injecter du matériel génétique qui allait probablement s’intégrer à leur propre génome, combien auraient encore accepté la piqûre ?
Il faudrait que les autorités sanitaires prennent conscience du problème et qu’elles fassent des analyses génétiques chez des vaccinés pour voir dans quelle mesure cet ADN vaccinal est intégré dans les cellules humaines et dans quels types de cellules.
Le Prof. Sucharit Bhakdi a récemment affirmé que les vaccins à ARN messager sont en fait des thérapies géniques qui devraient être retirées du marché. Ceci est d’autant plus important que, boostée par des bénéfices énormes, l’industrie vaccinale investit actuellement dans le développement de centaines de nouveaux vaccins à ARN messager.
On est toujours au stade expérimental
Quoi qu’en disent les médias grand public et les autorités, la science continue d’affirmer que ces thérapies géniques n’en sont toujours qu’au stade expérimental, comme en atteste cet extrait paru dans Nature en juillet 2022 :
« Bien qu’elles présentent plusieurs avantages par rapport aux approches conventionnelles basées sur les protéines, les thérapies basées sur l’ARNm en sont encore aux premiers stades de développement. L’instabilité des ARNm synthétiques et les réponses immunitaires générées contre ces molécules synthétiques ont été les principaux obstacles à l’adaptation de cette technologie. » Nature, Scientific Reports, juillet 2022
Pour les personnes concernées par cette production permanente de protéine de pointe, comme Pascal Najadi, elles sont contraintes pour l’instant à prendre à vie des traitements pour diminuer sa concentration. Leur système immunitaire est constamment occupé à éliminer leurs propres cellules qui produisent de la protéine de pointe, mais celles-ci continuent de se multiplier avec la modification génétique, rendant ce combat permanent et épuisant pour le corps.
Prouvé pour les cellules cancéreuses de foie humain
Une étude, Alden et al., a démontré que des cellules cancéreuses de foie humain pouvaient intégrer de manière permanente le matériel génétique des vaccins de Pfizer. Les critiques ont affirmé qu’on ne pouvait pas tirer de conclusions pour les cellules saines. Ces résultats auraient par contre dû remettre en question le fait d’injecter ces produits à des patients atteints de cancer.
Comparaison avec les tests PCR
Le silence sur la contamination des injections Covid par de l’ADN est d’autant plus frappant lorsque l’on se rappelle qu’à l’époque des tests PCR, il suffisait de détecter dans notre nez quelques débris viraux incapables de se reproduire, avec un nombre de cycles de travail (CT, amplification) proche de 40, pour être déclaré positif et mis en quarantaine.
La contamination par l’ADN dont nous parlons ici dans les vaccins se détecte déjà à un CT de 20. Il s’agit d’une concentration un million de fois plus élevée que ce qui était considéré comme critique pour le SARS-CoV-2 et cet ADN capable d’intégration est injecté au-delà des défenses de nos muqueuses.
Si les tests PCR avaient aussi été réalisés avec un CT de 20, le nombre de cas Covid positifs aurait été quasi nul et il n’y aurait pas eu autant de panique autour de cette pandémie.
Publié à l’origine par Covidhub.ch
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