“VACCINATI COVID PIU’ A RISCHIO DI INFEZIONE E RICOVERO IN OSPEDALE”. MaxiStudio dell’Università Estone di Tartu
Nell’immagine di copertina la professoressa Anneli Uusküla dell’Università di Tartu (Estonia) e la sua ricerca
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
«Nella coorte 3, gli individui con immunità indotta da vaccino sono stati a rischio più elevato rispetto a quelli con immunità naturale per infezione (Delta aHR 4,90, 95%CI 4,48-5,36; Omicron 1,13, 95%CI 1,06-1,21) e ospedalizzazione (Delta aHR 7,19, 95%CI 4,02-12,84). Questi risultati mostrano che il rischio di infezione e il COVID-19 grave sono guidati dalla storia dell’immunità personale e dalla variante di SARS-CoV-2 che causa l’infezione».
In tre righe uno studio dell’Università di Tartu (Estonia) conferma in pratica che i vaccini Covid non servono a nulla: se non a correre il rischio di varie gravi patologie connesse alla tossica proteina Spike o di contrarre la cosiddetta “infezione-breccia” da Covid-19 che ha già indotto altri scienziati a rilevare non solo il “fallimento vaccinale” dei sieri genici mRNA o mDNA ma addirittura il rischio che siano essi stessi la causa della malattia che dovrebbero prevenire con un processo di immunizzazione.
Le conclusioni dell’analisi medica confermano quanto già emerso da altre pubblicazione scientifiche sui maggiori rischi di contrarre il Covid-19 dopo la vaccinazione. I link ai precedenti articoli di Gospa News sono stati ovviamente aggiunti a posteriori.
La ricerca, finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale (RITA 1/02-120), il Consiglio estone della ricerca (sovvenzioni PRG1197, PRG198) e il Fondo sociale europeo tramite il programma IT Academy, è stata pubblicata in pre-print il 23 luglio 2023 sull’autorevole rivista medica MedRxiv (partner del British Medeical Journal). Ciò significa che non è stata ancora sottoposta a revisione paritaria ma in compenso è stata approvata dal Comitato etico della ricerca dell’Università di Tartu.
Lo studio è stato condotto da vari docenti e ricercatori dell’Università di Tartu: Anneli Uuskula, prima firmataria, Heti Pisarev, Anna Tisler. Tatjana Meister, Kadri Suija del Dipartimento di medicina di famiglia, Kristi Huik dell’Istituto di biomedicina e medicina traslazionale, Aar Abroi dell’Istituto di Tecnologia, Raivo Kolde dell’Istituto di informatica e Krista Fisher dell’Istituto di matematica e statistica (link a fondo pagina).
La ricerca statistica è stata condotta su un campione assai significativo e pari a quasi un terzo degli abitanti dell’Estonia dove i vaccinati sono 869.372 con una copertura del 65,36 % dato che la vaccinazione è rimasta sempre su base volontaria.
Spiegano le scienziate nello studio:
«La popolazione di origine per questa analisi era composta da 343.501 individui di età pari o superiore a 18 anni. Sulla base di varie storie di eventi che conferiscono immunità (ad es. infezione e/o vaccinazione) dal 26 febbraio 2020 al 25 giugno 2021, abbiamo determinato quattro stati di esposizione:
(i) Gli individui senza immunità (SARS-CoV-2 immuno-naïve) sono stati definiti come coloro che non erano vaccinati e non avevano documentato precedenti infezioni da SARS-CoV-2 (n = 130 874);(ii) Gli individui con immunità naturale (la coorte guarita, non vaccinata) erano quelli con una precedente infezione documentata ma senza precedente vaccinazione (n = 47.491);(iii) Gli individui con immunità SARS-CoV-2 indotta da vaccino (coorte di soli vaccinati) erano quelli senza infezioni precedentemente registrate che hanno ricevuto un ciclo di vaccinazione completo (BNT162b2; mRNA-1273; AZD1222; Ad26.COV2. S) (n = 127 460); E(iv) Gli individui con immunità ibrida SARS-CoV-2 (la coorte recuperata e vaccinata) sono stati definiti come quelli con precedenti infezioni documentate che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino (n = 23.671)».
La conclusione riassunta nell’Abstract dello studio è sufficiente a mettere in discussione ancora una volta l’efficacia dei sieri genici (equiparati a vere terapie geniche senza adeguata certificazione sanitaria europea da una ricercatrice francese). Le tabelle coi numeri, inoltre, non lasciano adito a dubbi.
«Gran parte della popolazione mondiale ha una qualche forma di immunità contro SARS-CoV-2, attraverso l’infezione (naturale), la vaccinazione o entrambi (ibridi). Questo studio di coorte retrospettivo ha utilizzato dati su SARS-CoV-2, vaccinazione e ricovero dal sistema sanitario nazionale da febbraio 2020 a giugno 2022 e modelli di regressione di Cox per confrontare quelli con immunità naturale con quelli senza immunità (Coorte1, n=92917), ibrida (Coorte2, n=46813) e vaccinale (Coorte3, n=252414)».
«Nella Coorte 1, quelli con immunità naturale erano a minor rischio di infezione durante il Delta (aHR 0,17, 95%CI 0,15-0,18) e a più alto rischio (aHR 1,24, 95%CI 1,18-1,32) durante il periodo Omicron rispetto a quelli senza immunità. L’immunità naturale ha conferito una protezione sostanziale contro l’ospedalizzazione COVID-19. Coorte 2 – rispetto all’immunità naturale, l’immunità ibrida ha offerto una forte protezione durante il periodo Delta (aHR 0,61, 95%CI 0,46-0,80) ma non durante il periodo Omicron (aHR 1,05, 95%CI 0,93-1,1). L’ospedalizzazione COVID-19 era estremamente rara tra le persone con immunità ibrida».
«Nella coorte 3, gli individui con immunità indotta da vaccino erano a rischio più elevato rispetto a quelli con immunità naturale per infezione (Delta aHR 4,90, 95%CI 4,48-5,36; Omicron 1,13, 95%CI 1,06-1,21) e ospedalizzazione (Delta aHR 7,19, 95%CI 4,02-12,84). Questi risultati mostrano che il rischio di infezione e il COVID-19 grave sono guidati dalla storia dell’immunità personale e dalla variante di SARS-CoV-2 che causa l’infezione».
I ricercatori dell’Università di Tartu analizzano poi nel dettaglio le dinamiche del contagio.
«L’esito primario è stato l’infezione da SARS-CoV-2 confermata in laboratorio verificatasi dopo la data di riferimento: (i) in qualsiasi momento per le persone senza immunità; (ii) dopo 60 giorni di guarigione da una precedente infezione per gli individui con immunità naturale (ovvero reinfezione); (iii) dopo essere stati vaccinati per almeno 14 giorni per gli individui con immunità indotta da vaccino (solo vaccinazione SARS-CoV-2) (ovvero, infezione-breccia); e (iii) dopo essere stati vaccinati per almeno 14 giorni o dopo 60 giorni di guarigione da una precedente infezione, a seconda di quale sia avvenuta dopo, per individui con immunità ibrida».
I medici non hanno rilevato solo i casi di contagio, tra cui quelli di infezione-breccia che hanno messo in allarme molti loro colleghi negli USA e in Asia ma vengono minimizzate in Italia e nell’Unione Europea, ma anche i casi di ospedalizzazione per una forma grave della malattia.
«Il secondo risultato è stato il ricovero in ospedale con COVID-19 come motivo del ricovero. Questo è stato definito come ricovero correlato a SARS-CoV-2 verificatosi da 3 giorni prima a 14 giorni dopo un test SARS-CoV-2 positivo e la presenza di almeno una delle seguenti diagnosi (ICD-10) in relazione al ricovero: U07.1, U07.2, infezioni acute delle vie respiratorie (J00-J06, J12, J15-J18, J20-J22, J46) o gravi complicanze delle infezioni delle vie respiratorie inferiori (J 80–84, J85–J86)».
Ora per le autorità sanitarie italiane, europee e statunitensi che intorno ai vaccini Covid hanno costruito una girandola di affari milionari sarà più difficile continuare a sostenere quell’efficacia e sicurezza che sono state smentite dalla stessa Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in relazione proprio ai più fragili.
Proprio alle persone più fragili il Ministero della Salute guidato dal professor Orazio Schillaci, implicato in gravissimi conflitti d’interesse con le Big Pharma dei sieri genici mRNA, continua a raccomandare anche la Quinta dose…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – INCHIESTE BIG-PHARMA, VACCINI & COVID-19
GOSPA NEWS – WUHAN-GATES REPORTAGES
https://www.gospanews.net/2022/11/21/wuhang-gates-62-vaccini-doro-sars-cov-2-da-laboratorio-complotto-nwo-gates-cia-nel-covo-dei-rockefeller-a-bellagio/