Introduzione di Redazione Gospa News
«Nel mio percorso politico ho sempre perseguito l’interesse pubblico il quale è il fine unico ed ultimo della mia azione politica”, sono alcune delle parole del presidente della Regione Liguria, sospeso e dal 7 maggio agli arresti domiciliari nell’inchiesta sulla corruzione in Liguria, contenute nella memoria difensiva da 17 pagine che è stata presentata oggi al termine dell’interrogatorio davanti ai pm dal suo legale per integrare le dichiarazioni rese ai magistrati.
“Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati. Ogni dazione di denaro – ha aggiunto – è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata. Del pari tutte le spese sostenute sono state rendicontate e pubblicizzate in termini di legge e anche oltre. I bilanci e i rendiconti sono stati (e sono ancora) pubblicati sui siti internet delle organizzazioni politiche a mio sostegno”.
E’ questo il sistema Toti che aiuta i ricchi imprenditori amici a far carriera politica, più volte negli anni scorsi segnalato come esempio dall’attuale premier Giorgia Meloni che per fare affari con multinazionali di ogni genere, dall’Intelligenza Artificiale di Bill Gates alla Lobby delle Armi del suo mentore Guido Crosetto, Ministro della Difesa.
Ma ovviamente non si scorda di dare attenzione al Ministro della Salute Orazio Schillaci in macroscopici conflitti d’interessi con le Big Pharma dei Vaccini Killer.
Ecco perché le politiche governative basate su un PNRR che di fatto sostiene tutti i progetti UE delle multinazionali di Gates & amici NATO delle guerre senza tregua sta producendo un graduale e tremendo impoverimento degli Italiani e del loro potere d’acquisto. Perché sono destinati a diventare “schiavi” delle Lobby Sioniste e dei Rockefeller di cui Meloni è serva ormai da tempo (vedi affare TIM), in ossequio al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che l’ha obbligata a genuflettersi agli interessi del Nuovo Ordine Mondiale per scaldare la ricca poltrona…
Sotto tutti i dettagli economici di un disastro ancora arrestabile se si manderà la zitella a cogliere patate e zucchine come invita a fare i disoccupati il suo cognato ministro Lollobrigida…
Eurispes, oltre metà degli italiani in difficoltà a fine mese
di RAI News
Alcuni indicatori della situazione economica delle famiglie italiane registrano un lieve miglioramento rispetto al 2023 ma, nonostante questo, oltre la metà della popolazione non riesce ad arrivare a fine mese senza grandi difficoltà (57,4%).
Inoltre bollette (33,1%), affitto (45,5%) e rate del mutuo (32,1%) rappresentano un problema per molti nuclei. È quanto emerge dalle indagini campionarie del Rapporto Italia 2024 dell’Eurispes, presentato oggi (venerdì 24 maggio – ndr).
Per far quadrare i conti, gli italiani sono costretti a chiedere aiuto alla famiglia di origine (32,1%), oppure a ricorrere all’acquisto a rate (42,7%). Quasi tre italiani su 10 (il 28,3%) rinunciano anche a cure, interventi dentistici o controlli medici.
Il 40,9% dei cittadini afferma comunque che la situazione economica personale e familiare negli ultimi 12 mesi è rimasta stabile. Anche se con diversa intensità, complessivamente il 35,4% degli italiani denuncia invece un peggioramento della propria condizione economica, mentre solo il 14,2% parla di un miglioramento.
Poco più di uno su quattro riesce a risparmiare (28,3%), mentre il 36,8% attinge ai risparmi per arrivare a fine mese. La maggior parte degli italiani (55,5%) ritiene che la situazione economica del Paese abbia subìto un peggioramento nel corso dell’ultimo anno, per il 18,6% la situazione è rimasta stabile, mentre solo un italiano su dieci (10%) ha indicato segnali di miglioramento. Guardando al futuro, i cittadini sono invece cauti: per il 33,2% la situazione economica italiana resterà stabile nei prossimi dodici mesi. I pessimisti, che attendono un peggioramento, sono il 31,6%, mentre il 10,8% prospetta un periodo di crescita economica.
Quasi 1 su 3 rinuncia a cure mediche
Torna a crescere la fiducia verso le istituzioni, pubbliche e private, ma solo una parte raccoglie oltre la metà dei consensi. Il più apprezzato è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
(60,8% dei consensi, +8,6% rispetto al 2023), mentre il Parlamento fa registrare un lieve aumento di fiducia (dal 30% del 2023 al 33,6% del 2024), anche se i cittadini delusi sono la maggioranza (58%).
Esprimono consenso nei confronti del Governo poco più di un terzo degli italiani (36,2%), ma gli sfiduciati anche in questo caso restano la maggioranza (55,4%). Tra le forze dell’ordine, l’Arma dei Carabinieri raggiunge il 68,8% dei consensi, mentre tra le altre istituzioni che crescono nel 2024 in grado di fiducia ci sono anche la Chiesa Cattolica, la scuola e il sistema sanitario. A perdere consensi rispetto al 2023 sono solo tre istituzioni: i partiti (che passano dal 32,5% al 29,85%), i sindacati (dal 43,1% al 42,7%) e le altre confessioni religiose (da 38% a 34,5%).
Il rapporto ha interrogato gli italiani sul Ponte sullo Stretto di Messina e alla reintroduzione del Reddito di cittadinanza: la maggioranza degli italiani ha detto “no”. Il 60,4% dei cittadini è infatti contrario alla costruzione della grande opera pubblica, il 61,2% al sostegno al reddito. Inoltre il 58,5% è contrario al prolungamento del Superbonus per l’edilizia. Il 52,7% del campione è infine contrario all’ipotesi di fissare il limite di velocità di 30 Km/h all’interno dei centri urbani.
I lavoratori italiani sono sempre più poveri, in confronto a quelli europei
Estratto di Il Post
Due amiche nel 2013 svolgevano lo stesso impiego e prendevano lo stesso stipendio. Poi nel 2014 una delle due andò a lavorare in Germania, mentre l’altra restò in Italia.
Se si rivedessero oggi, scoprirebbero che quella emigrata è decisamente più ricca di quella rimasta in Italia. Se nel 2013 avessero guadagnato entrambe 1.000 euro al mese, oggi quella che sta in Germania ne guadagnerebbe 1.350, quella in Italia circa 1.150. E soprattutto il potere d’acquisto della prima sarebbe aumentato di poco meno del 6 per cento, quello della seconda sarebbe diminuito di oltre il 4 per cento: significa che rispetto a 10 anni fa, con la stessa qualifica di lavoro, una può acquistare qualcosa in più, l’altra deve rinunciare a qualcosa.
È un esempio ipotetico, che però aiuta a comprendere una media rilevata nel rapporto annuale del 2024 dell’ISTAT, pubblicato mercoledì. Il rapporto descrive come il potere d’acquisto degli italiani sia diminuito in maniera drastica nell’ultimo decennio, specie se paragonato a quello degli altri grandi paesi europei. Il potere d’acquisto ha a che fare coi cosiddetti salari reali, che sono quelli che tengono conto dell’inflazione, cioè dell’aumento generalizzato dei prezzi al consumo.
Aumentando l’inflazione, ovviamente, si riduce la quantità di prodotti che con lo stesso stipendio ci si può permettere. Per evitare che l’inflazione sottragga potere d’acquisto ai lavoratori, c’è bisogno che le loro retribuzioni aumentino almeno allo stesso ritmo.
Questo non è avvenuto in Italia, mentre in altri grandi paesi europei sì.
Tra l’ottobre e il novembre del 2022, l’inflazione ha raggiunto il suo massimo in Italia, con un picco del 12,6 per cento. Nel complesso, secondo i dati dell’agenzia di statistica europea Eurostat, nel 2022 in Italia l’inflazione è stata dell’8,7 per cento rispetto all’anno precedente: un dato lievemente maggiore della media dei 20 paesi dell’area dell’euro, pari all’8,4 per cento. Nello stesso anno, la Germania ha avuto lo stesso tasso d’inflazione italiano (anche se per i tedeschi hanno influito molto più i rincari sui beni alimentari che non su quelli energetici); in Francia l’inflazione è stata del 5,9 per cento, in Spagna dell’8,3.
Poi nel 2023, in Italia come altrove in Europa, il tasso d’inflazione è calato: in Italia, secondo Eurostat, è stata del 5,9 per cento, mezzo punto più alta della media dei paesi dell’area dell’euro; in Germania è stata del 6 per cento, in Francia del 5,7 per cento e in Spagna del 3,4. Nei primi mesi del 2024, in Italia l’inflazione è stata più bassa della media europea: secondo le previsioni dell’ISTAT e di Eurostat, a fine anno il tasso di aumento dei prezzi dovrebbe essere di poco meno dell’1 per cento, un terzo rispetto alla media dell’Unione Europea (2,7 per cento).
Estratto de Il Post
ISTAT: Occupati e disoccupati (dati provvisori) – Marzo 2024
fonte ISTAT
La crescita del numero di inattivi (+0,1%, pari a +12mila unità, tra i 15 e i 64 anni) si osserva solo per gli uomini e gli under 50; tra chi ha almeno 50 anni l’inattività diminuisce. Il tasso di inattività si mantiene stabile al 33,0%.
Confrontando il primo trimestre 2024 con il quarto 2023, si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,2%, per un totale di 56mila occupati.
La crescita dell’occupazione, osservata nel confronto trimestrale, si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-2,1%, pari a -40mila unità) e all’aumento degli inattivi (+0,3%, pari a +40mila unità).
Il numero di occupati a marzo 2024 supera quello di marzo 2023 dell’1,8% (+425mila unità). L’aumento coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età, a eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa: il tasso di occupazione, che nel complesso è in aumento di 1,0 punti percentuali, sale anche in questa classe di età (+0,6 punti) perché la diminuzione del numero di occupati 35-49enni è meno marcata di quella della corrispondente popolazione complessiva.
Rispetto a marzo 2023, calano sia il numero di persone in cerca di lavoro (-7,4%, pari a -148mila unità) sia quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,7%, pari a -213mila).