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I NUOVI GULAG: CHI SI RIBELLA AL SISTEMA VA RECLUSO IN OSPEDALE PSICHIATRICO. Persecuzione Giudiziaria contro Enrico Gianini, l’ex aeroportuale che Denunciò la Geoingegneria

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Le Persecuzioni PsicoGiudiziarie di Ragazze e Bambine in Italia

Premessa di Carlo Domenico Cristofori

La nostra testata giornalistica online si è occupata del caso di Yaska, la ragazza interdetta e costretta a subire un aborto giudiziario deciso da medici e giudici in contrasto con ogni parere dei periti psichiatrici di parte.

Ci siamo occupati del caso di Yenia, la bambina cardiopatica strappatata alla mammma a soli 9 anni, reclusa in una casa famiglia e costretta a prendere pericolosi psicofarmaci per superare questo devastante trauma.

Ora ci pare giusto dedicare spazio al tremendo caso “psico-giudiziario’ di Enrico Gianini, l’ex aeroportuale di Malpensa rinchiuso in un ospedale psichiatrico dopo le sue denunce sulla geoingegneria.

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Giudici e Medici Complici sui Vaccini Killer Obbligatori

Non è una novità che il sistema giudiziario fallato dell’Italia, a causa della clemenza del Consiglio Superiore della Magistratura anche nei confronti dei giudici degli scandali enormi come PalamaraGate, sia asservito a un sistema sanitario che nel pieno dell’emergenza pandemica ha dimostrato di essere pilotato da medici servi delle Big Pharma.

Se giudici e medici sono stati dannatamente complici nel costringere circa 50milioni di italiani a inocularsi sieri sperimentali rivelatisi poi inefficaci e potenzialmente cancerogeni, non c’è da stupirsi che uno spirito ribelle finisca nei nuovi Gulag italiani del Governo Meloni, devoto al Nazisionismo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e del premier israeliano genocida Benjamin Netanyahu.

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La Fondatezza Scientifica sugli Allarmi di Geoingegneria

Non entriamo nel merito sulla fondatezza della denuncia per l’allarme geoingegneria fatta dall’ex aeroportuale Enrico Gianini, pur rammentando che abbiamo dedicato 6 inchieste a questo fenomeno analizzandolo sulla base di fonti documentali scientifiche inoppugnabili… Tra cui le attività di “cloud seeding”, ovvero la dispersione di “scie chimiche” per rendere le nubi piovose in località aride (come Grand Canyon e Penisola Arabica).

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Ma sotto il profilo dei diritti umani e civili la sua storia grida vendetta come quella degli studenti menati dalla polizia del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi perchè stavano manifestando a favore della Palestina. per quelle vicende Amnesty International ha presentato una formale protesta per violazione dei diritti umani, ma purtroppo solo Gospa News e pochissime altre testate ne hanno dato notizia.

Tutti coloro che hanno a cuore il bizzarro, anomalo e controverso caso “psico-giudiziario” dovrebbero subito presentare una denuncia ad Amnesty International e alla Corte Europea dei Diritti Umani.

Perché se un cittadino può essere rinchiuso in un ospedale psichiatrico per un microscopico e presunto episodio di violenza (che lui stesso nega di aver compiuto) solo sulla base della testimonianza di tutori dell’ordine (che nel caso Cucchi insabbiarono per anni un omicidio) e di una perizia psichiatrica nessuno in Italia può più definirsi un uomo libero, come peraltro hanno ben sperimentato tutti i lavoratori costretti a vaccinarsi per non perdere occupazione e stipendio.

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Non esprimiamo giudizi in merito al provvedimento specifico che riportiamo per quanto riferito con dovizia di dettagli dalla valente collega di ByoBlu, ma rileviamo che la stessa giustizia italiana che rinchiude per grave pericolosità sociale un tranquillo ex dipendente di Malpensa è la stessa capace di liberare un terrorista internazionale colpito da un mandato d’arresto della Coprte Penale Internationale per torture sui migranti nei lager libici…

Da questo momento in poi, proprio come nei Gulag di Stalin, il soggetto può essere definito pericoloso o terrorista a seconda che sia un contestatore o un servitore del sistema del Nuovo Ordine Mondiale.

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IL CASO DI ENRICO GIANINI: UNA PERSECUZIONE “PSICO-GIUDIZIARIA”?

di Elisabetta Barbadoro – articolo pubblicato originariamente da ByoBlu

I link agli articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori

Enrico Gianini, ex operatore aeroportuale di Malpensa noto per la sua attività di divulgazione sul tema della geoingegneria, è stato recluso in un ex ospedale psichiatrico giudiziario, una struttura detentiva a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, ribattezzata con l’acronimo REMS: residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza.

Classe 1968, Enrico Gianini ha lavorato fino al 2018 all’aeroporto di Malpensa, occupandosi del carico-scarico degli aerei e di altre mansioni a cui è addetto il personale di terra. Negli ultimi anni della sua attività ha raccolto e divulgato informazioni su un tema controverso e censurato: la geoingegneria, un ambito che riguarda la ricerca e l’applicazione di tecniche di manipolazione climatica e metereologica. Ne ha parlato in varie occasioni anche su Byoblu.

Le analisi sul carburante e l’esposto in Procura

Tra gli episodi più significativi del suo percorso di attivista, ricordiamo le analisi chimiche che ha commissionato a un laboratorio francese sui campioni di liquido che lui stesso ha prelevato dai tubi di scarico degli aerei. Analisi che avrebbero rilevato la presenza di metalli pesanti nei carburanti. Sostanze che, ha spiegato, “non servono ai reattori per il volo”. Tra queste ci sarebbero bario, sodio, cromo, piombo e perfino tracce di uranio.

I risultati di queste indagini scientifiche erano stati da lui depositati in Procura a Busto Arsizio attraverso un esposto, che è stato notificato a tutte le Procure d’Italia, ma la magistratura non ha mai svolto indagini per accertare quello che Gianini aveva denunciato.

La reclusione nella REMS

Da quel momento in poi, l’ex operatore aeroportuale è stato protagonista di una complessa vicenda giudiziaria, culminata con la reclusione nella Rems di Castiglione delle Stiviere lo scorso 25 febbraio, dove dovrà scontare un anno di detenzione, rinnovabile ogni sei mesi, a cui potrebbe seguire un altro periodo, probabilmente 12 mesi, di limitazioni della libertà, con obbligo di firma ogni settimana in commissariato e visite psichiatriche periodiche (con possibile somministrazione forzata di psicofarmaci) nel CPS (centro psico-sociale) di Busto Arsizio.

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La vicenda giudiziaria

L’episodio che ha dato origine al processo a suo carico è stato raccontato da Greta, la sua compagna, che però non è testimone diretta dell’accaduto ma riporta quanto Enrico stesso le ha riferito.

A marzo 2019 (quando era già un volto noto dell’informazione sulla geoingegneria), mentre era alla guida della sua vettura, un’automobile avrebbe cercato di mandarlo fuori strada. Gianini è riuscito ad evitare un incidente, ha seguito il veicolo per prendere la targa e allertato le forze di sicurezza.

Poco dopo la polizia è sopraggiunta, ma gli agenti avrebbero affermato di essere stati contattati dal conducente dell’altro veicolo e avrebbero accusato Gianini di essere il responsabile della manovra pericolosa. Subisce una perquisizione e, in quella sede, un agente denuncia di essere stato colpito da Gianini e aver subito la lussazione di un dito. La documentazione medica agli atti dimostra l’infortunio, ma l’attivista ha sempre negato di aver anche solo toccato l’agente di polizia.

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Per questo episodio Gianini viene rinviato a giudizio, sceglie il rito abbreviato e viene condannato a sei mesi di reclusione per lesioni. Sconta 40 giorni in carcere e il restante tempo agli arresti domiciliari. Nell’ambito del processo, come racconta lo stesso Gianini in un video pubblicato all’inizio del 2020 sui suoi canali, il giudice dispone una perizia psichiatrica affidata al dottor Antranik Balliant dell’ospedale psichiatrico di Gallarate, che lo dichiara affetto da psicosi riscontrando un disturbo paranoide da trattare con psicofarmaci. Il giudice Daniela Frattini, nella sentenza emessa il 7 ottobre 2019, scrive:

“Si ritiene dunque che l’imputato non avendo alcuna intenzione di curarsi volontariamente sia al momento da considerare pericoloso. Ciò impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ed induce all’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, secondo le indicazioni di contenuto formulate dal perito. Dichiara Gianini Enrico responsabile dei reati ascrittigli e (…) lo condanna alla pena di sei mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Applica a Gianini Enrico la misura di sicurezza della libertà vigilata prescrivendo la presa in carico da parte del CPS (centro psico-sociale, ndr) per la durata di un anno”.

Psichiatra sotto pressione?

La compagna di Gianini ha riferito una inquietante anomalia sull’atteggiamento dello psichiatra incaricato dal giudice: secondo Greta, in sede di colloquio lo psichiatra appariva equilibrato e pacato e avrebbe perfino affermato che l’attività di ricerca sulla geoingegneria dell’imputato sarebbe stata frutto di interesse personale, irrilevante nella definizione del suo stato di salute mentale.

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Ma in tribunale, durante l’udienza, lo psichiatra avrebbe avuto un atteggiamento agitato: “Sembrava un’ altra persona, non era tranquillo, sembrava sotto minaccia, sotto ricatto o sotto pressione” ha detto la compagna, presente in aula. Nella perizia avrebbe definito Gianini come un soggetto affetto da “disturbo di personalità schizoide inquadrabile come disturbo delirante contraddistinto da un forte senso di persecuzione e di azione complottista“.

Il trattamento sanitario obbligatorio

Dopo aver scontato i sei mesi di pena, Gianini avrebbe dovuto presentarsi ogni settimana in Commissariato per l’obbligo di firma e contestualmente avrebbe dovuto recarsi presso il CPS per il trattamento del disturbo psichiatrico che era stato refertato dal perito incaricato dal giudice. Da notare che anche la difesa, affidata all’avvocato Federico Lugoboni, aveva affidato una perizia di parte allo psichiatra Alessandro Meluzzi che aveva ritenuto Gianini lucido e sano di mente.

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La “trasgressione degli obblighi imposti”

Di fatto, per il timore che gli fossero somministrati forzatamente psicofarmaci che non voleva assumere, Gianini non si è mai presentato né alla polizia né al CPS, incorrendo nel reato di “trasgressione degli obblighi imposti”, per cui è stato arrestato lo scorso 20 febbraio, portato al CPS per alcuni giorni, dove ha acconsentito alla somministrazione di sonniferi, vista la difficoltà di dormire, ma avrebbe rifiutato tutti gli altri trattamenti sanitari e farmacologici. Il 25 febbraio è stato trasferito nella REMS di Castiglione delle Stiviere dove si trova oggi.

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Per via dei regolamenti non può usare il cellulare né avere contatti con l’esterno. Non potrà parlare col suo avvocato prima di 10 giorni dall’ingresso nella struttura. La mattina del 4 marzo gli è stato consentito di parlare con il fratello per le questioni amministrative e burocratiche, tra cui la gestione della casa. Il giorno del trasferimento a Castiglione delle Stiviere, la sua compagna, Greta, è stata contattata dal personale della REMS, ma non potrà avere accesso prima di un mese, periodo definito dagli operatori della struttura “di osservazione”. All’inizio di aprile le dovrebbe essere consentito un colloquio con l’equipe che segue Enrico Gianini ma non le è stato garantito che potrà, in quella sede, fare visita al compagno.

Le reazioni: indignazione e solidarietà

La vicenda di Enrico Gianini ha suscitato l’indignazione di molti cittadini e comitati. I suoi amici e conoscenti lo definiscono come una persona lucida, equilibrata e pacifica. La chat Telegram “Aiuto per Enrico Gianini, amministrato dalla sua compagna, ha superato i 1500 iscritti in poche ore dopo la divulgazione della notizia della sua detenzione. La sua storia sta facendo il giro di media e canali di informazione libera.

Le condizioni attuali dell’attivista non sono note, non si sa se sia sottoposto a terapia psico-farmacologica, l’ultimo a parlarci fin’ora, è stato il fratello, la mattina del 4 marzo, che ha raccontato alla compagna di averlo sentito un po’ provato e rallentato, in leggera difficoltà ad articolare e scandire le parole.

Nell’ultimo messaggio che ha inviato a Greta, il 24 febbraio, appariva fortemente scoraggiato: le avrebbe scritto “so che non ti rivedrò più“.

di Elisabetta Barbadoro – articolo pubblicato originariamente da ByoBlu


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