“FRATELLI D’ITALIA”, L’INNO NAZIONALE DEL RISORGIMENTO MASSONICO. Origine e Ruolo Simbolico nella Storia dell’Italia Unita

“FRATELLI D’ITALIA”, L’INNO NAZIONALE DEL RISORGIMENTO MASSONICO. Origine e Ruolo Simbolico nella Storia dell’Italia Unita

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«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che lo spogliarono, lo ferirono e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. […] Un sacerdote scendeva per quella medesima strada, e quando lo vide, passò oltre. […] Ma un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e ne ebbe compassione.»


(Luca 10, 30-33 – Parabola del buon Samaritano)

Tutti i link ai precedenti articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori per l’attinenza con i temi trattati


di Ciro Scognamiglio

A chi ancora cerca la verità sotto le macerie della storia.

«Lo Stato italiano nasce male. Nasce contro il popolo e senza il popolo.»
– Antonio Gramsci


Introduzione

Il nostro inno nazionale inizia con un’espressione potente e carica di significati: “Fratelli d’Italia”. È una parola che richiama immediatamente un senso di unione, di comune appartenenza e di fraternità nazionale. Ma siamo davvero sicuri che questa parola, così evocativa, sia stata scelta con innocenza e spirito unificante? O nasconde, come tanti altri simboli della nostra storia patria, un’origine ideologica ben più mirata, legata a élite culturali e politiche che hanno guidato, più che accompagnato, la nascita dello Stato italiano?

Questo saggio intende ripercorrere la genesi e l’evoluzione dell’Inno di Mameli, evidenziandone le origini non ufficiali, le influenze ideologiche e la funzione simbolica nella costruzione – e manipolazione – dell’identità nazionale. Il tutto con uno sguardo critico al ruolo svolto dalla massoneria, dalle élite post-unitarie e dai poteri internazionali nella nascita di una Repubblica che, ancora oggi, appare fondata su basi precarie e ambigue.

Un inno “ufficioso”: l’adozione incompiuta dell’Inno di Mameli

Contrariamente a quanto si possa credere, l’Inno di Mameli – ufficialmente intitolato “Il Canto degli Italiani” – non è sempre stato l’inno della Repubblica italiana. Dopo la caduta della monarchia e la proclamazione della Repubblica, il 2 giugno 1946, la “Marcia Reale” sabauda fu sostituita provvisoriamente dal canto risorgimentale di Mameli, su proposta del Ministro della Guerra Cipriano Facchinetti. Ma questa scelta, avvenuta il 12 ottobre 1946, non fu mai formalizzata con un atto normativo: l’inno restò ufficioso fino al 2017, quando venne ufficializzato dalla legge n. 181 del 4 dicembre.

Questa lunga precarietà istituzionale è sintomatica: come se l’Italia repubblicana non fosse mai riuscita davvero a darsi un simbolo condiviso, compiutamente legittimato, privo di ambiguità ideologiche. “Fratelli d’Italia”, quindi, fu per oltre settant’anni un inno de facto, ma non de iure.

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Il contesto storico: Mameli, Novaro e le logge risorgimentali

Goffredo Mameli, l’autore del testo, è una figura centrale del patriottismo italiano. Nato a Genova nel 1827, morì giovanissimo durante gli scontri per la difesa della Repubblica Romana nel 1849. Il suo pensiero, così come quello di molti patrioti del Risorgimento, era profondamente influenzato dagli ideali repubblicani, laici e rivoluzionari di stampo mazziniano – che, non a caso, coincidevano in larga parte con quelli della massoneria.

Sebbene non esistano prove documentali certe dell’appartenenza formale di Mameli a una loggia massonica, il linguaggio, i temi e il simbolismo del suo inno lasciano spazio a molteplici interpretazioni.

La parola “Fratelli”, così come l’esortazione alla “morte” e alla “schiavitù”, ricalcano il linguaggio sacrale e iniziatico di molte società segrete dell’epoca, nelle quali si fondevano spirito rivoluzionario, mitologia classica e idealismo escatologico.

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Cipriano Facchinetti e la consacrazione dell’inno massonico

La figura del Ministro Facchinetti è centrale per comprendere la rilegittimazione dell’inno nella nuova Repubblica. Repubblicano, antifascista, già membro del Partito d’Azione, Facchinetti era anche Primo Sorvegliante del Consiglio dell’Ordine del Grande Oriente d’Italia, e affiliato alla loggia “Eugenio Chiesa”. Fu proprio lui, il 12 ottobre 1946, a voler che “Fratelli d’Italia” fosse suonato in occasione del giuramento delle Forze Armate.

La scelta dell’inno mameliano da parte di un noto esponente della massoneria repubblicana non può essere considerata un fatto neutro o casuale. Essa rappresenta, piuttosto, l’affermazione di una nuova simbologia civile e militare, in aperta rottura con il passato monarchico ma anche fortemente connotata ideologicamente.

L’ambiguità del concetto di “fratellanza” e la questione meridionale

La parola “fratelli” che apre l’inno assume un significato particolarmente ambiguo alla luce degli eventi successivi all’Unità d’Italia. Se davvero l’Italia si era “svegliata” nel 1861, come recita il testo, essa lo aveva fatto – almeno nel Mezzogiorno – sotto forma di un brusco risveglio coloniale. La cosiddetta “liberazione” dei territori borbonici fu in realtà una conquista militare, sostenuta da potenze straniere (come l’Inghilterra) e attuata con metodi repressivi e devastanti.

 Antonio Gramsci, nel suo “Quaderni del carcere”, parlò di un processo di unificazione imposto dall’alto, che tradì le masse contadine e fece del Sud una colonia interna.

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La massoneria in Italia: origini, diffusione e influenze politiche

Le radici della massoneria in Italia affondano nel XVIII secolo. Le prime tracce certe risalgono al 1728, anno della fondazione della loggia “Perfetta Unione” a Napoli, con autorizzazione della Gran Loggia d’Inghilterra. Tuttavia, si ipotizza che già nel 1723, a Girifalco, in Calabria, fosse attiva la loggia “Fidelitas”. La massoneria si diffuse rapidamente: a Firenze la prima loggia fu fondata nel 1731, mentre a Venezia la presenza è attestata già nel 1746, con personaggi del calibro di Giacomo Casanova e Carlo Goldoni.

In Toscana, Tommaso Crudeli fu il primo martire della massoneria: incarcerato e torturato dal Sant’Uffizio, morì per le conseguenze delle sofferenze patite.

Nel Regno di Napoli, Raimondo di Sangro, Principe di San Severo, fu protagonista della scena massonica, fondando un cerchio esoterico interno e promuovendo il cosiddetto Rito Egizio Tradizionale. Durante il Settecento, logge massoniche sorsero anche a Roma, Milano, Cremona, Genova e Livorno, spesso oggetto di repressione da parte degli stati confessionali.



A Milano, nel 1784, venne fondata la Loggia “La Concordia”, affiliata agli Illuminati di Baviera. L’editto del governatore Francesco III d’Este del 1757 non impedì la prosecuzione delle attività massoniche in Lombardia, che si collegarono a Vienna e ai movimenti riformatori illuministi.

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Il legame tra massoneria e pensiero riformista fu evidente anche a Napoli, dove personalità come Mario Pagano, Domenico Cirillo e Gaetano Filangieri militarono nella loggia “La Philantropia”.

Il controllo ecclesiastico e politico non fermò l’espansione delle logge, che già nel XVIII secolo avevano articolazioni autonome nei vari stati italiani. Le persecuzioni, come quelle attuate attraverso le bolle “In eminenti” (1738) e “Providas Romanorum Pontificum” (1751), segnarono la storia della massoneria, rafforzandone però lo spirito identitario. L’Italia pre-unitaria divenne così un mosaico di obbedienze e riti, alcuni dei quali sopravvivono ancora oggi.

Il Grande Oriente d’Italia, oggi la più estesa obbedienza massonica con circa 793 logge attive, si affianca alla Gran Loggia d’Italia e alla Gran Loggia Regolare d’Italia, mantenendo viva una tradizione iniziata quasi tre secoli fa. L’influenza della massoneria sulle vicende dell’Unità d’Italia e della nascita della Repubblica, attraverso i suoi protagonisti e le simbologie ricorrenti — come nel caso dell’inno di Mameli — resta un tema di forte rilevanza storiografica e civile.

Conclusione: un simbolo ambiguo per una patria incompiuta

L’Inno di Mameli è oggi cantato nelle scuole, negli stadi, nelle cerimonie ufficiali. Ma pochi ne conoscono le origini, i significati impliciti, le strumentalizzazioni politiche.

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È un inno che, più che unire, ha spesso diviso; che nasce da una stagione di fervore rivoluzionario e idealistico, ma viene poi riutilizzato come strumento di coesione forzata in una Repubblica fragile e ambivalente.

Dietro la retorica della “fratellanza”, si nasconde una storia fatta di imposizione, di élite culturali e politiche, di poteri occulti e visibili.

Forse è giunto il momento di interrogarci davvero su cosa significhi essere “fratelli”, su chi abbia deciso per noi di cantare queste parole, e su quale Italia esse ci obblighino a immaginare – o a subire.

Ciro Scognamiglio

Bibliografia essenziale

Antonio Gramsci, *Quaderni del carcere*, Einaudi, Torino.

Pino Aprile, *Terroni*, Piemme, Milano.
- Nicola Zitara, *L’unità d’Italia: nascita di una colonia*, Jaca Book.

Goffredo Mameli, *Il Canto degli Italiani*, 1847.
- Legge 4 dicembre 2017, n. 181: “Riconoscimento ufficiale dell’Inno di Mameli come inno nazionale della Repubblica italiana”.

Documentazione storica del Grande Oriente d’Italia (GOI).

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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