FIGLI: LA CONSULTA VUOLE COSTRINGERE IL PARLAMENTO A “CANCELLARE IL PADRE”. Dalla Costituzione Manipolata per le Coppie Gay al Nichilismo Giuridico

FIGLI: LA CONSULTA VUOLE COSTRINGERE IL PARLAMENTO A “CANCELLARE IL PADRE”. Dalla Costituzione Manipolata per le Coppie Gay al Nichilismo Giuridico
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Sentenza della Consulta: Quando la Giustizia si aliena dalla Realtà

di Paola Persichetti

Tutti i link ai precedenti articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori dalla redazione

La recente sentenza n. 68/2025 della Corte costituzionale ha scosso profondamente le fondamenta del diritto di famiglia italiano, aprendo scenari che molti definiscono “assurdi” e “alienati dalla realtà”. La decisione, che riconosce la “madre intenzionale” come genitore nel caso di due donne lesbiche e un figlio nato da fecondazione assistita all’estero, non è una semplice interpretazione, ma una vera e propria ridefinizione ontologica della genitorialità, con conseguenze potenzialmente devastanti per il bene superiore del minore e per l’intero impianto normativo.

La Genitorialità “Intenzionale”: Un Precedente Pericoloso

Il nucleo della questione risiede nel concetto di “madre intenzionale”. Secondo il ragionamento della Consulta, una donna che, pur non essendo la madre biologica, concorda con la partner il ricorso alla fecondazione assistita, si assume automaticamente la responsabilità di genitore.

Questo significa che la genitorialità nascerebbe dalla mera “intenzione” di avere un figlio. Ma se l’intenzione è il criterio dirimente, viene da chiedersi, con una provocazione che suona drammaticamente realistica: “un soggetto che rapisse un bambino per crescerlo come figlio diventerebbe per questa stessa ragione (l’intenzione di tenerselo) genitore ‘intenzionale’? E perché un ladro non potrebbe definirsi ‘proprietario intenzionale’?”

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L’assurdità di tale argomentazione emerge prepotentemente se si considera che essa scardina il principio millenario secondo cui la genitorialità è radicata nella complementarità sessuata e nella generazione biologica. Trasformare la genitorialità in una “costruzione giuridico-affettiva fondata sull’intenzione soggettiva” significa aprire la porta a ogni sorta di arbitrarietà, riducendo concetti come “madre”, “padre” e “figlio” a mere “etichette fluttuanti, svuotate di ogni ancoraggio alla natura umana”.

La Legge Sospesa, il Parlamento Sottoposto

Fino a ieri, il quadro giuridico italiano era chiaro: la legge 40/2004 vieta l’omogenitorialità, stabilendo che un bambino può essere figlio solo di un uomo e di una donna (art. 5).

Nonostante alcune sentenze della Cassazione avessero già aperto alla stepchild adoption per i figli nati all’estero, la Consulta, con questa decisione, ha fatto un passo ben più lungo, dichiarando incostituzionale l’art. 8 della legge 40, che disciplinava il riconoscimento del figlio nato in provetta.

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È paradossale che la Corte non abbia contestato l’art. 5, che vieta l’accesso alla PMA alle coppie omosessuali, ma si sia concentrata sull’art. 8, quello relativo al riconoscimento. Questo, come sottolineato da alcuni, non è un caso: “i giudici di Lucca e quelli romani sapevano che era più alla loro portata questa vittoria – permettere il riconoscimento del figlio alle coppie gay – piuttosto che tentare sin da subito la legittimazione dell’accesso alla fecondazione artificiale per le coppie omosessuali. Ben sapendo poi che, avendo ottenuto questo primo risultato, il bottino più ricco arriverà di conseguenza.”

Si apre così la strada a una piena legittimazione dell’omogenitorialità, chiedendo l’intervento del Parlamento per modificare l’intera normativa.

Il “Miglior Interesse” del Bambino: Una Falsa Bandiera?

La motivazione principale addotta dalla Corte è il “miglior interesse del minore”. Si sostiene che negare il riconoscimento alla madre intenzionale lederebbe il diritto del figlio a essere educato dai propri genitori, la sua identità personale e il suo diritto a non essere discriminato.

A supporto di ciò, la Consulta cita proprie sentenze precedenti che affermano l’inesistenza di “certezze scientifiche o dati di esperienza in ordine al fatto che l’inserimento del figlio in una famiglia formata da una coppia omosessuale abbia ripercussioni negative sul piano educativo e dello sviluppo della personalità del minore” (sentenze n. 32 del 2021 e n. 221 del 2019; nello stesso senso, sentenze n. 79 del 2022 e n. 230 del 2020).

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Questa affermazione è, per molti, clamorosamente falsa. Esiste, infatti, una vastissima letteratura scientifica sui danni che i minori subiscono quando mancano figure genitoriali complete e differenziate, ovvero un padre e una madre. Il diritto naturale di un bambino è quello di essere figlio di un uomo e di una donna. Negargli questo diritto per “soddisfare le pretese delle coppie omosessuali” significa, di fatto, “ledere il suo diritto, ex art. 2 Cost, di essere educato dai propri genitori biologici, ha leso la sua identità personale perché lo ha strappato ad uno o ad entrambi i genitori naturali, legittimando così lo stato di orfananza, e infine lo ha discriminato”. Condannare un bambino a crescere in una relazione priva di una delle due figure genitoriali naturali è, per molti, un atto dannoso per il suo sviluppo psico-fisico e sociale, vincolandolo così in una condizione di inferiorità.

Quando il quotidiano dei vescovi abbraccia il desiderio

La portata di questa sentenza è tale che persino Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, si è sentito in dovere di intervenire, assumendo una posizione che ha lasciato molti perplessi. Un articolo di Giuseppe Anzani pubblicato su Avvenire ha sostenuto che attribuire a un bambino due mamme e nessun papà sarebbe nel suo interesse e, di conseguenza, un dovere.

Questa presa di posizione, che va contro la legge naturale e prima ancora della Costituzione in quanto fondata su principi naturali, è stata definita un’imbarazzante “arrampicata sugli specchi”. Anzani, nel tentativo di giustificare la sentenza, ha citato il filosofo Immanuel Kant, affermando che “bisogna trattare l’altro nostro simile mai come mezzo ma solo come fine”. Il bambino, una volta nato, sarebbe un fine e come tale andrebbe considerato.

Tuttavia, come acutamente osservato, questa citazione è del tutto fuorviante. Kant, infatti, “non ammette la conoscibilità di nessun fine, né riconosce che si possa parlare di natura”. La sua morale e il suo diritto sono guidati dalla legge stabilita dalla coscienza, dall’intenzione, senza riferimento a un ordine naturale delle cose. Citando Kant, Anzani ha involontariamente evidenziato i propri “errori di impostazione”, rivelando l’assenza, in questa linea di pensiero, di un ordine naturale e finalistico come fonte della morale e del diritto.

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In realtà, quel bambino, lungi dall’essere trattato come un fine, è stato “strumentalizzato”: “Un mezzo per le due donne che lo hanno concepito in modo innaturale in soddisfazione di una maternità “intenzionale” … Un mezzo, poi, anche per chi ha avviato il processo, a cominciare dal Comune che ha registrato le due mamme, puntando su ulteriori aperture ai “nuovi diritti”. Un mezzo, infine, per quanti spingono politicamente perché sia riconosciuta la possibilità di una coppia omosessuale di avere figli”.

La posizione di Avvenire, quindi, non solo si scontra con il diritto naturale, ma sembra farsi portavoce di quello che alcuni definiscono “un nuovo partito radicale cattolico”, disallineato rispetto ai fondamenti della dottrina tradizionale. Il quotidiano dei vescovi, in questo contesto, ha accettato un’interpretazione della genitorialità che svuota di significato la natura stessa, in nome di un presunto progresso.

L’Assenza Inaccettabile del Padre: La Voce della Scienza e dell’Esperienza

“Per tre anni ci hanno rifilato ‘lo dice la scienza’ in tutte le salse. Ora ci invitano al funerale della scienza, del buon senso e di quella strana cosa chiamata realtà.” La narrazione dominante si scontra con testimonianze e studi che, lungi dal negare la ricchezza affettiva di diverse configurazioni familiari, evidenziano il valore insostituibile delle figure genitoriali maschile e femminile.

Claudio Risè, nel suo illuminante libro “Il padre, l’assente inaccettabile”, offre una dettagliata descrizione delle patologie che affliggono una società senza padre. Risè, supportato da ricerche come quella del CNR sugli adolescenti, sottolinea la profonda relazione tra la bassa autostima dei giovani e l’indebolimento della figura paterna. Come evidenzia la psicologa Patrizia Vermigli citata da Risè, il padre è “la figura più importante per gli adolescenti. È lui il genitore che dà sostegno quando si tratta di socializzare o di buttarsi nelle situazioni nuove, che aiuta il ragazzo a staccarsi dal nido e ad essere più autonomo facendo affidamento solo sulle proprie forze”. I dati sono drammatici: “I figli senza padri, lesi nella propria autostima capeggiano le statistiche dei suicidi: 75%”. Non si può che essere d’accordo con l’analisi di Risè.

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Queste considerazioni trovano eco nella testimonianza di Robert Oscar Lopez, un accademico che è cresciuto con “due madri”. Robert, nonostante un’intelligenza brillante e le migliori scuole, ha sentito fin da piccolo un “desiderio vibrante di padre” che non poteva esternare, per non “far sentire in colpa nessuno”. Pur amando sinceramente sia sua madre che la donna che lo ha cresciuto, la mancanza di una figura paterna ha lasciato una voragine nella sua vita.

Quando negli Stati Uniti si è aperto il dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, Lopez, pur definendosi bisessuale e avendo trovato una “nuova famiglia nella comunità lgbt”, ha detto un risoluto “no”. Ha cercato in ogni modo di spiegare quanto quella mancanza avesse segnato profondamente la sua esistenza, tenendo incontri e testimonianze, arrivando persino a parlare al Congresso americano e in Italia nel 2015.

La reazione della “sua ‘famiglia lgbt’, quella inclusiva, quella che accoglie tutti,” è stata brutale: lo hanno trattato come un reietto. In quel periodo, a seguito della diagnosi di un tumore, Lopez ha trovato il coraggio di cercare suo padre e, una volta ritrovato, “i pezzi del puzzle della sua vita cominciano a ricomporsi”.

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Oggi, Robert Oscar Lopez è un docente universitario con una famiglia sua, ma per le sue posizioni viene costantemente attaccato, rischiando persino la cattedra universitaria. Nonostante abbia sempre ribadito di amare sia sua madre che la donna che lo ha cresciuto, la sua testimonianza è chiara: “non è vero che ‘basta l’amore’ e soprattutto se strappiamo ad un minore un padre non è amore. E non è amore nemmeno se diciamo che un bambino ‘ha due madri’ perché non è vero, anche se la Consulta certifica il falso.”

Le sue parole risuonano come un monito: “Mi è sempre mancato un padre, da bambino non potevo cercarlo perché avevo paura di far soffrire mia madre, mi è mancata una figura maschile di riferimento, figura che ho cercato negli uomini con cui sono stato da ragazzo”. E ancora: “A scuola ero molto bravo ma ero il più problematico, mi portavo dentro una sofferenza sorda. Anche i miei compagni coi genitori divorziati soffrivano, anche alcuni amici il cui padre era morto, ma in quei casi hai comunque la vicinanza, la rievocazione, io avevo solo un desiderio.”

Questa testimonianza smonta l’argomentazione che “non ti può mancare quello che non hai”. Il padre non si cancella; “il suo nome è scritto in tutte le cellule del figlio e segna un’appartenenza che, sia nel bene che nel male, durerà tutta la vita.” Ignorare queste voci e procedere con una riorganizzazione artificiale della famiglia significa ignorare la realtà profonda dell’identità umana e del bisogno primario di un bambino di avere una madre e un padre.

La Costituzione Manipolata e il Nichilismo Giuridico

La sentenza della Consulta rivela una “manipolazione della Costituzione” stessa. Gli articoli costituzionali sono stati utilizzati “per giustificare l’assurdità etica e giuridica della ‘maternità intenzionale'”. Senza un “fondamento in un ordine naturale e finalistico”, la Costituzione diventa un “artificio”, facilmente “manipolabile secondo la linea di un ‘costituzionalismo desiderativo'”.

Questa deriva porta al nichilismo giuridico: i concetti non rimandano più a una realtà oggettiva, ma a mere “convenzioni linguistiche decise secondo il principio del consenso maggioritario o del sentire sociale dominante”. La Corte, in questa prospettiva, “non è più custode del limite; diventa invece creatore di realtà giuridiche alternative, secondo una logica volontaristica che segna il passaggio da un diritto che riconosce all’uomo la sua natura a un diritto che lo reinventa.”

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In definitiva, la sentenza n. 68/2025 non è solo una pronuncia giurisdizionale, ma un “gesto teoretico”, un “atto costituente” che “istituisce una nuova antropologia giuridica post-naturale”. Un diritto che si emancipa dalla realtà naturale e dall’ordine intrinseco delle cose non è più “ius”, ma “volontà di potenza mascherata da procedura”.

Solo un ritorno al “diritto naturale classico, come ordine ontologico inscritto nella struttura stessa dell’essere e dell’umano, potrà porre argine a tale deriva e restituire al diritto la sua vocazione originaria: essere misura della giustizia, e non strumento dell’arbitrio mascherato da progresso.”

prof. ssa Paola Persichetti
presidente dell’Associazione Trilly  APS La Gente come Noi Terni 

Paola Persichetti, oltre ad essere Associazione Trilly APS  La Gente come Noi Terni e già leader del comitato spontaneo La Gente come Noi nella lotta contro l’imposizione di Green pass e Vaccini obbligatori, è Laureata in Lingue e Letterature Straniere, inglese, francese, lingua e Cultura ebraica, all’Università di Perugia con  110/110, bacio accademico e menzione d’onore.  Corso di storia e del Cristianesimo antico, università Perugia. Master universitario in fonti, storia, istituzioni e norme del Cristianesimo ed Ebraismo.

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Paola Persichetti

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