UCRAINA, AGNELLO SACRIFICALE DELL’EUROPA. Promesse Mancate e Ambizioni Infrante di una Guerra solo per Affari UE

Nell’immagine di copertina il cancelliere tedesco Merz che nei giorni scorsi ha incontrato Zelensky Berlino annunciando che la Germania costruirà missili a lungo raggio in Ucraina (Rheinmetall) suscitando l’aspra condanna di Mosca, impegnata a Istanbul nei discorsi per una tregua con Kiev resa più difficile dagli attacchi terroristici ucrainin in Russia che hanno suscitato una dura risposta dell’esercito russoL’illusione dell’Occidente
di Piero Angelo De Ruvo
Tutti i link alle precedenti inchieste di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori dalla redazione
All’indomani dell’inizio dell’operazione militare speciale, del 24 febbraio 2022, le dichiarazioni di solidarietà verso l’Ucraina si sono moltiplicate. “L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea,” disse Ursula von der Leyen il 27 febbraio 2022, aprendo simbolicamente alla prospettiva di un ingresso accelerato nell’UE.
Una promessa che, nel tempo, si è impantanata in negoziati infiniti e ostacoli burocratici. Il messaggio era chiaro: l’Ucraina non sarebbe stata lasciata sola. Kyiv, investita da un entusiasmo occidentale inedito, ha creduto di poter contare su un’alleanza che avrebbe fatto fronte comune contro la Russia.
Ma quella che sembrava una reazione compatta si è presto rivelata un mosaico fragile, fatto di interessi divergenti, calcoli elettorali e paure mai sopite.
Gli Stati membri si sono divisi su tutto: entità degli aiuti, forniture militari, adesione all’UE, addirittura sui tempi di invio dei carri armati e delle munizioni. L’unità si è trasformata in stallo, le promesse in compromessi.
E l’Ucraina ha pagato il prezzo. Lo stesso presidente francese Emmanuel Macron, inizialmente assertivo, ha poi frenato sulla possibilità di un rapido ingresso ucraino nell’Unione, dichiarando durante la cerimonia di chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa al Parlamento europeo di Strasburgo a maggio 2022:
“Dobbiamo essere onesti… anche se domani concedessimo lo status di candidato, sappiamo che il processo richiederà anni, se non decenni.” Parole che hanno raffreddato le aspettative di Kyiv e hanno iniziato a scavare la distanza tra le dichiarazioni politiche e l’impegno concreto.
Una guerra combattuta con mezzi dimezzati
A un certo punto, sembrava che l’Europa — più attenta a non irritare troppo Mosca che a vincere la guerra — stesse solo guadagnando tempo. Tempo per preparare le proprie opinioni pubbliche a una “pace sporca”, una pace che di fatto avrebbe congelato il conflitto e sancito la cessione de facto di parte dei territori ucraini.
Zelensky ha ripetutamente accusato l’Occidente di fornire aiuti “a rate” e “troppo tardi”. In un video-messaggio del 18 aprile 2022, ha dichiarato: “Ogni ritardo nelle armi, ogni ritardo politico è un permesso per la Russia di togliere la vita agli ucraini”
Nel frattempo, anche think tank occidentali hanno espresso preoccupazioni simili. Il Royal United Services Institute (RUSI), uno dei principali centri di analisi militare del Regno Unito, ha scritto in un report del 2023:
“La riluttanza occidentale a fornire armi a lungo raggio e supporto diretto ha limitato la capacità dell’Ucraina di sfruttare i propri successi tattici.”
Von der Leyen e il volto della retorica europea
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, è stata uno dei volti più visibili del supporto europeo all’Ucraina. Tuttavia, la sua leadership ha sempre oscillato tra dichiarazioni forti e azioni deboli. La narrazione di un’Europa determinata a difendere la libertà si è scontrata con la realtà di un’Unione paralizzata, incapace di mobilitare una risposta concreta e rapida.
Il sostegno all’Ucraina è stato trasformato in un simbolo politico, utile a rinsaldare l’immagine dell’UE, a mantenere la coesione interna e a giustificare la spesa militare con il “Rearme Europe Plan”, ma non a vincere la guerra. Kyiv, intanto, combatteva, sanguinava, moriva.
La leadership europea ha spesso usato parole forti, ma la distanza tra retorica e realtà si è fatta evidente. Von der Leyen, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione nel settembre 2023, ha dichiarato:
“Siamo con l’Ucraina per tutto il tempo necessario.”
Tuttavia, già a fine 2023, il pacchetto di aiuti UE da 50 miliardi di euro è stato bloccato per settimane a causa dell’opposizione di Viktor Orbán e altri governi, segno che l’unità europea non era così solida come proclamato.
Il giornalista e scrittore Gianni Riotta nel 2022 scrisse: “L’UE ha usato l’Ucraina come simbolo della sua unità e della sua moralità. Ma nei fatti, l’Ucraina è diventata anche il limite di quanto l’Europa è disposta a rischiare per difendere i propri valori.”
L’Ucraina ha perso tutto?
Oggi, a distanza di oltre tre anni, la domanda che molti iniziano a porsi è brutale: l’Ucraina ha perso tutto?
La risposta è SI’.
Sul piano territoriale, vaste porzioni del paese sono sotto controllo russo. Sul piano economico, la nazione è in rovina. Milioni di ucraini hanno abbandonato il paese, le infrastrutture sono a pezzi, e il morale è logorato da un conflitto che sembra non avere più un orizzonte di vittoria.
E mentre la Russia rafforza la sua posizione, l’Occidente di fatto guarda altrove, gli Stati Uniti cercano di trarre il maggior profitto dalle terre rare ancora in possesso del Governo Ucraino.
Sul campo, la situazione resta drammatica. Il rapporto della Banca Mondiale del marzo 2024 stimava i danni materiali in Ucraina oltre i 486 miliardi di dollari. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha previsto che il PIL del Paese resterà sotto i livelli pre-guerra almeno fino al 2028, anche in uno scenario ottimistico.
Sul piano umano, si contano oltre 6 milioni di rifugiati secondo l’UNHCR, con un tasso di ritorno ancora bassissimo.
Militarmente, le varie controffensive propagandate da tutti i media, non hanno prodotto i risultati sperati, e la Russia — pur colpita da sanzioni e perdite — ha mantenuto il controllo di ampie porzioni del Donbass e dell’oblast di Zaporizhzhia, allargandosi sempre più.
Sacrificio o cinismo geopolitico?
Non resta che chiedersi: l’Ucraina è stata usata? È stata davvero l’agnello sacrificale di un’Europa che voleva mostrarsi forte senza rischiare troppo?
Le risposte sono complesse, ma il sospetto resta. Kyiv è stata l’emblema della resistenza di carta pesta, ma anche il teatro di una guerra di facciata, dove l’Occidente ha cercato di contenere Mosca senza scontrarsi direttamente.
A oggi, molte promesse restano disattese. Il sostegno europeo, spesso condizionato e frammentato, ha messo l’Ucraina in una posizione drammaticamente fragile. Ed ecco che Macron cerca di risollevare la sua popolarità e la sua inerzia con i sopravvissuti ucraini lanciando il dado dei volenterosi, dopo Ursula, cercando quel posto in primo piano per risollevare la sua immagine.
Il popolo ucraino meriterebbe ben altro che il disimpegno graduale e il silenzio colpevole delle capitali europee, ma soprattutto meriterebbe una compagine politica libera da corruzione, ed un presidente che voglia davvero il bene del suo popolo, non siamo più in una fiction qui la morte è reale. La verità storica giudicherà. Ma per ora, resta un’amara sensazione: l’Ucraina si ritrova sola — ferita, impoverita, e forse tradita e tutto questo era chiaro sin dall’inizio.
Forse la storia giudicherà con maggiore distacco.
Ma per chi guarda oggi, senza filtri, al volto provato del popolo ucraino, una cosa appare chiara: l’Ucraina ha combattuto per salvare la poltrona — delle leadership europee e per arricchire prima le industrie farmaceutiche e dopo quelle delle armi.
In fondo, “Gli affari sono affari”.
Piero Angelo De Ruvo
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Sottufficiale dell’Esercito Italiano in Congedo.. Ex sindacalista militare
Membro del direttivo dell’associazione Constitutio Italia
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https://www.rusi.org/explore-our-research/publications/commentary/removing-constraints-support-ukraine-no-silver-bullets?utm_source=chatgpt.com
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