LIBIA, TOBRUK “FERMA” IL GENERALE HAFTAR: Jihadisti filo-turchi più minacciosi per l’Italia
AGGIORNAMENTO GUERRA LIBICA AL 22 GIUGNO 2020
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Tripoli può ringraziare i Jihadisti mercenari della Turchia se è riuscita a respingere in modo ormai quasi decisivo l’assedio del generale dell’Esercito Nazionale Libico Khalifa Haftar, ora bocciato politicamente nel suo annunciato golpe anche dal governo di Tobruk che controlla la Libia Orientale (Cirenaica).
Questa è una tremenda notizia per tutti i paesi del Mar Mediterraneo come l’Italia, poiché le fazioni degli integralisti islamici sunniti arruolate dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan per aiutare l’alleato Fayez Al Serray, presidente del Governo dell’Accordo Nazionale che controlla la Tripolitania, diventano così un punto di riferimento nella lotta per il potere in Libia.
Dalla rimozione del dittatore Muhammar Gheddafi, pianificata nel 2011 dai paesi NATO nell’ambito dei progetti di destabilizzazione del Medio Oriente avviati dal presidente Usa George Bush e culminati nelle Primavere Arabe dell’amministrazione di Barack Obama, la Libia è spaccata da una guerra civile che ha vissuto momenti di tranquillità e di grave intensità.
CENTINAIA DI MORTI IN LIBIA SULLA COSCIENZA SPORCA DI NAPOLITANO
Nell’aprile 2019 le truppe di Haftar, leader militare della Cirenaica e di Bengasi, hanno avviato un’offensiva contro Tripoli per tentare un’improbabile conquista del paese intorno al quale ruotano interessi miliardari mondiali per i giacimenti di gas e petrolio.
Questa azione fu inizialmente biasimata dalla Russia, il principale alleato del leader LNA, che si trovò poi costretta comunque a sostenerlo per motivi di strategia geopolitica soprattutto dopo l’ingresso della Turchia nel conflitto nel dicembre-gennaio 2019.
Ma negli ultimi giorni il maresciallo LNA ha incassato due sconfitte pesantissime. La prima sotto il profilo militare per la perdita di varie posizioni vicino a Tripoli e in particolare la base aerea di Al-Watiya, conquistata nel 2014.
La seconda, molto più grave, è avvenuta in campo politico per una presa di posizione del governo libico parallelo di Tobruk che, di fatto, aveva sempre sostenuto apertamente o tacitamente le iniziative di Haftar. Il leader di Bengasi aveva cercato di conquistare consensi tra la popolazione libica in un messaggio audio diffuso per la fine del Ramadan con cui aveva inneggiato alla Jihad dicendo che era in corso “una guerra santa contro l’invasore turco”. Ma ciò non è bastato a convincere i politici.
IL PARLAMENTO DI TOBRUK BOCCIA HAFTAR
«I membri del parlamento della Libia orientale lunedì hanno respinto un tentativo di colpo di stato da parte del signore della guerra Khalifa Haftar» scrive MEMO, Middle East Monitor, dando un’importante notizia ma facendo anche capire che non ha troppe simpatie per il maresciallo.
«Ciò è avvenuto in una dichiarazione rilasciata da 11 eminenti membri del parlamento di Tobruk in cui hanno sottolineato il sostegno a un’iniziativa di pace proposta dalla sua portavoce Aguila Saleh. Il parlamento “sostiene pienamente l’iniziativa di Saleh come soluzione politica finale alla crisi libica”» si legge ancora.
«I legislatori hanno invitato tutte le parti ad accettare l’iniziativa, affermando che comprende “un meccanismo di selezione e processo decisionale, un’equa distribuzione della ricchezza tra le regioni e la nomina di un nuovo comitato di esperti per sviluppare una costituzione consensuale”». Il parlamento attualmente tiene le sue sessioni con solo un quinto dei suoi 200 legislatori.
Saleh, ex Capo di Stato nel paese dal 2014 al 2016 e attuale presidente della Camera del governo della Libia Orientale, fece la sua proposta già verso la fine dell’aprile scorso ottenendo però in tutta risposta la dichiarazione di Haftar che si autoproclamò unico leader della Libia annunciando un golpe per giustificare ancora più massicci attacchi contro Tripoli.
Questa dichiarazione fu contestata dal mondo intero, impegnato con ONU e Unione Europea a cercare una soluzione pacifica della guerra civile. Persino Russia e Francia, storici alleati del maresciallo di Bengasi, lo biasimarono. Tanto che il Cremlino impose una tregua durata poche ore come sempre…
Ecco perché la posizione dei leader politici della Cirenaica assume una valenza determinante che dovrebbe indurre Haftar a tornare a sedersi al tavolo dei colloqui di pace per un Consiglio di Presidenza come auspicato dalla Conferenza di Berlino.
I RUSSI LASCIANO LE ZONE DEL CONFLITTO
Anche perché le stesse forze militari russe, presenti in Libia in via non ufficiale con i contractors Wagner, da giorni si sono allontanate da Tripoli e dalle zone di conflitto in un evidente gesto di ritirata che dovrebbe indurre LNA a fare lo stesso.
«Negli ultimi due giorni, le forze dell’LNA si sono ritirate da alcune posizioni nel sud di Tripoli in quello che hanno descritto come un gesto umanitario. Le forze alleate del governo internazionalmente riconosciuto sono rientrate in alcune di quelle aree» aggiunge MEMO
«I combattenti russi alleati dell’LNA si sono ritirati con le loro pesanti attrezzature dalla capitale all’aeroporto di Bani Walid, una città a circa 150 km (93 miglia) a sud-est di Tripoli, ha dichiarato Salem Alaywan, sindaco di Bani Walid. Ha detto a Reuters che i russi erano stati portati dalla Libia occidentale a Jufra, un remoto distretto centrale e roccaforte dell’LNA» si legge ancora su Middle East Monitor.
Il portavoce dell’LNA Ahmed Mismari ha sempre negato che gli stranieri stessero combattendo con il loro esercito (supportato anche da mercenari sudanesi e ciadiani). Ma la presenza dei contractors russi è stata ampiamente documentata da diplomatici e giornalisti.
Inoltre «lunedì l’esercito libico (GNA – ndr) ha ripreso la strategica base aerea di Al-Watiya. E’ seconda solo all’aeroporto internazionale di Mitiga. Era stata catturata nel 2014 da Haftar, che la usò come quartier generale per attacchi al governo legittimo» scrive ancora MEMO dando la notizia di 12 bombardamenti compiuti dall’artiglieria LNA contro l’aeroporo di Mitiga, come riferito dall’agenzia Anadolu, da prendere con cautela visto che è del governo turco.
Era stato il comandante della forza aerea di Bengasi, Saqr al-Jaroshi, ad annunciare nei giorni scorsi “la più grande campagna aerea nella storia della Libia” potendo contare su 8 caccia bombardieri (6 MiG-29 e 2 Su-24) in precedenza in dotazione all’aviazione russa.
LA MINACCIA DEI JIHADISTI IN ITALIA E IN EUROPA
Queste notizie sono sicuramente positive nell’ottica di un’evoluzione pacifica del conflitto libico, che ha reso finora ingestibili i flussi migratori verso l’Italia, una delle fonti di guadagno dei clan tribali affiliati ai due contrapposti eserciti, ma sono terribili sul fronte del radicamento dei Jihadisti vittoriosi a fianco di GNA di Al Serray.
I pericolosi e feroci mercenari turchi sono stati reclutati da Ankara con stipendi faraonici per il Medio Oriente da 2mila dollari al mese grazie al supporto economico del ricchissimo Qatar in una stretta alleanza tra Fratelli Musulmani.
In queste forze paramilitari, come dimostrato dell’intelligence di Haftar, operano almeno 229 ricercati internazionali per terrorismo di matrice jihadista come esponenti di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) l’organizzazione dichiarata terrorista dall’ONU che controlla la provincia di Idlib in Siria grazie al supporto militare e finanziario della Turchia.
Proprio nei giorni scorsi LNA ha segnalato l’imbarazzante presenza di sei di questi criminali affiliati ad Al Qaeda nell’ospedale da campo dei Bersaglieri dell’Esercito Italiano a Misurata, vicino a Tripoli.
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Il rischio è quindi quello che accada quanto già verificatosi in Ucraina dove ai miliziani ceceni dell’ISIS, giunti a combattere a fianco della Guardia Nazionale GNU e delle milizie neo-naziste del Battaglione Azov nella guerra civile del Donbass, l’ex presidente Petro Poroshennko concesse in premio la cittadinanza Ucraina, preziosissima per i viaggi più facili in Europa.
Non è pertanto arduo immaginare che un domani il governo di Tripoli potrebbe regalare una cittadinanza libica o un biglietto di sola andata verso l’Italia e gli altri paesi dell’Unione Europea, ai Jihadisti filo-turchi che rischiano di trovarsi senza stipendio nel caso di una cessazione delle ostilità.
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Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani le fazioni Divisione al-Mu’tasim, Sultan Murad, Brigata Suqur Al-Shamal, Al-Hamzat e Suleiman Shah, sostenute dalla Turchia, hanno finora perso nelle operazioni militari 318 combattenti, tra cui 18 ragazzi di età inferiore ai diciotto anni.
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Come riferito in precedenza da Gospa News, invece, almeno 200 sono arrivati in Italia lasciando la Libia dopo aver disertato le milizie o per qualche missione segreta del pericolosissima intelligence MIT di Ankara come già avvenuto in passato con l’organizzazione dei viaggi di terroristi ISIS. Ma intorno a Tripoli restano altri 4mila jihadisti, a sole 260 miglia dalla Sicilia…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – JIHADISTS REPORTS
MEMO – EAST LIBYA-BASED PARLIAMENT REJECTS HAFTAR’S COUP
MEMO – RUSSIANS EVACUATED FROM WESTERN LIBYA
MEMO – HAFTAR MILITIAS STRIKE MITIGA AIRPORT
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