LE BALLE DEL MINISTRO “MALAFEDE”
UN ITALIANO SU TRE RINUNCIA
A CHIEDERE GIUSTIZIA:
PER IL GUARDASIGILLI BONAFEDE
I MAGISTRATI NON HANNO COLPE…
MA A MESSINA S’INDAGA SUI PM
PER I DEPISTAGGI NELL’INCHIESTA
SULLE STRAGI DI VIA D’AMELIO
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Se un italiano su tre rinuncia a chiedere giustizia, se sette su dieci non credono nel sistema giudiziario la colpa non è della magistratura perché “lavora benissimo”. E’ del sistema, delle politiche di governo e, perché no, magari degli alieni che sono i veri responsabili delle scie chimiche con cui fanno calare torpore ed accidia sui Palazzi di Giustizia… Parla poco ma quando parla perde un’occasione per stare zitto. Con il commento postato su Facebook il responsabile del Dicastero di Grazia e Giustizia si è guadagnato il facile nomignolo di ministro “malafede”.
L’attuale Guardasigilli in quota cinquestelle, al secolo avvocato Alfonso Bonafede, dimostra infatti di non essere assolutamente in buona fede nel momento in cui commenta il rapporto drammatico del Censis sulla sfiducia totale nel sistema giudiziario che perdura ormai da anni e difende la magistratura proprio mentre a Caltanisetta si sta celebrando il processo a tre poliziotti per i depistaggi nelle indagini sulla strage di via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Un quinto processo sulla stessa vicenda per «uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana» come fu definito dai giudici della sentenza del Borsellino quater.
DEPISTAGGIO SULL’ATTENTATO A BORSELLINO: INDAGATI DUE PM DEL POOL
Il ministro loda le toghe proprio mentre i magistrati nisseni hanno inviato tutti gli atti sulle indagini deviate alla Procura generale della Corte d’Appello di Messina perché risponda ad inquietanti quesiti: «Com’è possibile che i magistrati non si siano accorti di quello che stava accadendo? Le tesi investigative proposte sono state accettate da schiere di magistrati, sia giudicanti che inquirenti».
Se Bonafede non facesse l’avvocato si potrebbe pensare che è anche lui un totale sprovveduto ed inesperto come altri ministri pentastellati, ma il neo ministro bazzicava nei Tribunali e di certo avrà letto i fatti di cronaca giudiziaria che in più di una inchiesta hanno visto finire in galera suoi colleghi, commercialisti ma anche molti magistrati accusati di prendere mazzette per aggiustare sentenze…
Accecato dalla smania di protagonismo, dall’infelice dialettica politica ma ancor più dalla volontà di ossequiare quella casta delle toghe che non ha certo bisogno di iniezioni di autostima poiché ogni settimana, se non ogni giorno, dà prova di sentirsi unica depositaria dell’etica umana, il nuovo ministro si dimostra subito in malafede. Fa sospettare di essere un oliato ingranaggio di quel sistema che ha portato la giustizia al tragico risultato per cui nel 2018 ben 15,6 milioni di persone hanno rinunciato ad intraprendere azioni legali per sfiducia nei Tribunali.
Si presenta come un paggetto degli alti-togati cui preme innanzitutto di essere reverente e deferente: come lo è stato borbottando qualche sommessa parola di dissenso nel momento in cui dal Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura per la nomina del vicepresidente è uscito “trombato” dai magistrati di sinistra il candidato laico (quindi non politico) proprio del Movimento 5 Stelle, sostenuto persino dal mitico Piercamillo Davigo, a vantaggio del piddino David Ermini su cui si è diviso il consesso del Csm che in precedenza aveva sempre eletto il vice all’unanimità.
Come si è spaccato lo stesso organismo di controllo dei magistrati proprio l’altro giorno sulla querelle tra il procuratore capo torinese Armando Spataro e il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Un altro episodio che evidenzia quanto la cata delle toghe si senta al di sopra del popolo in nome del quale è chiamata ad agire ma anche degli stessi governanti: finchè questi non sono coartati in logiche immensamente più grandi come quelle che attengono gli intrecci della diabolica triade italica mafia-massoneria-007 che pare aver tessuto le trame dei depistaggi sul Delitto Borsellino come su quello di Aldo Moro.
Una strage, quella di via Fani, in merito alla quale, alcuni mesi fa, la Commissione bicamerale d’Inchiesta ha depositato la relazione conclusiva sintetizzabile in una frase pronunciata da uno dei relatori in una recente conferenza di cui ho dato notizia: «un sarcofago di menzogne di Stato». Anche in questo caso, come hanno fatto i giudici di Caltanisetta sulla strage di via D’Amelio, viene da chiedersi: «Com’è possibile che i magistrati non si siano accorti di quello che stava accadendo?».
Domande inquietanti. Quesiti pesanti che dovrebbe essersi posto anche l’attuale Guardasigilli visto che stiamo riferendo di fatti apparsi reiteratamente sulle cronache dei quotidiani dell’ultimo anno e non di dieci anni fa. Dov’era il ministro Bonafede? Forse all’estero? Basta retorica per cortesia. Ne abbiamo trangugiata tanta nella Prima e Seconda Repubblica prendendo lezioni di dialettica da democristiani, socialisti e pseudocomunisti cerchiobottisti: ma almeno loro sapevano incantare con frasi in latino e citazioni di filosofi greci minori.
Posso comprendere che un neoministro debba essere animato dall’entusiasmo. Posso capire che un avvocato debba affrontare un incarico così delicato e importante con prudenza e ottimismo e non nutra il pessimismo e la diffidenza verso la casta delle toghe che può avere un giornalista, come chi scrive, che in quei palazzi ha visto schifezze inguardabili e inenarrabili con cui si potrebbe riempire due libri capaci di spalancare subito le porte di una galera. Ma dovrebbe almeno avere l’accortezza di non scrivere frasi come quella del post su Facebook: «Un italiano su tre negli ultimi due anni ha rinunciato a far valere i suoi diritti. Non ha voluto varcare la soglia di un tribunale per i costi troppo alti, la lunghezza dei tempi e la scarsa fiducia nella magistratura (non per colpa della magistratura che, chiariamolo subito, lavora benissimo) e nel sistema giustizia».
Ehnnò caro ministro “malafede”! La magistratura non lavora benissimo: alcuni magistrati lavorano benissimo, altri bene, altri in modo sufficiente, altri malamente, altri ancora sono lazzaroni ed altri proprio delinquenti, per ideologia o corruzione.
Tocca a lei, quale Guardasigilli della Repubblica Italiana, garantire al popolo la tutela dei diritti costituzionali. Tocca a lei attivare tutte le procedure ispettive e non per distinguere agnelli dai caproni. Tocca a lei proporre una riforma della giustizia e soprattutto del Csm perché oltre al senso del diritto nelle aule ritorni il senso della legalità, della giustizia ma soprattutto il buonsenso. Non solo le tocca ma tutti noi la riteremo responsabile se non lo farà. Non può sperare di ricondurre gli italiani a credere nella giustizia raccontontando solenni balle come quelle che la magistratura lavora “benissimo”.
Troppo facile prendersela col sistema, coi tempi lunghi quando molti magistrati nei mesi di dicembre, luglio ed agosto si fanno quasi tre mesi di vacanza e le udienze vengono sospese per la pausa invernale ed estiva. Troppo facile accusare «le politiche suicide dei governi precedenti».
Ci mancava soltanto che accussasse anche i marziani o la vittima sacrificale per eccellenza, quel Silvio Berlusconi che avendo fatto troppe marachelle ha intasato la giustizia italiana di procedimenti impedendo così ai poveri oberatik magistrati di riuscire a dedicarsi con sufficiente attenzione e solerzia a scoprire i mandanti delle stagi per Moro, Dalla Chiesa, Chinnici, Falcone e Borsellino. Servitori e martiri dello Stato isolati ed a volte traditi proprio da magistrati.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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