CRIMINI DI GUERRA & INGANNI. Corte Penale contro Putin! Impuniti Alleati NATO: Nazisti Ucraini e Macellaio Bosniaco Generale di Jihadisti
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Dopo 8 anni di apertura di un procedimento non c’è ancora un imputato per il golpe del 2014 a Kiev in cui cecchini mercenari georgiani spararono sulla folla e nemmeno per i massacri nel Donbass filo-russo compiuti dai neo-nazisti del Battaglione Azov.
Un generale bosniaco, leader di una brigata musulmana e poi referente delle forze NATO, accusato di gravissimi crimini contro l’umanità nella remota Guerra dei Balcani è stato arrestato nel 2018 per un brevissimo periodo, tra le proteste di alcuni paesi dell’Alleanza Atlantica, ma da 4 anni è libero a causa di processi fantasma avviati dal Tribunale internazionale. Sono stati interrotti per il Covid-19 e non sono mai ripresi a Sarajevo, dove è considerato un eroe nazionale nonostante esecuzioni fratricide contro gli stessi musulmani.
A tutto ciò si aggiunge l‘incancellabile vergogna della morte nel carcere de L’Aja dell’ex presidente serbo Slobodan Milosevic per un presunto avvelenamento.
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Sono queste le tre enormi travi conficcate nell’occhio della Corte Penale Internazionale che sulla base dello Statuto di Roma dovrebbe perseguire genocidi, crimini di guerra e violazioni contro i diritti umani ma non risulta, almeno dal sito ufficiale, aver mai aperto un fascicolo contro i paesi dell’Unione Europea per i forzosi lockdown imposti per l’emergenza Covid-19: denunciati da molteplici associazioni come da esperti giuristi italiani e stranieri.
Nel mentre ha fatto in tempo a morire il compianto virologo Luc Montagnier che aveva depositato una perizia giurata sull’arma batteriologica SARS-Cov-2 costruita in laboratorio a sostegno di una denuncia sulla pandemia inviata da un’avvocatessa britannica al Tribunale de L’Aja.
Invece la CPI (ICC in inglese) è stata sollecita nell’aprire un’inchiesta sulla situazione in Ucraina il 28 febbraio 2022, ovvero quattro giorni dopo l’inizio dell’operazione militare dell’Esercito Russo, sebbene il paese dell’Ex Unione Sovietica non abbia aderito formalmente allo Statuto di Roma, trattato che legittima l’azione del tribunale internazionale.
Nonostante tutte queste anomalie, e non ci sia nemmeno ancora un’accusa formale contro Vladimir Putin per la sua missione di de-militarizzazione e de-nazificazione del regime di Kiev insediatosi dopo il sanguinario golpe di piazza Maidan, i media hanno già iniziato un processo per “genocidio” privo di sostanza, per i molteplici aiuti e corridoi umanitari offerti da Mosca alla popolazione ucraina, ma anche del minimo fondamento giuridico poiché nemmeno la Russia ha mai aderito allo Statuto di Roma.
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L’ANOMALIA GIURIDICA DELLA QUESTIONE UCRAINA
«L’Ucraina non è uno Stato parte dello Statuto di Roma, ma ha esercitato due volte le sue prerogative per accettare la giurisdizione della Corte sui presunti reati previsti dallo Statuto di Roma che si verificano sul suo territorio, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, dello Statuto» si legge sul sito ufficiale CPI.
Va rilevato che anche gli USA non aderiscono alla Corte Penale Internazionale e pertanto gli appelli alle inchieste per genocidio lanciati dal presidente americano Joseph Biden, nonostante persino gli analisti obiettivi di geopolitica rilevino totalmente insussistente tale accusa, sono privi di qualsivoglia valenza sotto il profilo giuridico.
«La prima dichiarazione presentata dal governo ucraino ha accettato la giurisdizione della CPI in relazione a presunti crimini commessi sul territorio ucraino dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014. La seconda dichiarazione ha esteso questo periodo di tempo a tempo indeterminato per comprendere i presunti crimini commessi in tutto il territorio dell’Ucraina dal 20 febbraio 2014 in poi» aggiunge CPI.
In pratica il regime golpista di Kiev ha chiesto di indagare sui comportamenti dei ribelli delle Repubbliche separatiste filo-russe di Donetsk e Lugansk nonostante siano stati gli abitanti di queste regioni del Donbass, ricco di gas e petrolio, ad aver subito 14mila morti, tra cui 500 bambini, in un massacro condotto dai neonazisti ucraini che davvero odora di genocidio, come lo ha definito Putin.
Mentre «Il 28 febbraio 2022, il procuratore della CPI ha annunciato che avrebbe chiesto l’autorizzazione ad aprire un’indagine sulla situazione in Ucraina, sulla base delle precedenti conclusioni dell’Ufficio emerse dal suo esame preliminare, e comprendente eventuali nuovi presunti reati rientranti nella giurisdizione della Corte».
La vicenda è quantomeno sospetta. Per 8 anni la magistratura internazionale de L’Aja ha dormito sonni tranquilli sugli eccidi quotidiani nel Donbass ma appena il Cremlino interviene per proteggere le repubbliche alleate dopo averne riconosciuto l’indipendenza, scatta subito un solerte procedimento. Vedremo più avanti nel dettaglio la situazione.
IL MACELLAIO BOSNIACO ANCORA LIBERO
Analoga solerzia e rapidità non risulta invece essere stata espletata nella trattazione di due questioni di gravissima rilevanza come la denuncia di tentativi di avvelenamento del presidente serbo Slobodan Milosevic e il processo all’ex generale Atif Dudakovic, l’ex comandante del Quinto corpo dell’Esercito bosniaco, che è stato messo sotto processo insieme a 16 dei suoi soldati per crimini contro l’umanità, tra cui oltre 300 omicidi di civili e la distruzione di Chiese serbo-ortodosse.
Come mai? Forse perché il serbo era considerato nemico della NATO mentre il bosniaco era uno stretto collaboratore delle Forze Armate dell’Alleanza Atlantica?
Con questa breve ma significativa inchiesta cercheremo di dimostrare che la Corte Penale Internazionale non è altro che uno dei tanti strumenti pilotati dal Nuovo Ordine Mondiale per decretare l’eliminazione sociale (o fisica) o la libertà di statisti e comandanti implicati nei conflitti internazionali.
«È trascorso più di un anno da quando i processi su larga scala per crimini commessi durante la guerra in Bosnia sono stati sospesi presso il tribunale statale di Sarajevo a causa delle misure di sicurezza per arginare la pandemia di coronavirus e non vi è alcuna indicazione di quando potrebbero riprendere, ha appreso BIRN. Le udienze nei casi che coinvolgono cinque o più imputati non sono state programmate perché il tribunale bosniaco afferma di non avere spazio per tenere i processi in sicurezza, anche dopo che i separatori di plastica sono stati installati nell’aula più grande per ridurre la possibilità di infezioni».
Ha scritto Adam Muslimovic su BalkanInsight in un articolo del 15 marzo 2021. Da allora la ricerca nell’archivio non produce più risultati aggiornati.
«Sappiamo che si tratta di un processo di lunga durata, ulteriormente trascinato da ciò, ma per il momento non abbiamo altra soluzione che attendere che la situazione si stabilizzi» dichiarò il giudice Minka Kreho, presidente della Sezione Criminalità del Tribunale statale bosniaco.
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Vanno però rilevate due macroscopiche anomalia nel processo contro Dudakovic. In primo luogo è stato accusato di crimini contro l’umanità nonostante sia accusato di 300 omicidi commessi ai danni di serbi, croati e bosniaci ribelli durante il periodo di guerra che avrebbero potuto configurare come crimini di guerra.
In secondo luogo il Tribunale de L’Aja ha consentito la celebrazione delle udienze a Sarajevo dove la popolazione bosniaca lo venera come un eroe e dove persino il governo è giunto in suo soccorso.
IL FINANZIAMENTO GOVERNATIVO AGLI IMPUTATI
«Nel suo bilancio per quest’anno, il Ministero degli Affari dei Veterani del Canton Sarajevo ha stanziato 450.000 marchi bosniaci (230.000 euro) per aiutare a pagare gli avvocati degli imputati per crimini di guerra, mentre 250.000 marchi bosniaci (128.000 euro) sono stati stanziati per il finanziamento non -organizzazioni governative coinvolte in progetti che forniscono assistenza legale agli ex soldati accusati dell’Esercito della Bosnia ed Erzegovina ed ex ufficiali del Ministero degli Affari Interni della Bosnia ed Erzegovina».
Il ministero degli Affari dei veterani nell’aprile 2019 dichiarò a Balkan Insight che lo stanziamento di un totale di circa 358.000 euro per assistere gli imputati non significava che il cantone di Sarajevo giustificasse i crimini commessi da membri delle forze armate.
«Riteniamo che tutti dovrebbero essere processati per le loro azioni, ma vogliamo aiutare gli accusati e le loro famiglie a difendersi dalle accuse in modo dignitoso e prevenire revisioni e distorsioni di fatti storici sull’aggressione contro la Bosnia Erzegovina, che è stata anche stabilito dal Tribunale dell’Aia» affermò il ministero.
Gli avvocati che si occupano di casi di crimini di guerra davanti al tribunale statale bosniaco hanno affermato che il denaro era necessario e hanno accolto favorevolmente la decisione delle autorità del cantone di Sarajevo, che è uno dei 10 cantoni che compongono l’entità della Federazione bosniaca e croata del paese.
Vasvija Vidovic, un avvocato che ha rappresentato gli ex soldati dell’esercito bosniaco presso il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e il tribunale statale bosniaco, ha affermato che gli imputati si trovano in situazioni finanziarie difficili perché i processi sono lunghi e molto costosi.
Perché stupirsi se il processo diventa fantasma con lo scoppio della pandemia?
La legge bosniaca sui procedimenti penali della Bosnia ed Erzegovina afferma che sei mesi dopo l’ultima udienza, le parti del procedimento hanno il diritto di chiedere la ripresa del processo, il che causerebbe un problema significativo poiché i procedimenti giudiziari si trascinano già da troppo tempo.
Lejla Covic, un avvocato che rappresenta gli imputati in diversi casi di crimini di guerra, ha affermato che la situazione attuale sta pregiudicando il diritto degli imputati alla giustizia entro un lasso di tempo ragionevole.
«La rapidità e il diritto a un processo efficiente si stanno perdendo, insieme alla qualità del processo, perché lì il procedimento non ha continuità» ha affermato Covic a BIRN. Abbiamo contattato per email l’avvocato per avere aggiornamenti ma non ci ha ancora risposto.
IL GENERALE CRIMINALE NELLA FORZA NATO
Atif Dudaković, nato il 2 dicembre 1953 nel villaggio di Orahova, vicino a Bosanska Gradiška, è un ex generale dell’esercito bosniaco. Prestò servizio nell’esercito popolare jugoslavo (JNA) e insegnò in una scuola di artiglieria a Zara e in un’accademia militare a Belgrado. Durante la guerra in Bosnia, Dudakovic comandò l’enclave di Bihac, circondata e assediata dal 1991 al 1995, come capo del 5 ° Corpo d’Armata. Dopo la guerra divenne Comandante Generale dell’Esercito della Federazione di Bosnia ed Erzegovina e grazie a tale ruolo prese parte attiva allo SFOR della NATO.
La Stabilisation Force (SFOR) è stata una forza multinazionale della NATO dispiegata in Bosnia ed Erzegovina ed incaricata di difendere gli Accordi di Dayton. Il contingente SFOR, che aveva il suo quartier generale a Sarajevo, ha operato nell’arco di circa otto anni con due missioni denominate rispettivamente: “Operazione Joint Guard” (21 dicembre 1996 – 19 giugno 1998) e “Operazione Joint Forge” (24 aprile 1998 – 1º dicembre 2004).
Il contingente SFOR venne ridotto nel tempo, passando da una dimensione di 12000 effettivi del 2002 ad una dimensione di circa 7000 effettivi nel 2004, quando nel corso del summit della NATO tenutosi ad Istanbul ne venne decisa la chiusura e venne sostituito il 2 dicembre dello stesso anno dalla missione Althea dell’Unione europea.
Alla fine del 2004, con il termine dell’operazione “Joint Forge” in Bosnia Erzegovina ed il passaggio delle responsabilità delle operazioni militari dalle forze NATO (SFOR) a quelle della Unione Europea (EUFOR), l’Alleanza Atlantica ha raggruppato tutte le attività NATO nell’area balcanica in un unico contesto.
Nell’aprile 2018, la polizia arrestò Dudakovic e altri dodici sospettati di aver commesso crimini contro l’umanità durante la guerra in Bosnia. Appartenevano tutti al 5 ° corpo dell’esercito bosniaco maggioranza musulmano, che, sotto la direzione di Dudakovic, era responsabile della regione di Bihac.
Erano sospettati di aver commesso atrocità contro civili, inclusi serbi e bosniaci fedeli ad altri leader, e prigionieri bosniaci durante la guerra. Il caso contro di loro si basava su più di 100 interviste a testimoni, filmati e prove di esumazioni. I bosniaci si sono radunati a Sarajevo e hanno portato un grande striscione con la scritta “Eroi, non criminali!” per esprimere il loro sostegno.
L’ARRESTO DELL’AJA CONTESTATO DALLA TURCHIA
Bekir Izetbegovic, membro del Consiglio di presidenza tripartito della Bosnia-Erzegovina, ha reagito all’incidente e ha affermato che accuse simili erano state fatte in precedenza e che i sospetti stavano cooperando con il potere giudiziario, quindi non c’era bisogno di detenzione.
E’ quanto riferì il portale dell’UKID (Uluslararası Kalkınma ve İşbirliği Derneği) ovvero l’ International Development and Cooperation Association, fondata a Istanbul nel 2007, un’organizzazione che serve con l’obiettivo di sviluppare relazioni economiche, sociali, politiche e culturali con i paesi con cui la Turchia è unita nella storia, nella cultura e nel credo di un’ovvia matrice islamica, ispirata a quella dei Fratelli Musulmani, anello di concatenazione tra la politica di altri paesi Islamici Sunniti come il Qatar e la Lobby delle Armi occidentale di paesi NATO quali USA, Regno Unito e Italia.
Esprimendo le sue opinioni sull’argomento, il presidente dell’UKID, l’avv. Zeki Caliskan ha detto: “Abbiamo appreso che il generale Atif Lipovic, uno dei nomi valorosi e simbolici della Bosnia, è stato purtroppo detenuto insieme ai suoi amici. Sono significative queste detenzioni, avvenute prima del grande raduno bosniaco del 20 maggio, a cui parteciperà il nostro presidente Recep Tayyip Erdoğan. È interessante notare che l’incidente è avvenuto dopo le dichiarazioni del presidente francese Macron e del portavoce dell’Unione europea: “Non vogliamo una Turchia efficace nei Balcani”».
Il commento del leader UKID vicino al presidente turco, aperto sostenitore dei Fratelli Musulmani, ritenuti un’organizzazione terroristica in alcuni stati ma di recente supportati anche dalla Commissione Europea attraverso finanziamenti all’Ong Islamic Relief, prosegue analizzando il contesto geopolitico.
«Le potenze straniere sono ansiose di fomentare il paese prima delle elezioni bosniache dell’ottobre 2018. In questo caso, la Turchia ha un grande compito storico. Ci sono passi importanti da compiere per stabilire la solidarietà con il popolo bosniaco amichevole e fraterno e per garantire una pace duratura nella regione. Se la Turchia continua la sua strada con uomini deboli che non riescono a ottenere risultati e con la scrivania, politiche prive di visioni e sbagliate che hanno creato, che non si adattano alle realtà balcaniche, è destinata a una nuova miscelazione della regione e a noi essere esclusi dai Balcani in breve tempo»
L’ESECUZIONE AL GRIDO ALLAH AKBAR NEL CALIFFATO D’EUROPA CIA
Su YouTube continuano a circolare video dei suoi comizi anche più recenti (video 21 luglio 2017) e dei suoi crimini passati (video 22 luglio 2009) mentre gridando Allahu Ekber (declinazione bosniaca di Allah Akbar, ovvero Allah è Grande, slogan di guerra dei jihadisti Al Qaeda e Isis) entra in un villaggio con i suoi militari per commettere un’esecuzione.
Ecco la presentazione di chi ha pubblicato il video su YouTube (poi caricato nel profilo di Gospa News su Rumble per evitare una eliminazione)
«Il criminale di guerra musulmano Atif Dudakovic ordina ai suoi assassini di uccidere due prigionieri di guerra. Questo evento è accaduto il 9 luglio 1994, durante la guerra civile in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995)…luogo: Izacic vicino a Bihac, ad ovest della Bosnia ed Erzegovina. BH-I musulmani della parte occidentale di B&H (la cosiddetta regione autonoma della Bosnia occidentale) volevano una soluzione pacifica per il conflitto politico nell’ex repubblica jugoslava di B&H. I musulmani dell’ARWB non volevano entrare in guerra contro croati e serbi… Ma la pace NON era nell’agenda del regime fondamentalista musulmano BH a Sarajevo occidentale. Pertanto, i fondamentalisti di Sarajevo hanno ordinato brutali attacchi ai loro connazionali nella Bosnia occidentale. Come mostrato in questo video».
Nel precedente paragrafo abbiamo evidenziato una vecchia foto in cui Dudakovic siede accanto alla bandiera NATO e al maggior generale John Kiszely, già alto ufficiale della Guardia Scozzese britannica poi divenuto vice comandante delle operazioni SFOR.
Kiszely ha poi comandato la 1a divisione corazzata (Regno Unito) dal 1996 al 1998, inclusi sei mesi come comandante della divisione multinazionale sud-ovest in Bosnia e ha poi assunto la carica di Assistente Capo di Stato Maggiore della Difesa (Risorse e Piani) nel settembre 1998. Ma ha ottenuto anche la nomina onoraria di Colonnello Comandante del Corpo di Intelligence.
Questo collegamento assume un enorme importanza alla luce del romanzo storico Califfato d’Europa scritto dal super-poliziotto italiano Antonio Evangelista, già comandante del contingente di pace della Polizia di Stato in Bosnia e poi aggregato all’Interpol in Medio oriente.
CALIFFATO D’EUROPA: LA JIHAD IN BOSNIA ARMATA DA SAUDITI E CIA
Il racconto, pur essendo narrato nella forma diplomatica del romanzo, è gravido di reali episodi cruenti, personaggi veri e connessioni facilmente riscontrabili. Da esse emerge la trama di una tremenda operazione militare del contropsionaggio americano Central Intelligence Agency che insieme ai Sauditi avrebbe favorito l’infiltrazione dei guerriglieri jihadisti di Al Qaeda nei Balcani per destabilizzare la regione ed in particolare la Serbia, al fine di contrastare l’influenza della Russia nell’area.
Tale intrigo appare ancora più paese in considerazione alla nascita del movimento Otpor (Pugno chiuso) a Belgrado, un gruppo di attivisti serbi che si opponeva alla presidenza di Slobodan Milošević rivendicando azioni non-violente e pacifiste ma in realtà sperimentando quelle piccole provocazioni di guerriglia urbana con lanci di molotov e scontri con la poliza divenute il modus operandi di CANVAS, il movimento poi finanziato ed utilizzato da George Soros per tutte le rivoluzioni colorate dal Libano alla Siria, dalla Georgia all’Ucraina.
Il cerchio si chiude proprio nella guerra civile contro il presidente siriano Bashar Al Assad nella quale la CIA, grazie all’operazione MOM gestita da Istambul, ha fornito i micidiali missili anti-carro TOW a 21 fazioni estremiste di jihadisti, come svelato dal dossier SETA pubblicato da Gospa News.
Ecco quindi perché Dudakovic, che il traduttore Google traduce Lipovic come se avesse un’impostazione per occultarne il nome nella ricerca, rappresenta un elemento da proteggere nell’ambito NATO: perché è uno dei tanti anelli di congiunzione tra gli estremisti degli eserciti militari regolari, le milizie islamiche e le operazioni di destabilizzazione geopolitica dell’intelligence militare del Deep State o Nuovo Ordine Mondiale.
DOSSIER TURCO: I 21 GRUPPI JIHADISTI FINANZIATI DA USA E CIA: armati coi micidiali missili TOW
In tal senso appaiono evidenti le analogie con le azioni nel Donbass dei neonazisti del Battaglione Azov, inquadrato regolarmente nella Guardia Nazionale Ucraina, dove combattono accanto ai jihadisti ceceni di Sheikh Mansur e, dopo l’invasione della Russia, anche coi tagliagole dell’ISIS reclutati dal presidente ucraino Volodymyr Zelenksy.
LA VERGOGNOSA MORTE DI MILOSEVIC NEL CARCERE ALL’AJA
Sarebbe impossibile ricostruire la storia dell’ex presidente Repubblica Federale Jugoslava (cioè Serbia e Montenegro) Slobodan Milosevic, finito nel mirino degli osservatori OCSE, osservatorio occidentale filo-NATO, dopo aver annullato le elezioni municipali, vinti dalla coalizione d’opposizione Zajedno (Insieme) scatenando enormi manifestazioni popolari a Belgrado progettate da OTPOR-CIA.
Isolato a livello internazionale e interno (il Montenegro non riconosceva più le istituzioni federali), Milošević si ricandidò alle elezioni del 24 settembre 2000, ma venne sconfitto da Vojislav Koštunica, un nazionalista moderato, a capo di tutta l’opposizione, e il 5 ottobre fu costretto, dopo una grande manifestazione con l’occupazione del parlamento, a riconoscere la sconfitta.
Libano-Iraq: i capi religiosi cristiani benedicono i golpe CANVAS di USA-CIA, Sionisti e Sunniti
Su di lui ha certamente pesato l’enorme macchina del fango con cui i media occidentali gli hanno attribuito, sovente ingigantendoli o inventandoli come sta avvenendo in Ucraina, molteplici crimini di guerra non enfatizzati contro il presidente bosniaco Alija Izetbegović, denunciato dai serbi al Tribunale internazionale ma nel frattempo deceduto, sebbene dietro il paravento di una lotta per l’indipendenza etnica e religiosa abbia scritto pagine di sangue di un genocidio sistematico e pianificato identico, se non ancor più efferato.
Ci affidiamo a Wikipedia, certamente più vicino al mainstream che al complottismo anti-atlantista, per la narrazione dei fatti sulla sua cattura e vergognosa morte.
Il primo ministro serbo Zoran Đinđić decise di consegnarlo al Tribunale Penale Internazionale per i Crimini nella Ex-Jugoslavia (l’Aia) il 28 giugno 2001, nonostante la contrarietà di Koštunica e di parte dell’opinione pubblica serba. Milošević non riconobbe la validità legale del tribunale, facendo appello alle leggi del diritto internazionale.
Milošević fu trovato morto nel carcere dell’Aia la mattina dell’11 marzo 2006. La morte dell’ex presidente serbo seguì di pochi giorni quella – avvenuta nello stesso carcere – di Milan Babić, ex-leader dei serbi di Krajina, suicidatosi il 5 marzo 2006 impiccandosi nella cella dove scontava una condanna patteggiata a 13 anni.
Poco prima della morte Milošević aveva espresso timori che lo si stesse avvelenando. Il 12 gennaio 2006, due mesi prima della morte, vi era stato uno scandalo in quanto nelle analisi del sangue di Milošević era stato rilevato l’antibiotico Rifampicin, ordinariamente usato per la tubercolosi e la lebbra e capace di neutralizzare l’effetto dei farmaci che Milošević usava per la pressione alta e la cardiopatia di cui soffriva. Della presenza di tale farmaco nel suo sangue Milošević si era lamentato in una lettera inviata al ministro degli esteri russo.
Il Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex-Jugoslavia dispose un’indagine sulle cause e le circostanze del decesso. Dai risultati degli esami autoptici sembrò escluso che l’ex leader serbo avesse assunto, negli ultimi giorni prima della morte, il farmaco Rifampicin.
Milošević aveva richiesto, nei mesi precedenti la morte, il ricovero presso una clinica specializzata a Mosca senza ottenere l’autorizzazione a recarvisi.
Entro pochi giorni il Tribunale avrebbe dovuto decidere sulla richiesta, avanzata da Milošević, di un confronto in aula con l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e con Wesley Clark, il generale statunitense che aveva guidato l’intervento NATO contro la Jugoslavia nel 1999.
La morte di Milošević – che dopo anni di processo aveva ormai esaurito i quattro quinti del tempo a disposizione per la sua difesa – precedette di qualche mese la data presumibile della conclusione del processo a suo carico e mise in grave imbarazzo il Tribunale, che il 14 marzo 2006 estinse ufficialmente l’azione penale e chiuse senza una sentenza il più importante processo per il quale era stato istituito.
Il procuratore generale della Corte dell’Aia Carla Del Ponte in un’intervista al quotidiano la Repubblica avrebbe sostenuto che la morte di Milošević rappresentò per la sua attività “una sconfitta totale”. La stessa Del Ponte ha però poi sottolineato che quanto scritto da Repubblica è privo di fondamento, smentendo di aver mai pronunciato quella frase (si veda ad esempio l’intervista pubblicata dal quotidiano tedesco Die Zeit il 15 dicembre 2011,[29]”).
Michail Gorbačëv ha accusato il TPI di aver compiuto un “grave errore” non consentendo il ricovero in una clinica russa, giudicando “piuttosto inumano” il comportamento dei giudici. Borislav Milošević, fratello dell’ex leader serbo, ha incolpato della sua morte il TPI: “L’intera responsabilità di quanto è accaduto è del Tribunale penale internazionale”. Ivica Dačić, membro dell’SPS, ha detto che “Milošević non è morto al Tribunale dell’Aia, ma è stato ucciso presso il Tribunale”.
LOBBY ARMI – 2: LOSCHI AFFARI SIONISTI CON NEONAZISTI, ISLAMISTI E L’INDIA NUCLEARE
LA CONDANNA SENZA PROCESSO DI PUTIN
Una narrativa mediatica densa di esasperazioni e fake-news ancor più feroce e spietata di quella già attuata nella Guerra dei Balcani si sta perpetrando sulla Guerra In Ucraina dove i giornalisti pagati da editori vicini alla NATO stanno cercando di dipingere lo Zar di Russia Vladimir Putin forse ancora peggio di Milosevic mentre giustificano qualsiasi propaganda di odio e di violenza da parte del presidente ucraino Zelensky.
Il capo di stato, infatti, non ha ricevuto la minima censura dopo la brutale esecuzione dei uno dei negoziatori di pace della delegazione di Kiev da parte dei Servizi di Sicurezza Ucraini SBU. E nemmeno dopo il filmato, accreditato dal New York Times, di prigionieri russi legati ammazzati con un colpo in testa da soldati dell’esercito di Zelensky
GIALLO A KIEV. Negoziatore di Pace con la Russia Ucciso dai Servizi di Sicurezza Ucraini SBU
«Ci sarà anche un magistrato italiano tra i giudici chiamati a giudicare i crimini di guerra di cui è accusato Vladimir Putin. Il giudice Rosario Salvatore Aitala è nel collegio di togati della Corte penale internazionale scelto per occuparsi della guerra in Ucraina, assieme a Antoine Kesia-Mbe Mindua e Tomoko Akane».
E’ quanto scrive il sito RAI News, ovvero la tv nazionale di stato, evitando accuratamente di rimarcare che l’inchiesta appena avviata il 28 febbraio dovrà analizzare «l’ambito della situazione comprende qualsiasi accusa passata e presente di crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio commessi in qualsiasi parte del territorio di Ucraina da qualsiasi persona dal 21 novembre 2013 in poi» come si legge sul sito ufficiale CPI.
E pertanto potrebbe mettere sul banco degli imputati anche Zelensky, il suo predecessore Petro Poroshenko e Arsen Avakov, l’ex Ministro dell’Interno di Kiev alle cui dipendenze dirette opera la Guardia Nazionale Ucraina, responsabile dell’assassinio brutale del giornalista italiano Andrea Rocchelli per il quale è stato assolto l’esecutore materiale per un cavillo giuridico, dentro alla quale agisce il Battaglione Azov, denunciato da Amnesty International ma non ancora perseguito dalla Corte Penale Internazionale.
«Ex funzionario di polizia, 54 anni, Aitala insegna diritto internazionale alla Luiss ed è convinto, come ha scritto nel suo ultimo libro, che il diritto internazionale sia “un modo di guardare il mondo” e diventare “testimoni di crimini che invocano giustizia”. Crimini che il procuratore capo della corte Karim Khan ha voluto toccare con mano andando in visita a Bucha, la città simbolo della furia russa, dove sono stati massacrati centinaia di civili. “L’Ucraina è una scena del crimine – sono state le sue parole – Siamo qui perché abbiamo motivi ragionevoli per credere che vengano commessi crimini all’interno della giurisdizione del tribunale. Dobbiamo dissolvere la nebbia della guerra per arrivare alla verità”».
Aggiunge RAI News che su Bucha non accetta letture differenti proprio come ha fatto il Parlamento Europeo, tacitando l’eurodeputata Francesca Donato quando chiese un’investigazione internazionale per verificare le denunce dei russi su una operazione false-flag delle milizie di Kiev contro i suoi stessi cittadini per incolpare l’esercito di Mosca.
Come ha fatto anche l’ONU espellendo la Russia dal Consiglio dei Diritti Umani prima di consentire ai diplomatici del Cremlino di fornire la loro versione dei fatti.
La sentenza CPI è già scritta dai burocrati internazionali scelti dal Nuovo Ordine Mondiale con cui NATO USA, CIA e George Soros condizionano la geopolitica: scegliendo quali sono crimini di guerra e quali non lo sono per influenzare l’opinione pubblica.
Ancor più confusa di prima dopo che è stata costretta a credere ad una pandemia scatenata da un virus costruito in laboratorio e all’unica narrazione ufficiale sull’efficacia dei sieri genici sperimentali antiCovid, meno efficaci dell’immunità naturale e pericolosi. Dietro ai quali speculano gli stessi azionisti della guerra in Ucraina.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
BALKAN INSIGHT – DUDAKOVIC TRIAL
BALKAN INSIGHT – WAR CRIMES SUSPECT DEFENSE
WIKIPEDIA – MILOSEVIC MORTO IN CARCERE
RAI NEWS – CORTE PENALE INTERNAZIONALE PER PUTIN
GOSPA NEWS – DOSSIER LOBBY ARMI
GOSPA NEWS – REPORTAGES ZONE DI GUERRA
GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE
GOSPA NEWS – REPORTAGES JIHADISTI
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