TERRORISTI MANIPOLATI DALLA NATO. La Francia difende i Brigatisti. Gli Scandinavi consegneranno Curdi Innocenti alla Turchia
In copertina l’omicidio del commissario Luigi Calabresi ordinato da uno dei terroristi protetti dalla Francia e il presidente turco Erdogan protetto dalla Nato insieme ai mercenari jihadisti che usa per commettere crimini di guerra in Siria
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
La Terza Guerra Mondiale non è una necessità solo della Lobby delle Armi. E’ un impellente bisogno che ha l’umanità per rivoltare come un calzino sporco le vergogne mondialiste che la NATO sta perpetrando da decenni ed il Nuovo Ordine Mondiale, che l’ha creata, da secoli.
E’ quanto viene facile affermare mettendo insieme due notizie: il rifiuto della Francia di consegnare all’Italia i terroristi delle Brigate Rosse e di Lotta Continua, tra cui il mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ed il consenso di Svezia e Finlandia a consegnare gli attivisti Curdi perseguitati al regime della Turchia governato dal dittatore Recep Tayyp Erdogan che sta facendo stragi in Siria grazie alla protezione dell’Alleanza Atlantica.
Nella Francia della Rivoluzione Francese sono state ghigliottinate anche inermi vecchiette solo perché aristocratiche e cristiane al grido ipocrita di “Liberté, Égalité, Fraternité” costruito a tavolino dagli Illuminati di Baviera insieme ai massoni britannici desiderosi di indebolire la monarchia francese.
Nell’Italia del Risorgimento la Spedizione dei Mille finanziata ancora dai massoni britannici ha cancellato il Regno delle Due Sicilie e annullato il potere dello Stato Pontificio.
Durante la Seconda Guerra mondiale la Legione Straniera Francese composta in gran parte da islamici magrebini ha dato alla Ciociaria e al centro Italia un assaggio di crimini di guerra impuniti, fatti di stupri di donne e bambine e divenuti famosi come le Marocchinate. Ad esse si sono probabilmente ispirati i femminicidi partigiani compiuti persino in tempo di pace dopo la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista del 25 aprile 1945.
Le Brigate Rosse sono state utilizzate dalla strategia del terrore per giustificare operazioni come Gladio (Stay Behind) gestite da paesi NATO con il predominio dei servizi segreti di Regno Unito e USA che in precedenza, tramite l’OSS (vecchio nome del controspionaggio americano Central Intelligence Agency), avevano stretto patti scellerati con sanguinari mafiosi come Lucky Luciano e Vito Genovese.
Proprio per questo il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, che ha fatto arrestare molti brigatisti comunisti e molti mafiosi, è stato giustiziato in un agguato ben organizzato come quelli compiuti con esplosivi militari nei confronti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Per giustificare l’invasione dell’Afghanistan la CIA ha permesso ai Sauditi di creare un’organizzazione terroristica jihadista come Al Qaeda che è stata fondamentale per creare il Califfato d’Europa in Bosnia e gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York, agevolati proprio dai depistaggi dell’intelligence americana contro le indagini della FBI.
Per giustificare la guerra in Siria l’amministrazione Obama-Biden ha armato coi potenti missili anti-carro TOW organizzazioni di estremisti islamisti che hanno poi fatto arrivare tali armamenti all’ISIS, creato dal califfo Al Baghdadi dopo essere stato liberato per amicizia dagli americani. L’intelligence irachena lo ha sempre accusato di essere un agente della CIA e del Mossad, il potente controspionaggio di Israele.
Per agevolare i traffici di petrolio ed esseri umani in Siria il presidente turco Erdogan ha armato e protetto HTS, la nuova formazione nata sulle ceneri di Al Nusra, costola siriana di Al Qaeda finanziata dai Fratelli Musulmani del Qatar, dove opera una delle più importanti basi aeree dei paesi NATO nel Golfo Persico.
La Turchia, grazie all’intelligence MIT, ha arrestato e poi liberato, sotto l’obbligo di diventare mercenari, pericolosissimi comandanti di ISIS ed Al Qaeda grazie ai quali sta compiendo la sostituzione etnica dei Curdi nel Rojava, il Nord Est della Siria, invaso dai carri armati turchi con il placet silenzioso della NATO.
Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha reclutato dei combattenti dell’ISIS da affiancare al battaglione di jihadisti ceceni Sheikh Mansur che dal 2014 combatte nel Donbass e nelle cui fila ci sono paramilitari addestrati dallo Stato Islamico in Siria ed Iraq.
Ecco perché assume la valenza di un tremendo ricatto la richiesta della Turchia dell’estradizione degli attivisti Curdi rifugiatisi nei paesi scandinavi in cambio del consenso all’ingresso nella NATO di Finlandia e Svezia.
I GIORNALISTI CURDI PERSEGUITATI DALLA TURCHIA
«La Turchia mette fine al veto per l’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia. A farne le spese sono i curdi: la richiesta esplicita del presidente Erdogan è l’estradizione di 45 persone residenti nei due Paesi Scandinavi» scrive TGCOM24.
I tre ministri degli Affari Esteri hanno firmato l’accordo in dieci punti che cede alle richieste del premier turco. Istanbul ha anche imposto a Svezia e Finlandia il divieto di sostenere il popolo curdo in ogni sua forma.
Secondo la Turchia, i 45 curdi appartengono a gruppi terroristici come il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), alla milizia YPG (i combattenti che in Siria hanno sconfitto l’Isis) e al PYP (gli eroi di Kobane che controllano Rojava).
Il quotidiano turco Hurriyet ha pubblicato la lista completa dei nomi. Sono 12 le persone attualmente in Finlandia e, secondo Erdogan, sei appartengono al PKK e quattro al FETO (movimento di Fethullah Gülen, ex alleato del presidente turco e oggi considerato dissidente). Sarebbero 33 invece i curdi residenti in Svezia che Istanbul vuole estradare. Però tra i nomi figurano anche giornalisti, insegnanti, ricercatori, che hanno paura di tornare in Turchia ed essere condannati.
Ad esempio l’unica colpa di Bülent Kenes, Levent Kenez e Hamza Yalçın è l’aver pubblicato articoli critici nei confronti di Erdogan. Anche Bülent Keneş, direttore Today’s Zaman, è da tempo nel mirino del presidente turco.
Murat Çetiner è un esperto di cyber security, Mehmet Filiz fa il ricercatore universitario. Poi ci sono Sezgin Cirik, Osman Yagmur e Delil Acar : giovani accusati qualche anno fa di aver provato ad appiccare il fuoco davanti l’ambasciata turca ad Helsinki.
Nella lista c’è anche Musa Doğan , attivista condannato in Turchia nel 1993 all’ergastolo per aver partecipato a numerose manifestazioni. Oltre a Mehmet Demir, ex co-sindaco di una città dell’Anatolia del sud, costretto a fuggire dalla Turchia per le sue origini curde.
Poi Burcu Ser, impiegato in una associazione internazionale per i diritti delle donne. E Zeynel Abidin Karadiş, esperto di machine learning. Tutti costoro adesso rischiano di dover fare i conti con la giustizia turca.
GLI ASSASSINI BRIGATISTI PROTETTI DALLA FRANCIA
La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi ha negato l’estradizione richiesta dall’Italia per i 10 ex terroristi arrestati nell’ambito dell’operazione ‘Ombre rosse’ nell’aprile 2021, tra cui l’ex militante di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, condannato in Italia come uno dei mandanti dell’omicidio del commissario Calabresi. Per Irène Terrel, storica legale degli ex terroristi italiani rifugiati in Francia, nella sentenza di oggi che nega l’estradizione “sono stati applicati i principi superiori del diritto”, con riferimento al rispetto della vita personale, privata e della salute degli imputati e alle controverse norme del processo in contumacia.
Otto uomini e due donne, che facevano parte delle Brigate rosse e di altri gruppi armati di estrema sinistra, erano oggetto di una lunga procedura di estradizione. I diretti interessati ritengono di essere protetti dalla “dottrina Mitterand”, dal nome dell’ex presidente che si era impegnato a non estradare i militanti se avessero rotto con il loro passato. Il rappresentante legale dello Stato italiano ha affermato che attenderanno le motivazioni dettagliate della Corte.
Giorgio Pietrostefani
, abruzzese di 78 anni, da giovane promettente tennista e con incarichi da dirigente in prestigiose aziende, è forse il nome più noto perché legato a una delle pagine più buie della storia italiana, quella dell’omicidio del commissario di Pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Condannato in via definitiva in Italia come mandante di quel delitto, in Francia ha mantenuto una residenza regolare e ha sempre lavorato, conducendo quella che il suo amico ed ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri ha definito “la vita discreta di un vecchio uomo e nonno”. Di recente sembra avere avuto alcuni problemi di salute, che l’hanno portato anche ad un trapianto di fegato. A Parigi ha incontrato Mario Calabresi, giornalista e figlio del commissario, ma di quel faccia a faccia non è mai stato rivelato il contenuto.
Narciso Manenti, 64 anni, ha trovato in Francia casa, moglie e un lavoro da giardiniere. È stato ritenuto colpevole dell’omicidio a Bergamo, nel marzo 1979, dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, 50 anni, ucciso davanti al figlio 14enne in uno studio medico, dove aveva fatto irruzione con l’intento di sequestrare un dottore che prestava servizio presso gli Istituti penitenziari di Bergamo.
Marina Petrella, 67 anni, ex Br, responsabile in base alle condanne dell’omicidio del generale Galvaligi, lavora oggi per un’associazione che si occupa di problematiche legate agli anziani. Dopo aver sposato il brigatista Luigi Novelli, ebbe una prima figlia in carcere, in Italia; dopo essere scappata in Francia, ne ha avuta un’altra nata da una seconda unione. La prima figlia si è battuta per l’amnistia di sua madre, fin da quando nel 2008 l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy fermò l’estradizione per “ragioni umanitarie”: in quel periodo era ricoverata in gravi condizioni fisiche.
Roberta Cappelli, 65 anni, è impegnata Oltralpe come insegnante di sostegno per bambini disabili; sul suo conto pendono le stesse condanne.
Giovanni Alimonti, 66 anni, accusato del tentato omicidio di un vicedirigente della Digos, ha lavorato come cameriere in un ristorante di Parigi ma ha fatto anche il traduttore.
Maurizio Di Marzio, sessantenne, ex brigatista rosso, oggi fa il ristoratore: il suo nome è legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981, e al tentato sequestro del vicecapo della Digos della capitale Nicola Simone, il giorno dell’Epifania del 1982.
Enzo Calvitti, molisano di 67 anni, ha trovato in Francia una nuova vita grazie alla regola, stabilita negli anni Ottanta dall’allora presidente della Repubblica François Mitterand, di offrire asilo politico ai terroristi rossi in fuga dall’Italia.
Sergio Tornaghi, condannato all’ergastolo per banda armata, anche lui protetto dalla cosiddetta “dottrina Mitterand”.
Raffaele Ventura, 70 anni, ultima residenza Montreuil, nella regione dell’Ile-de-France, condannato per concorso morale nell’omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra.
Luigi Bergamin, 73 anni, terrorista veneto ed ex ideologo dei Pac, che ideò l’omicidio del maresciallo Antonio Santoro e partecipò all’esecuzione di Lino Sabbadin.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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