DALLA MAFIA AGLI STROZZINI: TUTTE LE SCHIAVITU’ DEI MIGRANTI
LA SPIRALE USURAIA PER PAGARE GLI SCAFISTI
NEL TRAGICO DESTINO DEI NUOVI SCHIAVI:
RECLUTATI DALL’ISIS, VENDUTI DALLA MAFIA NERA
SFRUTTATI DAL CAPORALATO CAMORRISTA
ED ORA ANCHE DALLE ONG MICROPRESTITO
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Quelli che sembrano essere viaggi della speranza quando non finiscono in mortali naufragi sono in realtà per i nuovi negrieri una squallida e disumana modalità di business illegali, per i nuovi schiavi la porta verso un inferno spesso peggiore di quello che hanno lasciato. Lo conferma giunge dalla nuova piaga sulle migrazioni che va ad aggiungersi a quelle ormai tragicamente note.
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L’ultima schiavitù è rappresentata dalle Ong dei prestiti: organizzazioni umanitarie che promuovono la fuga verso l’Europa con offerte da tour operator ed includono nel pacchetto anche il finanziamento del costo della traversata del Mediterraneo.
Moltissimi illustri giornalisti si sono domandati perché i migranti mettavano a rischio la loro vita sui barconi spendendo 3-5mila euro a testa quando con 700 euro potevano garantirsi un volo A-R Lagos-Roma dichiarando una gita turistica per un weekend (e quindi garanzia di sostentamento di almeno mille euro) salvo poi far perdere le proprie tracce.
Perché affrontare un avventuroso viaggio via mare quando si può spendere meno comodamente seduti in aereo? Semplice. Sbarcando dalle navi Ong da cui si è stati recuperati appena lontani dalla costa, spesso con la puntualità di un treno metropolitano giapponese, si può godere di un trattamento di assistenza umanitaria che la clandestinità autonoma non garantirebbe.
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In secondo luogo per salire sui gommoni degli scafisti che gestiscono la tratta degli schiavi non servono soldi subito: basta indebitarsi, moralmente o finanziariamente. E chi paga di più ha anche la chance di accaparrarsi con certezza uno dei giubbotti salvagente tanto preziosi nei casi di naufragio come quello avvenuto nei giorni scorsi. Ed è in questo ambito che specula una nuova multinazionale delle migrazioni: quella delle Ong che prestano soldi in una spirale di finanziamenti a catena che possono far schizzare i tassi d’interesse alle stelle fino a farli diventare usurai. Ma vediamo prima di ricapitolare quali sono le organizzazioni criminali che garantiscono la traversata a fronte di una schiavitù immediata. Ogni paragrafo è la sintesi di precedenti articoli con i link di riferimento.
I VIAGGI PREMIO DELL’ISIS PER LA JIHAD A VITA
Come emerso da un documento scoperto da Russia Today Arab a Mosul, in Irak, una delle capitali dello Stato Islamico (Isis o Daesh) fondato dal medico estremista islamico Al Baghdadi, di cui Gospa News fu tra i pochi media a dare notizia in occidente, era prevista una vera e propria lista di premi per i buoni combattenti della Jihad.
Tra questi, oltre all’autovettura per chi riusciva nell’impresa di abbattere un jet nemico, c’era anche l’offerta di un viaggio premio in Europa sui barconi dei migranti: una traversata completamente gratuita con ulteriori incentivi nel caso si riuscisse poi a reclutare, in nave o una volta sbarcati nel Vecchio Continente, un nuovo terrorista cui sarebbero andati subito 1000 dollari come premio di affiliazione. Due benefit che implicavano però una sudditanza a vita alla causa Isis senza ripensamenti: pena l’inevitabile fathwa di condanna a morte come infedele, che non ha nemmeno bisogno di essere messa nera su bianco negli accordi: bastano i video delle decapitazioni ripetutamente diffusi dai fondamentalisti islamici. L’ultimo è di pochi giorni fa e mostra appunto la punizione riservata ad un traditore.
L’ANTICA TRATTA DELLE SCHIAVE NIGERIANE
Secondo il rapporto “Indifesa” di Terre des Hommes l’elevato numero di giovani donne nigeriane che raggiungono l’Italia è un dato consolidato e in costante crescita, sia per quanto riguarda le donne – erano circa 5mila nel 2015, passate a 11mila nel 2016 – sia per quanto riguarda i minori non accompagnati, in larga parte di sesso femminile, passati da 900 a 3040. E’ cominciata in sordina circa trent’anni fa. La gente si accorse del fenomeno non per le notizie sugli sporadici sbarchi di clandestini ma per il cambiamento di colore delle prostitute sui marciopiedi delle metropoli. Da allora quella che erroneamente si credeva essere una gestione in mano a pochi ras di quartiere africani si è rivalata frutto di una precisa strategia di potenti mafie del Continente Nero, in cima a tutti la più antica Black Axe di Benin.
MAFIA NIGERIANA – 2. I SUPER-BOSS NERI NELLA TRATTA DEI NUOVI SCHIAVI
Nei decenni la macchina delle deportazioni delle schiave sessuali si è affinata. Se una volta venivano importate con l’inganno dalla Nigeria e poi violentate in Italia fino allo sfinimento per essere indotte a prostituirsi, oggi il “trattamento educativo” delle nuove schiave avviene nel tragitto tra la Nigeria e la Libia, dove grazie all’uccisione del dittatore Mu’ammar Gheddafi, si sono creati i lager dei migranti in attesa del proprio turno per imbarcarsi. A ciò si aggiungono le minacce di ritorsioni sui parenti in Africa: intimidazioni spesso perpetrate in modo esemplare magari facendo a pezzi una madre davanti ai figli. Da quando la mafia nigeriana è entrata in affari con le organizzazioni malavitose italiane la sua spregiudicatezza è viavia aumentata fino ad arrivare a gestire con impudenza la prostituzione minorile di ragazzine di 12 anni, poco più che bambine. Carne da macello come chi si ribella…
LA TRATTA DI MIGRANTI PER TRAFFICO D’ORGANI
Ogni schiavo delle deportazioni ha una sua utilità. Ce l’hanno anche coloro che cercano di ribellarsi al loro destino: diventano davvero carne da macello perché una volta uccisi possono servire per alimentare il fiorente traffico d’organi che la Polizia italiana ha scoperto esserci in Campania, sul litorale domiziano, grazie ad indagini congiunte con la Fbi americana.
Allo stesso rito vengono sottoposti ragazzini, minorenni o persone che, a differenza delle ragazze, non possono essere impiegate nel meretricio sessuale sulle strade. Castel Volturno, luogo di simbiosi della nuova Mafia Nigeriana e della vecchia Camorra, sarebbe diventata il serbatoio del traffico di organi umani che giungono fino agli ospedali di Atlanta, New York e Chicago. I reni di donne e bambini vengono venduti a 5mila euro, mutilati e uccisi come selvaggina. Dure le dichiarazioni del politico e psichiatra Alessandro Meluzzi: «Una macelleria dell’orrore: donne, uomini e bambini squartati dei loro organi vitali. Nessuna astratta percezione, ci sono prove provate. Militarizzare il territorio è la soluzione”, come già proposto dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. E nei giorni scorsi il Governo ha deciso di inviare 200 militari dell’Esercito per dare manforte alle forze dell’ordine.
MANOVALANZA PER LA MAFIA NIGERIANA
In Europa ed in Italia tutte le attività criminali di bassa manovalanza spaccio di droga, questua, piccole estorsioni e, come già detto prostituzione, sono state cedute dalle mafie autoctone, ormai specializzate nel riciclaggio dei proventi finanziari di decenni, e lasciate in mano, più o meno d’intesa, alla mafia nigeriana che controlla i suoi adepti con intimidazioni e punizioni di violenza inaudita. Spesso non uccide: sfigura, violenta, storpia ma non ammazza. Perché la vittima di una spedizione punitiva, un ragazzo magari sodomizzato per una notte intera con un tubo metallico come avvenuto a Palermo, vale per tutti gli altri come monito ancor più visibile di un cadavere destinato brevemente ad essere dimenticato. I “don” o “chief” come si chiamano in scala gerarchica i boss di Black Axe, Eiye o Maphite, usano anche il voodoo per impressionare i loro gregari e le loro vittime.
Ma più di tutto usano il machete che non ha nemmeno bisogno di munizioni. Dove finiscono tutti quegli immigrati, circa il 70 %, che in Italia ogni anno non ottengono l’asilo politico perché sprovvisti di requisiti non essendo profughi di guerra? Vanno a rimpinguare l’esercito di Cosa Nera, come già è stata ribattezzata in Sicilia dove ha rapporti d’affari con Cosa Nostra. Ma per diventare criminali serve anche una predisposizione di anima, cuore, testa verso la cattiveria. Nonché una certa prestanza fisica. Ecco perché non tutti possono entrare nelle milizie della mafia nigeriana. Che fine fanno quelli che potremmo definire riformati? Ovviamente finiscono in un altro dei rami di sfruttamento delle medesime gestioni malavitose: il lavoro nero nei campi. E’ proprio di oggi la notizia degli arresti per caporalato di immigrati che lavoravano e vivevano in condizioni disumane. Leggiamo quindi direttamente dall’Ansa l’ultima news in merito ad una brillante operazione dello Sco della Polizia di Stato…
MAFIA NIGERIANA – 1. ORA IRRIDE L’ITALIA E SI FA BEFFE DI MONTI E VATICANO
BRACCIANTI AGRICOLI IN CONDIZIONI DISUMANE
ANSA ROMA: «Scoperta a Latina un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento del lavoro ed al caporalato ai danni di centinaia di stranieri impiegati in lavori agricoli in “condizioni disumane”: costretti a lavorare 12 ore al giorno, a fronte di una retribuzione al di sotto della metà di quella prevista dal contratto nazionale, e all’ubbidienza di regole senza la garanzia dei più elementari diritti. Sei gli arresti. La misura cautelare ha raggiunto, tra gli altri, un sindacalista ed un ispettore del lavoro. I braccianti inoltre erano costretti a iscriversi al sindacato. Tra i sei arrestati due donne che reclutavano e sfruttavano stranieri centrafricani e rumeni, tramite una società cooperativa con sede a Sezze (LT), distribuendo illecitamente la loro manodopera a centinaia di azienda agricole che avevano monopolizzato il settore nelle provincie di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo. L’obbligo di iscrizione al sindacato, dietro la minaccia del licenziamento, veniva fatto affinchè quest’ultimo “percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione”. I migranti venivano trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, privi dei più elementari sistemi di sicurezza. Il sistema era retto anche grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell’Ispettorato del lavoro infedeli. Oltre ai sei arrestati, vi sono ulteriori 50 indagati, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale, che avrebbero dovuto vigilare sulla legalità nel mondo del lavoro e tutelare i lavoratori.
L’indagine ha avuto inizio alla fine del 2017, a seguito dei interventi disposti dal Servizio Centrale Operativo nell’ambito dell’operazione ad alto impatto denominata “Freedom”, finalizzata al contrasto del preoccupante fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro. Tali controlli hanno permesso di rilevare la presenza in alcune zone della città, nelle primissime ore della mattinata, di folti gruppi di stranieri in attesa di pulmini per essere trasportati nei campi. I poliziotti hanno potuto accertare che i braccianti provenivano anche dai centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Le indagini di natura patrimoniale hanno portato al sequestro di 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno, 9 autovetture, 36 tra furgoni e camion, 1 società cooperativa, 4 quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro» (Ansa – 17 gennaio 2019). Non è il primo episodio, non sarà ovviamente nemmeno l’ultimo: chi contesta le politiche migratorie volute dai facoltosi mondialisti dell’alta finanza internazionale (da George Soros al Bilderberg fino all’Onu) ritiene che il cosiddetto fantomatico “piano Kalergi” per un’immigrazione indiscriminata in occidente sia voluto proprio per abbasssare sempre più i costi della manovalanza.
GLI SCHIAVI DEL MICRODEBITO VERSO LE ONG
Apparentemente potrebbero essere ritenuti i più fortunati: sono coloro che non finiscono preventivamente nella rete di Isis e mafia nigeriana ma in quella di legalizzati strozzini internazionali che operano all’interno di grandi e ramificate Organizzazioni Non Governative formalmente operanti solo per l’assistenza umanitaria ai migranti. E’ un filone nuovo emerso dagli studi di una valente ricercatrice. Una rete di sostegno economico diffuso dietro la quale si celano contratti capaci di indebitare l’immigrato per molti anni della sua vita. Oppure di indurlo a scegliere la strada di rivolgersi al mondo della criminalità organizzata per estinguere più in fretta il suo debito: come viene insegnato alle prostitute africane dai suoi negrieri. Dove prendono i soldi per pagarsi il viaggio asiatici e africani che nei loro paesi vivono in condizioni di povertà?
«Una risposta documentata e degna di attenzione viene dalla blogger Ilaria Bifarini, che si autodefinisce “bocconiana redenta” e da tempo studia cause ed effetti dei flussi migratori in varie parti del mondo, Africa in testa – scrive il sito Rassegna Stampa del Centro Cattolico di Documentazione di Marina di Pisa citando un precedente articolo di Tino Oldani su Italia Oggi – In pratica, secondo la sua ricostruzione, avviene questo: prima di arrivare sulle navi delle Ong che operano nel Mediterraneo, i migranti hanno stipulato un vero e proprio contratto con le Ong del microcredito che operano nel loro paese d’origine, pur essendo state costituire in altri paesi, spesso in Europa o negli Stati Uniti». Sul piano formale sarebbe una concessione di denaro di tipo filantropico, un micro-prestito per chi è talmente povero da non potere avere accesso al credito ordinario al millantato scopo di promuovere attività economiche locali e favorire lo sviluppo nel Terzo Mondo.
«La realtà, spiega Bifarini, è però ben diversa: quel prestito viene usato in moltissimi casi per emigrare, pagare le spese di viaggio, compresi gli esosi balzelli pretesi dai mercanti di carne umana e dagli scafisti. Il tutto con la promessa, messa per iscritto, di restituire alle Ong del microcredito il prestito ricevuto, e gli interessi, con le future rimesse di denaro che il migrante avrà guadagnato in Europa – si legge ancora sul sito – Le prove? La Bifarini cita alcune ricerche sul campo. Il primo è uno studio condotto tra il 2008 e il 2010 in Cambogia dalla sociologa Maryann Bylander, dal quale emerge “una correlazione diretta tra l’espansione del microcredito e l’aumento dei flussi migratori cambogiani verso l’estero”. Lo stesso nesso è stato poi riscontrato in Bangladesh, paese d’origine di circa un decimo dei migranti che arrivano in Italia (oltre 10 mila solo nel 2017): in questo paese opera fin dagli anni Ottanta la Grameen Bank, istituto finanziario creato a scopo filantropico grazie all’appoggio di sostenitori illustri, come i coniugi Clinton e Bill Gates, e con il sostegno della Banca Mondiale».
SPIRALE DI USURA LEGALIZZATA DA FINANZIAMENTI A CATENA
Come spiega bene la studiosa di economia i microprestiti garantiti da queste potenti organizzazioni finanziarie, stipulati in completa legalità anche per ciò che concerne i tassi d’interesse iniziali, sono stati intercettati da alcune Ong che hanno creato il loro business proprio negli incentivi all’immigrazione denominati «migration loans» attraverso una spirale di prestiti a catena che, in alcuni casi ma ovviamente non in tutti, può fare esplodere gli interessi.
Tra questi c’è la Brac (Bangladesh rural advancement commitee) che sul suo sito si vanta dei suoi successi nel campo delle migrazioni: «A giugno 2016, Brac ha contribuito a finanziare 194 mila lavoratori migranti a cercare lavoro all’estero. Brac fornisce ulteriore supporto alle famiglie dei migranti sotto forma di prestiti di rimesse. Questi prestiti sono scommesse sicure, progettati per offrire maggiore flessibilità alle famiglie, che fanno affidamento sulle rimesse mensili inviate dai familiari che guadagnano all’estero». Secondo il Global Journal, questa Ong bengalese è la più grande al mondo e la prima nella classifica delle cento migliori Ong al mondo: non opera solo in Asia, ma anche in America Latina e in molti paesi dell’Africa. Un colosso finanziario che ha fatto del business dei microcrediti ai migranti e alle loro famiglie la sua vera fonte di guadagno.
Non sempre però le rimesse riescono a pagare il debito iniziale. Tanto è vero, si legge nell’articolo, che «in alcune zone dell’India non sono rari i casi di vite immolate per ripagare i prestiti, dall’aumento dei suicidi, fino alla vendita di organi da parte di cittadini bengalesi». La già citata sociologa Bylander ha esaminato a fondo il caso della Cambogia, mentre il Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione ha pubblicato nel 2013 un documentato studio sulla comunità filippina in Italia, da cui emerge che non solo gli immigrati si indebitano per partire, ma poi si indebitano ulteriormente una volta espatriati. Non solo. Alcuni fuggono dal proprio paese proprio perché indebitati fino al collo: «Ci sono anche prove che l’emigrazione venga utilizzata come meccanismo di copertura per gestire il debito quando le microimprese falliscono, spingendo all’estero chi ha preso il prestito, alla ricerca di migliori opportunità economiche – rileva sempre Bylander citata in un articolo di Francesco Borgonovo sul quotidiano La Verità – Queste connessioni evidenziano che il collegamento tra emigrazione e microfinanza può espandere le opportunità degli emigranti e delle loro famiglie, ma anche generare o aggravarne le vulnerabilità».
Perché il meccanismo è tutto favorevole solo alla Ong finanziatrice e non ai suoi debitori? Per i tempi di restituzione: il microprestito per andare all’estero viene restituito tramite le rimesse in denaro inviate ai familiari rimasti in patria, i quali devono provvedere materialmente al rimborso nel giro di 12-24 mesi. Una tempistica folle per chi si è fatto prestare 5mila euro per un viaggio verso una mèta in cui difficilmente trova subito un lavoro redditizio. E se le rimesse non bastano ecco un altro prestito ai familiari,: ovviamente più oneroso del primo perché ascrive nel capitale finanziato anche gli interessi maturati sul precedente aiuto, sul quale pagare ulteriori interessi. Una spirale che a volte prosegue per anni fino a creare nei fatti un vero e proprio strozzinaggio con tassi usurai, però formalmente legali essendo stati generati non dal prestito iniziale in sè ma dai successivi per coprirlo. Il business, come sempre, c’è solo per le Ong: «Un affare d’oro quello delle rimesse – scrive Bifarini – che ha visto un incremento in termini globali di oltre il 50% in soli dieci anni, per una cifra complessiva di 445 miliardi di dollari sotto forma di rimesse nel solo 2016, il 13% delle quali è stato inviato in Africa (dati Ifad)».
Prima di continuare a predicare l’accoglienza indiscriminata dei migranti il Quirinale e la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) dovrebbe leggere e rileggere ciò che quei viaggi, nell’80 % dei casi, per mancata accoglienza dell’asilo politico, causano ai disperati saliti sui barconi. Magari eviterebbe di continuare a lanciare proclami ai quattro venti inducendo il buon pastore che regge il Vaticano a fidarsi dei loro giudizi e a fare cassa di risonanza ad una politica che fa male prima di tutto agli immigrati stessi.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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DICIOTTI, TRIBUNALE CONTRO SALVINI. LEGA: “ATTACCO POLITICO”
FONTI
I prestiti umanitari del microcredito servono ad arricchire gli scafisti.