PROCESSO-FARSA AL GENERALE JIHADISTA DELLA NATO. Accusato di Crimini di Guerra in Bosnia Minaccia i Testi e si dà Malato

PROCESSO-FARSA AL GENERALE JIHADISTA DELLA NATO. Accusato di Crimini di Guerra in Bosnia Minaccia i Testi e si dà Malato

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di Carlo Domenico Cristofori

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Si chiama Atif Dudakovic, ha 68 anni, ma pur essendo stato uno dei protagonisti della sanguinosa guerra in Bosnia, voluta dalla NATO e dal controspionaggio americano della CIA per frenare l’ingerenza russa nei Balcani, è sconosciuto ai più nonostante sia stato arrestato e accusato per crimini di guerra.

Il motivo è semplice lui era generale comandante del 5º Corpo d’Armata dell’Esercito della Repubblica di Bosnia ed Herzegovina (ARBiH) e nonostante sia stato accusato del massacro di almeno 300 civili nei villaggi che assaltava con la sua brigata di jihadisti estremisti al grido di “Allahu al-akbar” (Allah è grande) come dimostra un video scioccante pubblicato da Gospa News su Rumble, è diventato un alto ufficiale al servizio della NATO in sintonia con quella strategia che ha consentito la nascita di un “Califfato d’Europa” come narrato da un vicequestore della Polizia di Stato italiana e funzionario Interpol in un suo libro.

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Ecco perché, a differenza dei  politici serbi come l’ex presidente della Jugoslavia e della Serbia, Slobodan Milosevic trovato morto nel carcere dell’Aia la mattina dell’11 marzo 2006, dove fu rinchiuso per i suoi crimini internazionali pur non avendo mai imbracciato un Kalašnikov. Dudakovic ha avuto un triplice trattamento di favore nonostante le sue mani macchiate di sangue innocente.

SOLO 3 GIORNI IN CARCERE PER CRIMINI DI GUERRA

Fu arrestato nell’aprile 2018 e rilanciato pochi giorni dopo:

«L’ex comandante del Quinto corpo d’armata delle forze governative durante la guerra in Bosnia (1992-95), il musulmano Atif Dudakovic, arrestato tre giorni fa perché sospettato di crimini di guerra contro la popolazione serba, è stato rimesso in libertà oggi così come gli altri 12 appartenenti alle unità al suo comando arrestati assieme all’ex generale» scrisse l’ANSA il primo maggio di quell’anno.

In ottobre fu incriminato formalmente ma il processo invece di essere radicato presso la Corte Penale Internazionale de L’Aja fu demandato al Tribunale di Sarajevo, nella città dove gli estremisti islamici lo considerano un eroe di guerra. Secondo privilegio.

Atif Dudaković con il difensore Asim Crnalić dopo un’udienza al Tribunale di Sarajevo

Grazie al Covid il processo iniziò e fu immediatamente sospeso nel 202o per riprendere nella primavera del 2023 tra mille colpi di scena che lo hanno reso simile a una farsa giudiziaria. Ora vedremo perché…

Prima facciamo una verde presentazione della sua storia rimandando al precedente articolo per i dettagli sui suoi comizi nazionalisti e sull’appoggio raccolto tra i musulmani soprattutto di quei paesi come la Turchia che sono componenti dell’Alleanza Atlantica.

DALLA BRIGATA JIHADISTA ALLA TASK-FORCE NATO

Atif Dudaković, nato il 2 dicembre 1953 nel villaggio di Orahova, vicino a Bosanska Gradiška, è un ex generale dell’esercito bosniaco. Prestò servizio nell’esercito popolare jugoslavo (JNA) e insegnò in una scuola di artiglieria a Zara e in un’accademia militare a Belgrado. Durante la guerra in Bosnia, Dudakovic comandò l’enclave di Bihac, circondata e assediata dal 1991 al 1995, come capo del 5 ° Corpo d’Armata. Dopo la guerra divenne Comandante Generale dell’Esercito della Federazione di Bosnia ed Erzegovina e grazie a tale ruolo prese parte attiva allo SFOR della NATO.

Il generale Dudakovic ad un vertice del gruppo interforze SFOR della NATO

La Stabilisation Force (SFOR) è stata una forza multinazionale della NATO dispiegata in Bosnia ed Erzegovina ed incaricata di difendere gli Accordi di Dayton. Il contingente SFOR, che aveva il suo quartier generale a Sarajevo, ha operato nell’arco di circa otto anni con due missioni denominate rispettivamente: “Operazione Joint Guard” (21 dicembre 1996 – 19 giugno 1998) e “Operazione Joint Forge” (24 aprile 1998 – 1º dicembre 2004).

RICHIESTA DI ARRESTO PER MINACCE AI TESTIMONI DEL PROCESSO

Dudaković, in qualità di ex comandante del V corpo d’armata, è stato accusato di crimini commessi nell’area di Bosanski Petrovac, Ključ, Bosanska Krupa e Sanski Most, tra cui l’uccisione di oltre 300 persone, persecuzioni e distruzione di edifici religiosi. Oltre a lui, sono stati accusati anche Sanel Šabić, Ibrahim Šiljdedić, Safet Salihagić, Adis Zjakić, Redžep Zlojić, Samir Solaković, Fatmir Muratović, Muharem Alešević, Husein Balagić, Edin Domazet, Ejub Koženjić, Ibrahim Nadarević e Said Mujić.

«Come ha dichiarato l’accusa all’udienza di mercoledì, Dudaković ha violato il divieto di incontrare e contattare altre persone, ovvero la comunicazione con mezzi di comunicazione cartacei ed elettronici, nonché il divieto di parlare in pubblico. Secondo i rapporti, Dudaković si è rivolto indirettamente ai testimoni dell’ufficio del procuratore della Bosnia-Erzegovina durante un evento pubblico in occasione della Giornata dell’esercito della Bosnia-Erzegovina».

Le informazioni sono state riportate da Detektor.ba l’unico giornale al mondo che sta trattando un processo per crimini di guerra mentre tutti gli altri accusano preventivamente il presidente russo Vladimir Putin per l’operazione militare in Ucraina ignorando le denunce contro i neo-nazisti del Battaglione Azov rimaste congelate presso la Corte Penale Internazionale (ICC) fin dall’inizio della guerra civile del Donbass. 

Gli articoli da cui prendiamo gli stralci principali traducendoli dal bosniaco sono stati scritti da Marija Taušan.

“Ha citato il testimone della Procura della Bosnia ed Erzegovina per nome e cognome”, ha detto la Procura, aggiungendo di essersi rivolto ai membri del Quinto Corpo dell’Esercito della Bosnia ed Erzegovina “che incriminano Dudaković con la loro testimonianza”. L’Ufficio del Procuratore della Bosnia ed Erzegovina sostiene che lo scopo della misura interdittiva imposta a Dudaković dal Tribunale della Bosnia ed Erzegovina e la proposta misura di custodia cautelare sono invalidati.

Come prova, l’accusa ha presentato un video del discorso di Dudaković, che è stato riprodotto in udienza. L’avvocato di Dudaković, Asim Crnalić, ha dichiarato dopo aver riprodotto il video che l’accusa della Bosnia ed Erzegovina vuole umiliare il suo cliente.

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“Non discuto la restrizione che la Corte ha imposto a Dudaković. (…) La questione qui è se Dudaković abbia detto qualcosa che costituiva una minaccia per i testimoni e se abbia parlato in qualche modo delle accuse fattuali del procedimento. (…) Questo era un discorso sulla guerra, sui campi di sterminio, sulle lezioni, su Žepa, Foča, Prijedor. Questo può essere menzionato”, ha detto Crnalic.

L’avvocato difensore ha aggiunto che non ci sono elementi nel discorso che combacino con le affermazioni fattuali della Procura nella proposta di misura detentiva, e che nessun tribunale in Europa può vietare completamente la libertà di parola.

ORDINE DI CATTURA RESPINTO DAL TRIBUNALE

All’udienza tenutasi il 26 aprile di quest’anno, la Procura della Bosnia ed Erzegovina ha chiesto un ordine di custodia cautelare nei confronti di Dudaković, accusato di crimini di guerra, a causa del contenuto di un discorso pubblico che l’ex Generale dell’Esercito della Bosnia ed Erzegovina ha tenuto in metà aprile 2023 a Sarajevo.

“La Corte della Bosnia-Erzegovina ha emesso una decisione che respinge in quanto infondata la proposta dell’Ufficio del Procuratore della Bosnia-Erzegovina del 24 aprile 2023 di annullare le misure interdittive imposte e ordinare la custodia dell’imputato Atif Dudaković”, afferma la dichiarazione della Corte della Bosnia-Erzegovina. .

Secondo l’annuncio, Dudaković è soggetto al divieto di lasciare il suo luogo di residenza, al divieto di viaggiare e al divieto di incontrare determinate persone.

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La Corte di Bosnia ed Erzegovina aggiunge che l’Ufficio del Procuratore della Bosnia ed Erzegovina non ha presentato prove sulla base delle quali sarebbe possibile stabilire che l’imputato abbia influenzato i testimoni e quindi messo in discussione l’integrità del procedimento penale.

“Secondo la valutazione della Corte, il modo e il carattere del discorso dell’imputato, senza indicare fatti chiari e diretti nella proposta di accusa, il che indicherebbe inequivocabilmente che l’imputato sta parlando del procedimento penale condotto contro di lui o che l’imputato è entrato in contatto con i testimoni, indica che l’accusa non ha presentato prove sulla base delle quali sarebbe possibile, con un sufficiente grado di certezza, stabilire che l’imputato abbia influenzato indirettamente i testimoni e quindi messo in discussione l’integrità del procedimento penale in corso condotta contro di lui”, afferma la Corte di Bosnia ed Erzegovina.

Come affermato dall’accusa in udienza, Dudaković ha violato il divieto di incontrare e contattare altre persone, ovvero la comunicazione con mezzi di comunicazione cartacei ed elettronici, nonché il divieto di parlare in pubblico.

LA TESTIMONIANZA SULLE CHIESE RIDOTTE IN BAGNI PUBBLICI

Rajko Jević, che era il vescovo di Bihać-Petrovac nel 1995 ed è ora metropolita di Dabro-Bosnia, ha detto che il 7 novembre 1996 ha visitato edifici religiosi in un gran numero di insediamenti con la KFOR.

“Quando sono arrivato a Bosanski Petrovac, lì c’era una chiesa congregazionale… A quel tempo era stata trasformata in un bagno pubblico”, ha detto Jevic.

Il procuratore Vedrana Mijović gli ha posto domande su chiese e case parrocchiali in numerosi villaggi nell’area di quattro comuni, e il testimone ha risposto su quali danni ci fossero. Secondo lui, alcuni sono stati incendiati in tutto o in parte, alcuni hanno riportato ferite lievi e ad alcuni sono stati prelevati materiali da costruzione, mentre alcuni non sono stati danneggiati in modo significativo.

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Jević ha affermato che su 40 edifici, hanno ristrutturato tutti tranne una chiesa. Ha notato che in due villaggi persone di nazionalità bosniaca hanno ricostruito le chiese.

Alle domande dell’avvocato difensore Ifet Feraget, il testimone ha detto di non avere informazioni sulle sofferenze dei bosgnacchi. Ha confermato che ci sono state azioni di aviazione nel 1995 e ha negato che i rappresentanti della chiesa abbiano fatto elenchi per l’emigrazione. Ha detto che durante la sua visita alla chiesa non ha visto nessuna moschea demolita.

Su richiesta della difesa, è stata rilasciata una dichiarazione di un testimone del 1994 in cui parlava dei fondamentalisti islamici nel Quinto Corpo e della liberazione di Bihać, e Jević ha spiegato cosa intendeva con questo. Alle domande del procuratore Marijana Čobović, ha spiegato di aver fatto quella dichiarazione dopo le azioni in cui sono stati uccisi civili serbi nella regione di Bihać.

IL PADRE UCCISO E GETTATO NELLA FOSSA COMUNE

Il procuratore Vedrana Mijović ha letto la testimonianza di Stanka Dronjak, che ha affermato che la popolazione serba ha lasciato Petrovac il 14 settembre durante l’azione del Quinto Corpo e il bombardamento.

Il testimone ha detto che suo padre Mile (1936) ha detto che li avrebbe raggiunti quando avrebbe lasciato la città. “È stato allora che ho perso i contatti con lui”, ha detto Dronjak.

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Secondo la sua conoscenza, il padre era nell’appartamento quando la città era occupata, ed è stato portato fuori dall’edificio e ucciso. Ha aggiunto di aver sentito da alcuni suoi concittadini che alcune persone di Buži lo hanno fatto insieme a un certo Damir Jakupović.

Dronjak ha detto che suo padre è stato riesumato da una fossa comune a Petrovac.

Nell’udienza del 12 giugno, invece, altri hanno riferito sulla strage. Il testimone dell’ufficio del procuratore della Bosnia ed Erzegovina ha raccontato di aver scoperto che suo padre e suo fratello erano stati trovati morti nel settembre 1995 accanto alla casa nel villaggio di Oraško Brdo nel comune di Bosanski Petrovac.

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Mile Ćulibrk ha detto di aver visto l’ultima volta suo padre Milan e suo fratello Duško, che era disabile, intorno al 1 settembre 1995. “Sfortunatamente, sono morti sulla soglia di casa”, ha detto il testimone.

Ha detto che dopo circa due mesi ha ricevuto un messaggio da suo genero Enver Memagić, il quale ha detto di essere stato a Oraški Brdo dove ha trovato suo padre e suo fratello morti, a circa 15 metri dalla casa, e li ha sepolti lì .

Ćulibrk ha detto che i resti di suo padre e suo fratello sono stati trovati nel 2013. Ha aggiunto che le case sono state date alle fiamme nel villaggio e che anche i suoi parenti Mirko e Boro Ćulibrk sono stati uccisi.

Interrogato dal Consiglio, su chi ha appiccato il fuoco alle case di Oraški Brdo, il testimone ha affermato di presumere che fosse stato il V corpo d’armata perché, come ha affermato, “non c’era nessun altro”.

LA RITRATTAZIONE DI UN TESTIMONE IMPORTANTE

L’8 maggio era previsto il controinterrogatorio del testimone dell’accusa Selver Vojić ma gli avvocati dei 14 imputati hanno rinunciato a farlo.

Vojić, testimoniando su invito dell’ufficio del procuratore della Bosnia-Erzegovina il 10 aprile, ha detto che Simo Tuševljak gli ha suggerito cosa avrebbe dovuto dire, che gli ispettori dell’Agenzia statale per le indagini e la protezione (SIPA) glielo hanno presentato e che lo ha aiutato finanziariamente in diversi volte, oltre che per un certo periodo è stato socio della SIPA.

Il procuratore Marijana Čobović ha presentato al Consiglio giudiziario lettere delle agenzie di polizia SIPA, del Ministero degli affari interni della Republika Srpska, dell’Amministrazione federale della polizia e dell’Agenzia di intelligence e sicurezza, in cui si afferma che Selver Vojić non era loro socio.

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“Il testimone ha rilasciato una dichiarazione nel 2009. Vogliamo dimostrare che in quel momento stava dicendo la verità e che ha cambiato la sua testimonianza al processo principale”, ha detto il procuratore Čobović, aggiungendo che avrebbe poi interrogato gli ispettori della SIPA menzionati dal testimone in aula.

Sebbene il Consiglio giudiziario abbia ordinato all’ufficio del procuratore di Stato di presentare tutte le prove alla difesa entro dieci giorni, i CD non sono ancora stati consegnati e l’ufficio del procuratore della Bosnia-Erzegovina ha affermato che i materiali sono in fase di scansione e che saranno consegnati entro la fine di giugno.

Il procuratore Marijana Čobović ha suggerito che, insieme alla registrazione scritta dell’audizione del testimone presso i locali della SIPA il 14 maggio 2009, fosse allegata la registrazione audio di tale udienza, a cui la difesa si è opposta.

DUDAKOVIC SI DICE MALATO, STOP AL PROCESSO

Il processo contro l’ex comandante del Quinto Corpo dell’Esercito di Bosnia ed Erzegovina (ABiH) Atif Dudaković e altri 14 imputati non proseguirà nei prossimi mesi, in attesa di ulteriori accertamenti medici.

A causa di una malattia, Dudaković e Hasan Ružnić non hanno partecipato all’udienza. Il giudice Željka Marenić ha citato una serie di motivi per cui questo processo è rimasto bloccato per circa due anni e mezzo: la malattia di Dudaković, nonché il congedo per malattia di altri partecipanti al procedimento, il mancato svolgimento del processo durante la pandemia, e il cambio dei membri del Consiglio.

“Penso che sia giunto il momento per le parti e gli avvocati della difesa di dichiarare l’ulteriore prosecuzione del procedimento”, ha detto Marenić.

Ha elencato una serie di rilievi che sono stati presentati sullo stato di salute di Dudaković, precisando che il perito neuropsichiatra, da parte sua, ha affermato che l’imputato è in grado di seguire la procedura, mentre l’internista non ha espresso un giudizio definitivo. Il giudice ha affermato che l’internista ha suggerito di eseguire i test entro quattro mesi a causa delle complicazioni della condizione medica.

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L’accusa e tutte le difese hanno concordato di attendere ulteriori indagini. Il pubblico ministero, Marijana Čobović, ha dichiarato di opporsi alla possibile separazione del procedimento in questa fase.

Ecco come funzionale giustizia della Corte Penale Internazionale… La giornalista bosniaca di Detektor Marija Taušan meriterebbe una nomination al Premio Pulitzer soltanto per aver avuto il coraggio di riportare quello che tutti gli altri media del mondo non scrivono nonostante si trovi nell’atmosfera di Sarajevo, contaminata non solo dall’uranio impoverito delle munizioni NATO ma anche da un nazionalismo estremista che bede una perfetta convergenza tra le devianze jihadiste e quelle naziste difese dalla NATO e dell’ONU in Ucraina.

Carlo Domenico Cristofori
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FONTI PRINCIPALI

UDIENZA 26 APRILE 2023 – TESTIMONI MINACCIATI

UDIENZA 27 APRILE 2023 – RICHIESTA DI ARRESTO RESPINTA

UDIENZA 27 FEBBRAIO 2023 – CHIESE RIDOTTE A BAGNI PUBBLICI

UDIENZA 22 MAGGIO 2023 – IL PADRE UCCISO E GETTATO NELLA FOSSA COMUNE

UDIENZA 12 GIUGNO 2023 – LE CASE BRUCIATE

UDIENZA 8 MAGGIO 2023 – IL TESTIMONE SCOMODO

UDIENZA 18 LUGLIO 2023 – PROCESSO FERMO PER MOTIVI MEDICI

GOSPA NEWS – DOSSIER UCRAINA

GOSPA NEWS – DOSSIER LOBBY ARMI

GOSPA NEWS – REPORTAGES ZONE DI GUERRA

GOSPA NEWS – REPORTAGES JIHADISTI

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Carlo Domenico Cristofori

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