IN COMMISSIONE PARLAMENTARE I MISTERI SUI MORTI DI COVID. L’Istituto Superiore della Sanità svela Dati che confermano il Terrorismo Pandemico di Stato
Nell’immagine di copertina le bare dei presunti morti di Covid-19 portate nei forni crematori di Bergamo sotto la sorveglianza armata dell’Esercito Italiano e senza le precedenti autopsie a conferma delle cause del decesso
Mortalità zero, quella verità nei numeri scontati ma nascosti
di Andrea Zambrano – pubblicato in origine su La Nuova Bussola Quotidiana
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Che la partita del Covid sia stata giocata interamente su una guerra di numeri era parso chiaro fin da quando nei giorni caldi della prima ondata, l’allora ministro della Salute Speranza si presentava in conferenza stampa ogni giorno sciorinando dati e grafici per illustrare la situazione dei contagi e dei morti giorno per giorno.
E che quei numeri, amplificati poi da una grancassa mediatica asfissiante, che giustamente è stata ribattezzata infodemia, diventassero la scusa e l’appiglio per chiudere tutto prima e successivamente costringere la popolazione a sottoporsi alla campagna vaccinale di massa sperimentale, è ormai stato compreso da tutti.
I numeri, dunque, i dati forniti dalla scienza erano il verbo per poter instillare la paura, l’appiglio a cui la politica si aggrappava per giustificare le sue scelte folli, tra cui la chiusura delle scuole, le cui ricadute negative sui ragazzi, prima psicologiche e poi sociali si sono viste negli anni a seguire.
A quei numeri, pochi intrepidi col rischio della gogna provavano ad opporre altri numeri, o per lo meno una lettura diversa di quei numeri per dimostrare invece che l’allarme sui contagi e sui decessi andasse governato razionalmente e non emotivamente o peggio ancora politicamente come invece è accaduto sotto i governi Conte II e Draghi.
La “numeromachia” alla quale abbiamo assistito ha prodotto certezze vane e verità impalpabili, ma è stata una guerra giocata interamente non per mostrare i dati, ma per scegliere quelli funzionali ad una certa narrazione e interpretarli politicamente in senso restrittivo.
Ora che le acque della pandemia si sono relativamente calmate ecco però che quei numeri prima sbandierati, acquistano un senso nuovo o per lo meno possono venire mostrati e letti con maggiore razionalità. L’occasione ce l’ha data l’audizione di giovedì in Commissione Covid dove sono stati auditi due dirigenti dell’Istituto Superiore di Sanità, organo che durante la pandemia con il suo ormai ex presidente Silvio Brusaferro è stato in prima linea assieme a Speranza nell’alimentare l’infodemia mediatica.
E nel corso dell’audizione della dottoressa Anna Teresa Palamara, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’ISS e del dottor Patrizio Pezzotti, direttore del Reparto epidemiologia, biostatistica e modelli matematici del Dipartimento malattie infettive dell’ISS, il nocciolo della questione è stato quello di difendere il proprio operato dall’accusa di aver addomesticato i dati in favor di politica.
Accusa che i due tecnici hanno respinto sdegnati, pur con qualche siparietto comico, come quando il senatore della Lega Claudio Borghi ha chiesto a Pezzotti come facesse ad essere così «apodittico» sui numeri, ricevendo la sua sdegnata risposta, manco fosse la peggiore delle offese.
Ma l’Iss ha fatto sostanzialmente il suo dovere, che è quello di fornire grafici e dati sull’andamento della pandemia, per provare a giustificare le scelte politiche drastiche poi effettuate. Ma nel farlo, essendo i numeri interpretabili, ma anche sinceri e “puri” a loro volta, hanno anche mostrato ciò che durante le conferenze stampa di Speranza e Brusaferro non veniva mostrato.
Come, ad esempio, il dato della percentuale di letalità di tutti i contagi suddivisa per fasce d’età. E qui, l’ingranaggio si è inceppato e il re, per una volta, si è mostrato nudo. L’ultima colonna del grafico mostrava senza ombra di interpretazioni malevole che la percentuale di letalità sotto i 50 anni è stata zero. Troppo pochi, infatti, i casi di morti “per” o “di” Covid (la questione non è stata sciolta convintamente nemmeno da loro durante l’audizione) in quella fascia d’età, e tutti ad una verifica successiva per gravi comorbilità pregresse, per poter giustificare l’allarme pandemico indiscriminato su tutta la popolazione, da zero a 90 anni e oltre.
Anche la fascia d’età 40-49 anni, a fronte di 4.285.000 contagi totali, ha visto “solo” 1829 decessi. Certo, quel “solo” non è per sminuire una morte, ma è riferito alla percentuale successiva, che appunto era prossima allo zero per la statistica. E così anche la fascia d’età precedente, quella dai 30 ai 39 anni: appena 500 decessi, che davano comunque nel calcolo una percentuale di zero perché troppo irrisorio statisticamente.
Per la verità, questi dati l’Iss li ha sempre registrati, tanto che chi provava a obiettare un approccio diverso rispetto alla pandemia, si avvaleva proprio di questa percentuale per giustificare un approccio diverso, che tenesse conto di fattori di rischio o di età e che non trattasse la popolazione intera come tutta e nello stesso modo a rischio morte. Ma il decisore politico, che evidentemente era interessato a trasmettere altri messaggi, quel dato non l’ha mai diffuso, pur essendo facilmente reperibile nelle banche dati dell’Iss. Era più interessato a guardare dentro quei pochi numeri di decessi e mostrare il caso particolare per poter estendere la paura a tutti. E così si è andati avanti con proiezioni e grafici di “omini” e “omoni” per colpire anche l’occhio del cittadino, che prontamente veniva poi “educato” alla paura dai media che recepivano non i dati veri, ma la loro interpretazione.
Eppure, a ben guardare, se si fosse diffuso capillarmente nella narrazione dominante il concetto che il Covid non faceva vittime sotto una certa età e che era pertanto curabile e guaribile, molto non ci sarebbe stato. Il lockdown, ad esempio, così come il green pass. E nemmeno la campagna vaccinale si sarebbe dovuta estendere coattivamente a tutta la popolazione come invece è stato.
Mentre quei “pochi” morti per effetti avversi da vaccino (pochi fino ad un certo punto), a differenza di chi per il Covid è morto in giovane età a causa di situazioni pregresse gravi e debilitanti, erano sani in partenza e non suscettibili di alcun rischio a fronte di un beneficio che non ebbero mai. Eppure, oggi hanno avuto la vita rovinata a causa di una paura irrazionale mentre i danneggiati, un esercito a cinque anni dall’inizio della pandemia ancora sotterraneo, stanno ancora facendo i conti con quella sciagura.
di Andrea Zambrano – pubblicato in origine su La Nuova Bussola Quotidiana
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