MAFIA NIGERIANA – 2. I SUPER-BOSS NERI NELLA TRATTA DEI NUOVI SCHIAVI

MAFIA NIGERIANA – 2. I SUPER-BOSS NERI NELLA TRATTA DEI NUOVI SCHIAVI

57.072 Views

RAPPORTO DELLA DIA LANCIA L’ALLARME
BLACK AXE, EIYE, MAPHITE E VIKINGS
CONSORTERIE AFRICANE “ANTI-STATO”
CERCANO IL PREDOMINIO ETNICO IN ITALIA
NASCOSTI SUI BARCONI DEI MIGRANTI
AFFILIATI COATTI E PROSTITUTE MINORENNI
ECCO CRIMINI E RITI CRUENTI DEI CULTS

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

«Con una straordinaria affinità rispetto al modello mafioso tradizionale di Cosa nostra ormai tante volte analizzato nel territorio palermitano deve osservarsi che l’associazione in oggetto ha in primo luogo replicato (…) addirittura a livello mondiale l’organizzazione di uno Stato anzi di uno Stato confederato, essa è dotata di elaborati statuti di autorità legislative ed esecutive di organi giurisdizionali una sorta di tribunali chiamati a dirimere le controversie al suo interno, di proprie Forze dell’Ordine ovvero di guardie cui è de mandato il compito di tenere l’ordine e di ristabilirlo eseguendo inesorabilmente le punizioni decise di National Heads, ovvero di capi del governo per ciascuna nazione Italia Spagna Francia etc nella quale si trovano le cellule figliate chiamati a riunirsi in una sorta di direttorio chiamato EXCO. Si tratta cioè di un vero e proprio ordinamento in sé finito ed autosufficiente del tutto analogo a quello lecito statuale, sì che la Black Axe, anche denominata New Black Axe Movement può senz’altro definirsi un Anti Stato il cui scopo è affermare il proprio predominio nella comunità etnica di appartenenza e realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri».

Queste frasi non giuggono dall’articolo di un opinionista allarmista per l’immigrazione clandestina dalla Nigeria, sono contenute nella sentenza emessa il 21 maggio 2018 dal GUP del Tribunale di Palermo, con cui ha condannato gli imputati nigeriani per associazione di tipo mafioso riconoscendo la Black Axe, ascia nera, quale sodalizio criminale analogo a Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Non è una dei molteplici pronunciamenti della giustizia italiana a seguito di centinaia di arresti operati da Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza negli ultimi cinque anni e rievocati nel rapporto II semestre 2018 della Direzione Investigativa Antimafia cui abbiamo già dedicato un precedente reportage sul fenomeno in generale.

La cover del rapporto semestrale della DIA – Direzione INvestigativa Antimafia

Ora analizziamo le quattro principali Confraternite ormai radicate in tutta Italia grazie al traffico degli stupefacenti, alla prostituzione anche minorile con riduzione in schiavitù delle ragazze africane, ed al traffico di esseri umani dal Continente Nero passando attraverso la Libia. Queste associazioni per delinquere sono nate dai cults universitari in Nigeria con una progettualità criminale tale da ricordare le «menti raffinatissime» additate dal compianto giudice Giovanni Falcone per descrivere i capi di Cosa Nostra. Hanno fattispecie delittuose pressochè identiche tra loro per cui eviteremo nel citare le singole inchieste di ripeterle, ma si distinguono per connotazioni operative e ramificazioni.

Se gli Eye sono i più organizzati tanto da poter vantare nei Nest, i nidi sparsi in tutta la penisola, persino una spia, la “colomba”, chiamata in inglese Dove, con compiti di intelligence per riferire all’Ibaka (il boss locale) il comportamento degli affiliati, i Black Axe risultano tra i più brutali sia nel reclutamento degli adepti che nella loro gestione attraverso i picchiatori, denominati Butchers ovvero macellai. Al pari dei Vikings Vikings, nemici storici di Eye e Black Axe, dalla consorteria ancor più primitiva e per questo specializzata nella gestione dell’accattonaggio e negli arruolamenti nei centri di accoglienza, dove compiono ogni genere di violenza sessuale e non a scopo intimidatorio, oltrechè che nei reati già citati.

I Maphite, invece, appaiono come quelli d’impronta intellettuale più ricercata ed hanno denominato Famiglia Vaticana il sodalizio nell’Emilia e nella Toscana, unico riconosciuto dal Supreme Council della madrepatria. Si noti che il termine Supremo Consiglio è lo stesso con cui vengono definite le superlogge massoniche del Rito Scozzese Antico ed Accettato, aperte solo ai fratelli di più alto grado 33°. Un’assonanza assai curiosa che induce a sospettare che alla nascita dei fenomeni nigeriani abbiano contribuito anche esponenti della massoneria internazionale deviata.

SUMMIT DI MASSONI IN SFREGIO AL PAPA. Per Celare i Complotti da Mazzini in poi. Breve Storia della Massoneria e di Letali Cospirazioni

Aldilà dell’oggettivo allarme lanciato dalla Dia che ha dedicato proprio alla mafia nigeriana un “focus” all’interno della relazione semestrale al Parlamento, gli investigatori del gruppo interforze palesano il rischio di una contaminazione della cultura islamica in considerazione della sempre costante minaccia del gruppo estremista musulmano di Boko Haram nel apese d’origine. Ma vediamo nel dettaglio organizzazione, cruenti riti di affiliazione e crimini delle quattro confraternite dichiarate fuorilegge dalla Nigeria sin dal 2001, da quando nel paese sono state proibite tutte le società segrete.

 

LA STORICA BLACK AXE CONFRATERNITY

«Conosciuta anche come Neo Black Movement Of Africa (N.B.M.), nasce in Nigeria, a Benin City, presso un Campus universitario, nella sessione accademica 1976/77. Il simbolo dei Black Axe è caratterizzato da un’ascia – dal termine inglese axe – che simbolicamente si riferisce allo strumento che ha reciso le catene della schiavitù. Sono soliti indossare pantaloni neri, camicia bianca, cravatta gialla o rossa, calze gialle, scarpe nere e basco nero, che a volte ha una striscia gialla. Il colore nero rappresenta l’identificazione con la razza nera, il colore bianco interpreta la pace e la purezza della mente e dell’animo, mentre il giallo rappresenta l’intelletto» si legge nel rapporto della Dia.

Il simolo dell’organizzazione malavitosa Black Axe, l’ascia nera che rompe le catene

I membri del cult, tra i segni distintivi d’appartenenza, ostentano tatuaggi sulle braccia e\o sul corpo raffiguranti asce e si salutano tra loro utilizzano l’espressione gergale “aye”, oppure incrociano gli avambracci per simulare le catene dell’oppressione. Celebrano la loro festa ogni 7 luglio e il numero 7 viene utilizzato anche per rappresentare l’ascia, simbolo della confraternita. Infine, gli appartenenti al cult utilizzano un linguaggio criptico, anche nei social network, per individuare persone estranee alla loro organizzazione, o parole d’ordine.

Nata per diffondere messaggi positivi (pace, rispetto, tolleranza e condanna di ogni forma di razzismo), si è in breve trasformata prima in un vero e proprio cult segreto, poi in un’organizzazione criminale internazionale come gli altri sodalizi nigeriani. Le indagini degli ultimi anni hanno evidenziato la diffusione dei Black Axe soprattutto in Piemonte, Campania, Puglia e Sicilia.

Una giovane posseduta dagli spiriti Loa durante un rito voodoo

«Pur mantenendo i tipici elementi della confraternita, con aspetti religiosi e magici legati alla cultura tribale di appartenenza, si è anche dotata di una struttura fortemente gerarchizzata e piramidale, basata su precise regole per l’elezione dei propri capi, una tassa da pagare per farvi ingresso, complessi cerimoniali di affiliazione con tanto di giuramento di obbedienza ai valori della congregazione, formali e rigide regole di interrelazione tra i soci, tra loro appellati quali Brothers (“fratelli” esattamente come nella Massoneria – ndr), con l’uso di un linguaggio fortemente criptico e simbolico – spiega la Direzione Investigativa Antimafia – Ogni organizzazione Black Axe che ha sede in uno Stato estero viene chiamata Zone, alla quale sono subordinati i Forum che, invece, sono le cellule di riferimento delle varie città. A capo di ogni Zone vi è un National Head, un vero e proprio capo di governo per ciascuna nazione di proiezione (Italia, Spagna, Francia etc.) nominato direttamente dal capo supremo del cult in Nigeria».

BLACK AXE: MAFIA NERA

All’interno del cult sono previsti oltre a “capi nazionali” anche i “capi locali”, detti anche Lord, da cui dipendono i “picchiatori”, detti Butchers o Sluggers, incaricati di spedizioni punitive particolarmente violente per mantenere l’ordine e far rispettare le regole. Ai lord sarebbe demandato l’incarico di reclutare nuovi affiliati, se necessario anche coattivamente, minacciando i dubbiosi o i riottosi di violente ritorsioni anche nei confronti delle famiglie rimaste in patria.

 

IL PESTAGGIO RITUALE E LA DROGA DA BERE

Non è facile affiliarsi ai Black Axe: è riservata a soli uomini, bisogna essere presentati da qualcuno già iscritto e superare la fase di Orientation, ossia una sorta di apprendistato durante al quale vengono effettuati anche dei pestaggi di “prova”. Nel primo, il First Match, gli affiliandi vengono duramente picchiati dai Butchers alla presenza del cosiddetto Ministro della Difesa, che decreta chi è ritenuto adeguato a passare al cospetto del Chama Black Axe. Quest’ultimo, terza carica nazionale e capo del consiglio detto Scioi, è colui che decide, in autonomia, se gli adepti debbano tornare dal Ministro della Difesa per un ulteriore l’addestramento o se siano pronti per la cerimonia di affiliazione vera e propria.

«Questa si svolge attraverso un rituale antico in cui vengono posizionate sette candele in terra a formare il perimetro di una bara; inoltre, viene collocato, nel luogo designato, un tempio con al centro un’ascia e una coppa colma di liquido – contenente una bevanda a base di droghe che dovrà essere bevuto dai nuovi affiliati, cosiddetti Ignorants, al cospetto del Priest (il prete). Mentre quest’ultimo, recita formule sacrali gli affiliandi devono giurare, pronunciando la seguente frase di obbedienza: “Se io dovessi tradire l’organizzazione Black Axe, ciò che sto bevendo in questo momento mi ucciderà” – riporta il dossier Dia – A questo punto, i nuovi associati abbandonano il loro vero nome (jew name) e vengono battezzati con uno strong name, nome riferito a soggetti della storia africana, con cui saranno riconoscibili all’interno del cult. Gli adepti vengono, poi, frustati con il kebobo/kobobo (un frustino) da quattro saggi, mentre percorrono in ginocchio un tragitto per verificare la capacità del nuovo affiliato di affrontare con coraggio e fermezza la sofferenza».

 

UN’ASSOCIAZIONE NIGERIANA DI STAMPO MAFIOSO

In Italia la BLACK AXE è, per numero di aderenti, la seconda organizzazione cultista nigeriana operante su territorio nazionale. È presente in quasi tutte le regioni, con un’importante “cellula” operativa in Piemonte e in Sicilia, principalmente a Palermo.

Una importante conferma della pericolosità delle compagini criminali nigeriane si rinviene nella complessa inchiesta della Polizia di Stato di Palermo del 2016, denominata appunto “Black Axe” nella quale si è scoperto che l’Head Zone (capo nazionale) aveva un Forum (base operativa) nel popolare quartiere palermitano di Ballarò, territorio storicamente controllato in maniera capillare da Cosa nostra. Agli imputati sono stati contestati nella custodia cautelare gli elementi costitutivi propri dell’associazione mafiosa ribaditi nella sentenza di condanna il 21 maggio 2018 dal GUP del Tribunale di Palermo: «…la ‘qualifica’ di associazione mafiosa poiché la differenza tra la norma di cui all’art. 416 c.p. e la norma di cui all’art. 416 bis sta proprio nel fatto che, nel primo caso, l’associazione deve essere finalizzata alla commissione di delitti, mentre l’associazione di tipo mafioso è caratterizzata, tra l’altro, dalla condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, in dipendenza della sua capacità di incutere timore e subordinazione psicologica».

Uno degli arrestati nell’inchiesta sulla mafia nigeriana Black Axe

Come citato nell’incipit il giudice ha anche rilevato «che la Black Axe, anche denominata New Black Axe Movement può senz’altro definirsi un Anti Stato il cui scopo è affermare il proprio predominio nella comunità etnica di appartenenza e realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri». Evidenziando inoltre come «le cellule figliate chiamati a riunirsi in una sorta di direttorio chiamato EXCO di un sistema addirittura di elezioni attraverso le quali i vari affiliati possono esprimere la propria preferenze per la progressione in carriera degli altri di un sistema di tassazione interna attraverso il quale si deve contribuire ad una cassa comune che faccia fronte alle spese dell’organizzazione». Analoga sentenza (n. 24803) era già stata emessa emessa dalla Suprema Corte di Cassazione il 5 maggio 2010 in relazione a due procedimenti penali delle Procure della Repubblica di Torino, in cui sono stati coinvolti, nel capoluogo piemontese, il gruppo degli Eiye e quello dei Black Axe rilevando «gestione e controllo delle attività economiche; il tutto commettendo delitti finalizzati agli intenti comuni, in particolare diretti a conservare e rafforzare l’imposto predominio socio-territoriale (ambientale) e, con ciò, la vitalità dell’associazione stessa».

 

THE SUPREME EIYE CONFRATERNITY

Nasce nell’Università di Ibadan, nello Stato di Oyo (Nigeria), in seguito ad una scissione interna alla Black Axe, assumendo la denominazione attuale (in acronimo Sec) o più semplicemente Eiye, ma è conosciuta anche come National Association Of Air Lords. Il simbolo degli EIYE (“uccello” nel dialetto “yoruba”) è l’Akalamagbo, un volatile mitologico raffigurato su uno sfondo azzurro nell’atto di catturare una preda, oppure come un rapace con un cranio umano tra gli artigli.

Due immagini del simbolo degli Eiye

«Fondata con l’intento di promuovere lo sviluppo e la cultura africana in contrapposizione alla politica del colonialismo imperiale, come le altre confraternite abbandonò presto i campus universitari e gli iniziali scopi a sfondo sociale per trasformarsi, sin dagli anni ‘70/’80 dello scorso secolo, in un’organizzazione segreta e criminale. Con i flussi migratori, i cosiddetti Pioneers (affiliati che avevano frequentato i college in Nigeria, ove erano stati “battezzati”) iniziarono a stabilirsi all’estero e a fare proselitismo, replicando, prima a livello locale e poi anche nazionale, riti, usanze e strutture gerarchiche proprie della confraternita» scrive la Direzione Investigativa Antimafia.

Le indagini degli ultimi anni hanno evidenziato la diffusione degli EIYE nel Veneto1, in Emilia Romagna, nel Lazio ed in Sardegna, mentre gli esiti della recentissima operazione “No fly Zone” della Polizia di Stato e DDA di Palermo (aprile 2019) hanno fornito i dettagli dell’attuale organizzazione interna portando all’arresto di 13 nigeriani di spicco.

«La struttura nazionale Aviary, voliera, è dotata un’organizzazione verticistica rappresentata da un World Ibaka (O Ebaka), un vero e proprio boss, il vertice del potere esecutivo che gode spesso anche di prestigio internazionale ed è in contatto con l’organismo madre in Nigeria – spiegano gli investigatori – L’Aviary è suddivisa in sezioni provinciali o locali chiamate Nest (nidi), a loro volta guidati da un Flying Ibaka. La compagine associativa è ben strutturata e gerarchicamente organizzata, con proprie regole interne, sanzioni, propri riti di affiliazione per l’avanzamento nelle cariche e per le investiture. A differenza dell’altro importante cult, la Black Axe, l’organizzazione del gruppo è meno strutturata (più orizzontale che verticale); non in tutte le citta è presente un Nest; il gruppo è segreto, pertanto i suoi affiliati (bird) non pubblicizzano la loro appartenenza se non per necessità». Essi si riuniscono periodicamente e i capi vengono eletti ogni due/tre anni in base ad una votazione cui partecipano i membri più importanti del cult (gli ex Ibaka e gli Ostrich). Otto sono le cariche all’interno di un Nest, ognuna con un ruolo ben definito.

Oltre al Flying Ibaka, capo del Nest, vi sono: l’ostrich: lo struzzo, vice dell’Ibaka, di cui fa eseguire le direttive; il Nightingale: l’usignolo, detto anche Engine Infantry, che svolge il ruolo di segretario durante le riunioni del consiglio degli Ibaka e si occupa della difesa degli associati, proprio come farebbe un responsabile della sicurezza; l’Eagle: l’aquila, che è il capo dei picchiatori (i cd. Butchers nei Black Axe); il Woodpecker: il picchio, il tesoriere, si preoccupa di raccogliere le quote associative versate dai Bird per il Nest; il Parrot: il pappagallo, partecipa a tutte le cerimonie del direttivo, informando tutti i Bird delle riunioni dell’ESXO, cioè l’assemblea generale di tutti i membri del Nest o del gruppo direttivo (composto solo dagli otto), cantando durante i rituali di affiliazione;

la Dove: la colomba, ha il compito di osservare quello che accade all’interno e all’esterno del proprio Nest, riferendo direttamente all’IBAKA, svolgendo una sorta di attività di intelligence nel gruppo; il Flying Commandant: il comandante di volo, responsabile dell’organizzazione degli eventi del direttivo e della logistica e della verbalizzazione delle riunioni.

 

L’AFFILIAZIONE COATTA CON IL RITO DEL SANGUE

«L’accesso al gruppo non è sempre frutto di una libera scelta, ma spesso deriva da una vera e propria imposizione: è gestito e disciplinato dai vertici; è sancito da un vero e proprio rito di affiliazione che prevede, oltre al ricorso alla violenza, l’utilizzo di bevande a base di sangue miscelato ad acqua ed altre sostanze alcoliche, come gin miscelato ad acqua e peperoncino o pepe, con porzioni di riso e tapioca; vige l’obbligo di partecipazione attiva, attraverso il pagamento di una tassa di ingresso per il finanziamento della cult, che provvede, proprio come accade nelle organizzazioni mafiose italiane, al sostentamento delle famiglie dei propri affiliati detenuti, secondo un vincolo di assistenza previdenziale» riferisce il dossier Dia.

In Italia l’organizzazione si è radicata nel Nord (a Torino, Brescia, Verona, Padova), a Roma e nel Sud, in particolare, a Napoli e Castel Volturno (CE), località, quest’ultima, emersa in numerose indagini, quale luogo legato a membri dell’organizzazione Eiye per dimora, transito, legami familiari, episodi delittuosi e altro. Per la sua struttura gerarchica e per il suo modus operandi, l’organizzazione ha assunto le caratteristiche di un’associazione di tipo mafioso. Gli appartenenti alla confraternita, durante le riunioni, indossano un berretto e/o una sciarpa di colore azzurro ed utilizzano «un linguaggio incomprensibile per gli estranei, creato ed utilizzato per distinguersi e per individuare eventuali persone ostili». Un elemento che ovviamente rende assai difficoltose anche le intercettazioni ambientali.

Un mafioso nigeriano arrestato dai Carabinieri

Numerose sono le indagini conclusesi con condanne definitive – prime, in ordine di tempo, in Piemonte ed in Lombardia. Tra le prime c’è l’operazione “Eiye”, conclusa nel 2006 dalla Polizia di Stato di Brescia con l’arresto di 23 cittadini nigeriani, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso finalizzata ai reati contro la persona, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, spaccio di sostanze stupefacenti, falsificazione di documenti, falsità monetaria, nonché clonazione e uso fraudolento di carte di credito, reati aggravati dall’uso delle armi e commessi con l’obbiettivo di imporsi nel controllo del territorio in danno di altri gruppi criminali attivi a Brescia. Nel mese di maggio dello stesso anno i Carabinieri di Torino eseguivano un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 23 cittadini nigeriani, ritenuti responsabili del delitto di associazione di tipo mafioso e per la maggior parte condannati dalla Corte d’Appello nel 2014.

 

DALLA PROSTITUZONE MINORILE ALL’EROINA KILLER

Nel medesimo contesto investigativo, nel successivo dicembre 2006 la Guardia di finanza di Torino eseguiva un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare in carcere per un gruppo di nigeriani, anche loro appartenenti agli Eiye ed ai Black Axe, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, detenzione abusiva di armi, produzione e traffico di stupefacenti, rapina e tentato omicidio. Nell’ottobre 2007, nell’ambito dell’operazione “Eiye 2”, la Polizia di Stato di Brescia, aveva tratto in arresto 40 cittadini nigeriani appartenenti all’associazione mafiosa del gruppo cultista omonimo, dediti alla commissione di reati contro la persona (tra i quali è emersa la commissione di estorsioni ai danni di connazionali) nonché al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, della prostituzione, clonazione ed uso fraudolento di carte di credito.

«È emerso, inoltre, che la forza intimidatrice esercitata dall’associazione era favorita dalla diffusione, tra gli immigrati nigeriani, di un atteggiamento di totale omertà, aggravato dal timore che le ritorsioni potessero riguardare anche le famiglie d’origine – scrivono i funzionari Dia – Gli scontri e le intimidazioni, perpetrati anche con l’utilizzo di colli di bottiglie rotte, coltelli e, talvolta, di pistole, sono spesso scaturiti dal rifiuto opposto dai connazionali alla proposta di affiliazione al gruppo in parola».

Una giovanissima prostituta nigeriana in Italia

Sempre nell’area di Torino e a distanza di molti anni dalle appena citate inchieste giudiziarie, la recente azione di contrasto ha dato conto ancora una volta conto delle aggressive modalità operative. Un elemento importante perviene dalla decisione assunta da alcuni cittadini nigeriani di denunciare le violenze subite, consentendo così l’avvio di indagini, concluse alla fine del 2018, nell’ambito dell’operazione “Snoopy”, con l’esecuzione di un provvedimento restrittivo che ha interessato 15 cittadini nigeriani, componenti del cult Eiye, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso finalizzata, tra gli altri reati, alla tratta di esseri umani, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione anche minorile, estorsioni e truffe.

«Gli investigatori hanno potuto accertare, tra le altre cose, la pianificazione per uomini e donne migranti di viaggi dalla Nigeria all’Italia effettuati con la collaborazione di connazionali presenti sul territorio libico, i quali si occupavano del passaggio dei migranti sui barconi per la traversata finale del Mar Mediterraneo. Una volta giunti a destinazione l’organizzazione mafiosa pensava a regolare i documenti e a prelevare le giovani donne, che venivano affidate alle maman per essere avviate alla prostituzione su strada» riferisce la relazione della Direzione Antimafia.

 

Anche il Veneto non è immune dalla presenza del cult in esame. A Venezia, l’operazione “San Michele” del luglio 2018, ha dato conto della spiccata operatività di una cellula degli EIYE nello spaccio degli stupefacenti e nel successivo riciclaggio dei proventi illeciti. «Le indagini hanno coinvolto oltre 30 cittadini nigeriani, colpiti da provvedimenti cautelari, e sono state avviate a seguito di diversi decessi e di numerosi ricoveri ospedalieri avvenuti nella città veneta a causa della cosiddetta “eroina gialla”, la nuova droga proveniente dall’Afghanistan, diffusa soprattutto tra gli adolescenti, che può risultare letale poiché confezionata con un principio attivo elevatissimo. Il gruppo di pusher nigeriani era riuscito ad insediarsi nel quartiere Piave di Venezia Mestre, in prossimità della locale stazione ferroviaria, subentrando ad una banda di spacciatori maghrebini».

La micidiale eroina gialla importata dall’Afghanistan

Nell’ambito di tale inchiesta è emerso anche il riciclaggio del relativo provento con il sequestro della somma di 250mila euro in contanti, contenuta nelle valigie di alcune donne nigeriane in procinto di partire dall’aeroporto veneziano «Marco Polo» verso la Nigeria. La raccolta delle somme avveniva all’interno di un negozio di vendita di merce varia, sottoposto a sequestro preventivo, ubicato nell’area di interesse e gestito da un cittadino nigeriano. Il capo dell’organizzazione, resosi irreperibile all’atto della cattura, è stato localizzato in Germania, da dove è stato estradato il 10 maggio 2019.

«Sempre nel mese di luglio, questa volta a Perugia, l’operazione «Nigerian Cultism» ha ripercorso il classico cliché operativo dei gruppi cultisti, per il quale sono stati tratti in arresto 8 cittadini nigeriani, (tra i quali l’Ibaka della locale confraternita cultista degli Eiye), dediti ad organizzare e finanziare l’ingresso clandestino in Italia di una pluralità di donne africane, condotte sino alle coste libiche in vista del successivo attraversamento del Mar Mediterraneo per essere destinate alla prostituzione – evidenzia il dossier Dia – Il ricavato veniva, come sempre, intrattenuto a titolo di rimborso delle spese di trasporto e di alloggio in Italia, ingenerando in queste donne uno stato di soggezione assoluta attraverso la minaccia di conseguenze magico-religiose sfavorevoli nel caso in cui non avessero versato regolarmente agli sfruttatori i proventi della loro attività».

MAFIA NIGERIANA – 1. ORA IRRIDE L’ITALIA E SI FA BEFFE DI MONTI E VATICANO

Anche la Sardegna non è immune dalla presenza dei gruppi organizzati nigeriani. Il 21 novembre 2018 gli esiti dell’operazione “Calypso Nest”, eseguita dalla Polizia di Stato hanno fatto luce sull’operatività, nella provincia di Cagliari, dell’omonima cellula criminale nigeriana di tipo mafioso, dedita principalmente al traffico di droga, oltreché allo sfruttamento della prostituzione ed alla tratta di esseri umani. L’organizzazione è risultata essere una propaggine della struttura nigeriana denominata Vatican Aviary, a sua volta appartenente alla Eiye Supreme Confraternity, la cui presenza è registrata in diverse località della penisola. Tra gli arrestati, rispettivamente a Padova e a Treviso, figurano anche il Grand Ibaka ed il World Ibaka, figure apicali dell’organizzazione italiana della Supreme Eiye Confraternity.

L’operazione ha permesso di identificare, all’interno di un capannone ubicato a Selargius (CA), tutti i componenti della cellula sarda della confraternita nigeriana, con l’arresto di alcuni dei corrieri e il sequestro di circa kg. 7,5 tra eroina e cocaina, proveniente dal Sud Africa, dal Mozambico e dall’Olanda, attraverso l’intermediazione di altri nigeriani residenti a Como, a Napoli ed a Castel Volturno (CE).

 

GLI INTELLETTUALI PARA-MASSONICI DELLA MAPHITE

 

Questa confraternita fu fondata nel 1978 nelle Università nigeriane, il termine che la distingue è l’acronimo di Maximo Academyc Performance Highly Intelectual Empire, governato dal Suprime Maphite Council, che ha sede in Nigeria. Ad esso sono sottoposti i cult presenti nei Paesi di proiezione. La confraternita si caratterizza per l’utilizzo, da parte dei suoi appartenenti, di un linguaggio che utilizza una terminologia estranea ad un contesto tipicamente criminale: è una cautela, talvolta utilizzata anche dalle organizzazioni criminali italiane, nel tentativo di rendere incomprensibile le conversazioni nel corso di attività tecniche. Il cult affilia solamente persone di sesso maschile, senza discriminazioni religiose. La sua festa viene celebrata ogni anno, l’11 maggio, giorno in cui si ricordano i defunti caduti “in azione”. Nell’occasione, i Maphite sono soliti indossare un cappello di colore verde, mentre il loro simbolo è costituito da due palmi della mano, uniti e rivolti verso l’alto, e una fiamma nel mezzo che arde.

Il simbolo esoterico dei Maphipe con le mani giunte ed una fiamma accesa evoca il rito d’iniziazione della mafia siciliana del santino bruciato tra le mani

Le indagini degli ultimi anni hanno evidenziato la diffusione dei Maphite soprattutto in Emilia Romagna e in Piemonte. Negli anni passati, come già illustrato, la DDA di Torino si era ampiamente occupata dai cults nigeriani, pervenendo ad importanti condanne definitive che hanno riguardato la connotazione mafiosa degli Eiye ed i Black Axe. Tuttavia, “dopo un periodo di calma e di attenta mimetizzazione, si sono riattivati sul territorio alcuni cults dediti al traffico di stupefacenti e all’immigrazione clandestina soprattutto di donne da destinare all’esercizio della prostituzione”. In tale contesto, è stata in dividuata l’operatività di un nuovo gruppo criminale, proprio quello dei Maphite, struttura transnazionale sostenuta da una fortissima omertà interna, dedita alle intimidazioni ed alle minacce degli appartenerti al cult pronti a punire, anche sul territorio africano, le famiglie di chi si dissocia o tradisce l’organizzazione.

 

UN SODALIZIO CRIMINALE TRANSNAZIONALE

Di quanto sopra si trova riscontro nell’inchiesta “Athenaeum”, conclusa, il 13 settembre 2016, dall’Arma dei Carabinieri, coadiuvata dalla Polizia Locale di Torino, con l’esecuzione di una misura restrittiva nei confronti di 44 cittadini nigeriani, componenti di Eye e Mpahite, attive nella provincia di Torino, a Novara ed Alessandria, ai quali è stata contestata l’appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso, oltre ad altri reati quali spaccio di stupefacenti, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e lesioni gravi. Le indagini della magistratura torinese hanno anche individuato le proiezioni internazionali del cult, con presenze in Canada, Regno Unito, Olanda, Germania, Malesia e Ghana. Determinante è stato il contributo fornito da un soggetto nigeriano che ha deciso di collaborare con l’Autorità giudiziaria torinese, svelando regole e relative punizioni in caso di trasgressione, struttura gerarchica, riti di affiliazione, ruoli e cariche interne all’organizzazione.

Per aderire all’organizzazione si deve pagare una somma in denaro e sottostare a un rito di affiliazione tribale molto cruento, una sorta di prova di resistenza, al termine del quale si viene battezzati con un nuovo nome che identifica il soggetto come appartenente al cult.

«Anche per i Maphite, a volte l’affiliazione è imposta e non costituisce una scelta libera, passa per la selezione di persone che servono all’organizzazione, come i giovani nigeriani appena sbarcati che vengono destinati allo spaccio – nota la Dia – Si può entrare nel cult sia in Nigeria che nei vari Stati in cui si risiede e in cui è presente l’organizzazione, ma occorre essere “presentati” da qualcuno che già ne faccia parte e che ne ricopra un ruolo di vertice. L’affiliazione avvenuta in Nigeria conferisce, invece, una maggiore importanza al nuovo membro, il quale, in caso di espatrio, sarà indirizzato agli appartenenti al cult del Paese di arrivo. Una volta entrati a far parte si acquisiscono benefici e privilegi. Si possono commettere reati anche individualmente, ma gli altri appartenenti al cult devono averne comunicazione».

In Italia i Maphite sono territorialmente suddivisi in quattro famiglie: la Famiglia Vaticana, con sede principale in Emilia Romagna, e “controlla” anche la Toscana e le Marche; la Famiglia Latino, “competente” sul Piemonte, Liguria e Lombardia; la Famiglia Roma Empire, attiva nella Capitale e su Lazio, Campania, Abruzzo e Calabria; la Famiglia Light House Of Sicily, attiva in Sicilia e Sardegna.

DALLA MAFIA AGLI STROZZINI: TUTTE LE SCHIAVITU’ DEI MIGRANTI

Per quanto noto, la Famiglia Vaticana è l’unica espressione dei Maphite ad essere considerata ufficialmente dal Supreme Maphite Council per aver versato in Patria la somma necessaria per farsi “riconoscere”. Il cult in parola è anch’esso organizzato in maniera verticistica. A livello nazionale vi è un unico capo, il Don nazionale ed un vice. Ogni famiglia è guidata da un organo decisionale, detto Don In Council (D.I.C., Consiglio dei Capi), mentre in ogni regione (ad eccezione per il Piemonte e Lombardia, dove tale organismo sarebbe unico), è presente un Coordinator In Council (C.I.C., Consiglio dei Coordinatori), braccio operativo del D.I.C. che coordina tutte le attività illecite sulle aree di competenza, svolgendo anche una funzione di intelligence (raccolta informazioni).

«A livello nazionale è presente il Council Of Professor (C.O.P., Consiglio dei Professori), guidato da un Chairman (“presidente”) e composto da “saggi”, che monitora e supervisiona l’attività dei D.I.C., determinando, all’occorrenza, punizioni per gli affiliati che non si adeguano alle regole del cult – riferisce il rapporto dell’Antimafia – Le attività illecite svolte dalle suddette famiglie sono gestite da apposite Sezioni – con a capo una persona nominata dal Don e sette collaboratori che restano in carica per due anni – distinte per tipologia di attività illecita, così denominate: Tyrus, per gli stupefacenti1470; Jazibel-Rhaba, per la prostituzione; Mario Monti, per il trasferimento di denaro; Operation Sanyo-Sanyo, per le armi; Operation Canaland, per le estorsioni. I vertici dell’organizzazione riceverebbero un compenso mensile dalla sede centrale in Nigeria, attraverso circuiti bancari legali, nella valuta dello Stato in cui operano.

 

I VIKINGS: ATTIVI NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA 

Il cult è stato costituito nel 1984, presso l’Università di Port Harcourt (Nigeria), da un fuoriuscito dei Buccaneers, che creò una nuova confraternita chiamandola Supreme Vikings Confraternity (conosciuta anche come Arobaga o Adventurers o, in alternativa, De Norsemen Club Of Nigeria). Una volta approdato in Italia il cult ha ulteriormente abbreviato il suo nome semplificandolo in Vikings. Esattamente come accaduto per le altre confraternite, anche quest’ultima era nata con finalità e scopi sociali, ben presto accantonati, caratterizzandosi, rispetto alle altre, per la massiccia presenza di soggetti maschili molto giovani e particolarmente aggressivi.

Il simbolo dei Vikings

Al pari di altre confraternite anche i Vikings sono stati oggetto di contrasto da parte delle Autorità nigeriane, le quali, per cercare di arginare il fenomeno, sono talvolta intervenute durante la celebrazione di alcuni cruenti riti di affiliazione. Nel nostro Paese la presenza dei Vikings, in chiara contrapposizione agli Eiye ed ai Black Axe, è stata riscontrata solo di recente, in misura più consistente in Piemonte, Marche, Emilia Romagna (a Ferrara e a Reggio Emilia, in particolare), nella provincia di Bari, in Sicilia ed in Sardegna. Taluni contatti con connazionali stanziati in altri Paesi europei sono risultati funzionali all’importazione di stupefacenti anche mediante l’impiego di corrieri reclutati tra giovani nigeriani anche di sesso femminile.

MIGRANTI E MAFIA NIGERIANA

«Come le altre organizzazioni nigeriane, i VIKINGS sfruttano i flussi migratori utilizzando spesso i centri di accoglienza come luoghi di primo insediamento e, a volte, di vero e proprio arruolamento. Tale assunto ha trovato una recente conferma nell’ambito dell’operazione “Catacata-Norsemen”, coordinata dalla DDA di Catania e confluita in un decreto di fermo di indiziato di delitto, eseguito dalla Polizia di Stato nei confronti di 26 componenti della cellula «Catacata M.P. (Italy Sicily) – De Norsemen Kclub International», attiva a Catania e provincia, con base operativa presso il C.A.R.A. di Mineo (CT). Gli stessi dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di droga, violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo» riferisce la Dia

Le indagini hanno fatto luce sulla fitta rete di affiliati alla confraternita dei Vikings in diverse strutture di accoglienza nazionali, dove imponevano la propria supremazia. Il più delle volte le sopraffazioni venivano effettuate per estorcere l’affiliazione al cult, altre per stabilire le gerarchie e il potere, altre per recuperare il denaro anticipato per sostenere il viaggio dei migranti dalla Libia all’Italia. Il tutto approfittando della vulnerabilità dei connazionali da poco giunti in Italia.

Il rituale di affiliazione è un caratterizzato da canti tribali inneggianti alla forza della confraternita, durante i quali i nuovi adepti ripetevano continuamente “voglio essere Norseman” e “per scandire la liturgia, simulavano spari di arma da fuoco, sbattendo degli oggetti”. È prevista la figura di un capo e di propri luogotenenti, che hanno il compito di gestire le attività illecite nelle aree di competenza e di reclutare nuovi adepti, anche sottraendoli ai gruppi contrapposti; scendendo nella scala gerarchica, ad altri soggetti sottoposti è demandato lo smercio dello stupefacente ed il controllo del racket dell’accattonaggio (funzionale anche al controllo del territorio). Ancora una volta si evidenzia il ruolo delle maman, cui è affidata la gestione delle ragazze da avviare alla prostituzione. Il cult non disdegna l’apparizione sui social, ove è presente con un profilo facebook dedicato. Durante le feste sono soliti indossare un cappello di colore rosso.

 

LA SFIDA ANTIMAFIA E L’ALLARME BOKO HARAM

 

«Ci si trova così di fronte ad una mafia, tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne, che dal Nord Italia si è progressivamente diffusa su tutto il territorio nazionale, fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra. Per contrastare un fenomeno di tale portata è necessario, allora, comprendere bene e soprattutto far conoscere le caratteristiche di questa nuova mafia» concludono gli investigatori Dia.

Alcuni agenti della Direzione INvestigativa Antimafia, il gruppo interforze che raggruppa Polizia, Carabinieri, Finanza e Polizia Penitenziaria

«Si tratta di una sfida che non ci coglie impreparati. L’Italia ha il grande vantaggio di aver accumulato una solida, diremmo unica esperienza investigativa e giudiziaria che nel coordinamento e nella capacità di lavorare insieme ha il suo punto di forza. Tutti gli strumenti investigativi sperimentati positivamente contro le mafie nazionali sicuramente possono essere efficacemente applicati anche alla mafia nigeriana e alle altre espressioni mafiose non tradizionali – rimarca ancora la Direzione Investigativa Antimafia – Sul piano investigativo allora la visione dovrà essere sempre più orientata ad investire nell’analisi delle rotte internazionali delle potenziali “cellule” di questo network, la cui strategia sicuramente punta a fare affari attraverso il traffico internazionale di stupefacenti e la tratta di persone ridotte in schiavitù, non di rado mimetizzate tra i flussi di immigrati clandestini».

MACHETE CONNECTION SOTTO GLI OCCHI CIECHI DEL QUIRINALE

Per il gruppo interforze è necessario monitorate questo «network con rilevanti segnali di aggressione criminale, che si basa su modelli culturali distanti da quelli occidentali, in costante contatto con la madre Patria» non solo per valutarne la pericolosità «ma anche per prevenire eventuali contaminazioni da parte di espressioni estremiste filo-islamiche presenti anche in Nigeria, dove Boko Haram continua a diffondersi. In tale ambito, non si potrà prescindere dal riservare la massima attenzione verso gli istituti penitenziari, per evitare che si alimentino percorsi di radicalizzazione. A tal riguardo, la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha attivato e consolidato un canale di collegamento con la Magistratura nigeriana per un costante scambio di informazioni, che certamente sarà foriero di investigazioni giudiziarie più mirate e quindi maggiormente efficaci».

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
© COPYRIGHT GOSPA NEWS
divieto di riproduzione senza autorizzazione

JIHADISTI ISLAMICI – TERRORISTI – STRAGI

MAFIE E INGIUSTIZIE

 

(Visited 3.754 times, 1 visits today)

Fabio Giuseppe Carlo Carisio

2 pensieri su “MAFIA NIGERIANA – 2. I SUPER-BOSS NERI NELLA TRATTA DEI NUOVI SCHIAVI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *