CINQUE CONDANNE A MORTE PER L’OMICIDIO DI KASHOGGI. Assolto e scarcerato il console saudita
AGGIORNAMENTO DEL 7 SETTEMBRE 2020
Cancellata la condanna a morte per 5 persone accusate dell’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi. La Corte d’Appello ha infatti graziato i precedenti condannati infliggendo pene più lievi per tutte le otto persone accusate dell’assassinio brutale dell’opinionista del Washington Post: cinque sono state condannate a 20 anni di prigione, mentre altre tre hanno avuto condanne comprese tra 7 e 10 anni.
ARTICOLO DEL 23 DICEMBRE 2019
La verità sulla morte del giornalista arabo Jamal Kashoggi sarà probabilmente sepolta insieme ai cadaveri dei condannati a morte. Il Tribunale di Riad ha infatti emesso la sentenza capitale nei confronti di cinque persone ritenute responsabili dell’omicidio e dello squartamento dell’opinionista del Washington Post, avvenuto all’interno del consolato dall’Arabia Saudita a Istanbul, in Turchia, nel 2018. La Procura saudita ha anche annunciato che altre tre persone sono state condannate a 24 anni di carcere per aver cercato di ”insabbiare il crimine”. Tutti i condannati possono ricorrere in appello.
Ma più che i “capri espiatori” ed esecutori materiali del delitto, ritenuto non premeditato ma accidentale dai giudici, suscitano interesse i nomi delle autorità considerate estranee al barbaro assasinio.
Non è stato infatti incriminato Saud al-Qahtani, ritenuto l’assistente personale ed ex responsabile per la comunicazione sui social media del principe ereditario saudita, Mohamed bin Salman, ha annunciato la procura di Riad. Secondo le indagini condotte dagli esperti dell’Onu c’erano invece “prove credibili” di responsabilità individuali del principe e del suo consigliere, come riporta RaiNews.
Il Tribunale ha anche ritenuto non colpevole Mohammed al-Otaibi, Console generale saudita a Istanbul all’epoca dei fatti. Il diplomatico è stato rilasciato dal carcere dopo l’annuncio dei verdetti, riferisce la tv di stato. A nulla sono servite le pressioni internazionai del Dipartimento di Stato Usa che il 10 dicembre scorso aveva annunciato che Mohammed Al-Otaibi era stato accusato di gravi violazioni dei diritti umani nel caso di omicidio del giornalista dissidente.
Il processo a carico degli accusati è stato condotto a porte chiuse, in quasi totale segretezza e, secondo Human Rights Watch, non ha soddisfatto gli standard internazionali. Soltanto alcuni diplomatici, anche turchi, e membri della famiglia Khashoggi erano stati autorizzati ad assistere alle udienze, nove in tutto, che hanno stabilito la non intenzionalità di uccidere per i cinque condannati a morte, afferma la tv ufficiale saudita.
“Abbiamo concluso che l’omicidio di Khashoggi non era previsto”, si legge nella dichiarazione della Procura. Non è più uscito Quella che ha portato alla morte di Khashoggi, il cui corpo non è mai stato ritrovato, è stata definita dalla Procura saudita come una ”operazione canaglia”. Jamal Khashoggi era entrato nel Consolato del suo Paese a Istanbul la mattina del 2 ottobre 2018 per ottenere i documenti per sposarsi con la fidanzata turca, Hatice Cengiz, che era rimasta ad attenderlo fuori.
“Ci sono prove credibili che meritano ulteriori indagini su un possibile coinvolgimento del principe ereditario saudita Mohamed Bin Salman (e di altri funzionari del Regno wahabita) nell’uccisione del giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi”, fortemente critico della Corona saudita.
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Lo affermava nei mesi scorsi il rapporto di 101 pagine redatto dagli esperti Onu sui diritti umani che indagano sul caso, guidati da Agnes Callamard: Nello stesso rapporto si sostiene che “il giornalista Jamal Khashoggi è stato vittima di una esecuzione deliberata e premeditata”. Così non è stato secondo il Tribunale di Riad sebbene il corpo dell’uomo sia stato fatto a pezzi e quindi occultato. Inoltre fu anche fatto credere che Kashoggi avesse lasciato il Consolato.
«L’Arabia Saudita è responsabile in base alla legge internazionale per l’uccisione extragiudiziale di Khashoggi» afferma ancora Callamard nel suo rapporto redatto in base alla prima indagine indipendente sull’uccisione del giornalista. La relatrice speciale delle Nazioni Unite per le esecuzioni extragiudiziali o arbitrarie si è recata in Turchia a capo di un gruppo di esperti Onu per indagare sul caso. Negli scorsi mesi ha denunciato la mancanza di trasparenza nelle udienze in Arabia Saudita del processo agli 11 imputati accusati dell’omicidio tenute segrete dalle autorità, chiedendo che fossero rivelati i nomi degli imputati e la sorte di altre 10 persone inizialmente arrestate.
L’omicidio del giornalista saudita ha fatto scalpore in tutto il mondo e provocato la condanna unanime della comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, e del presidente americano Donald Trump che ha comunque mantenuto i piani di collaborazione militare con l’Arabia nonostante il misterioso delitto.
Redazione Gospa News
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