IN LIBIA 229 FEROCI CAPI ISIS CON 4700 JIHADISTI FILO-TURCHI. L’Onu indaga, l’Europa dorme
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
«Diverse migliaia di combattenti dell’ISIS hanno lasciato Idlib in Siria attraverso il confine settentrionale e sono finiti in Libia. Questo è qualcosa che noi nella regione, ma anche i nostri amici europei dovremo affrontare nel 2020» ha recentemente ammonito Abd Allah II, il re della Giordania. Anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha confermato questo riguardo alle informazioni.
«Sfortunatamente, questo è stato ignorato nella conferenza di pace di Berlino sulla Libia. Convinto dal cancelliere tedesco Angela Merkel, i giocatori di tutto il mondo hanno cercato di mettere in atto un cessate il fuoco tra le due principali parti in conflitto nel conflitto. Ma ciò potrebbe rivelarsi solo l’ultima delle loro preoccupazioni se l’ISIS prende fuoco» lo rilevava a fine gennaio un dettagliato articolo su Blitz scritto da Olivier Guitta, amministratore delegato di GlobalStrat, una società di consulenza di sicurezza e rischio geopolitico per aziende e governi.
Il pericolo annunciato sta diventando sempre più certezza secondo altri reportage pubblicati da vari website di analisi del Medio Oriente. HawarsNews, media curdo, riferisce di una lista di 229 pericolosissimi terroristi islamici di Jabat al-Nusra, affiliati ad Al Qaeda, e delll’Isis già inviati dalla Turchia a Tripoli.
Alcuni dei capi, ricercati in tutto il mondo per molteplici crimini terroristici, sono già stati identificati dall’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Khalifa Hatfar, leader della Cirenaica che sta combattento contro il GNA (Governo Accordo Nazionale) di Fayez al-Sarray per il controllo della Tripolitania dall’aprile scorso. Le persone individuate sono alcuni leaders dello Stato Islamico di lunga militanza che hanno seminato il terrore in Siria e nella stessa Libia.
Nel frattempo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani riporta numeri da capogiro sulla presenza di jihadisti mercenari armati e finanziati dal presidente turco Recep Tayyb Erdogan: 4.700 sarebbero già arrivati a Tripoli mentre altri 1.800 sono in addestramento in Turchia e almeno 64 sono arrivati dall’Europa. Alcune decine di jihadisti sarebbero invece fuggiti in Italia.
Se di questi movimenti il governo italiano come quello dell’Unione Europea pare non curarsi si sta invece nteressando il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che avrebbe avviato un’indagine sugli spostamenti degli terroristi islamici filo-turchi dalla Siria alla Libia dove ora possono anche fare affidamento su un moderno sistema di difesa anti-missili appena piazzato dall’esercito di Ankara nell’aeroporto di Tripoli, dove la trega imposta dalle Nazioni Unite viene continuamente violata da entrambe le parti.
I SUPER-RICERCATI CAPI DELL’ISIS A TRIPOLI
Il maggiore generale Ahmed al-Mesmari, portavoce del comando LNA, afferma che la Turchia ha preparato un elenco di 229 terroristi di Jabhat al-Nusra fedeli ad Al-Qaeda e mercenari dall’ISIS alcuni dei quali giù trasferiti a Tripoli, per sostenere le forze del Governo dell’Accordo Nazionale. Lo riporta il sito curdo HawarNews con tanto di nomi, foto e storia dei super-ricercati.
«Il terrorista egiziano classificato nelle liste terroristiche di un certo numero di paesi, “Osama al-Sayed Qassem” e soprannominato “Abu al-Harith al-Masri”, condannato a 50 anni di nel caso di omicidio del defunto presidente egiziano Mohamed Anwar Sadat e ricercato dalla sicurezza egiziana per altri assassinii, è riuscito a fuggire in Libia nel 2013 ed è entrato a far parte dell’organizzazione “Ansar al-Sharia” a Bengasi, prima di rifugiarsi in Siria nel 2016 dopo che l’esercito libico ha eliminato le organizzazioni terroristiche nell’Oriente libico. Era un leader terrorista in “Jabhat al-Nusra” e poi è passato a Hayat Tahrir al-Sham HTS iniziando a lavorare sotto la protezione dell’intelligence turca e del Qatar. Dalla Siria è passato alla Turchia dove ha firmato il reclutamento come mercenario per la Libia» riporta HawarsNews.
«Bilal bin Yusuf bin Muhammad al-Shawashy, soprannominato “Abu Yahya Zakaria”, tunisino, ha viaggiato dal suo paese in Libia nel 2013 e da lì in Turchia per apparire in Siria nella città di al-Bab all’interno il “Jabhat al-Nusra”. Alcuni confermano che si unì all’ISIS prima di disertare e fuggire in Turchia in sefuito all’ordine dell’organizzazione di arrestarlo insieme ad un folto gruppo miliziani dello Stato Islamico del Nord Africa. E’ un pericoloso terrorista ingaggiato per sostenere i ranghi del GNA» narra HawarsNews..
«Abdullah Muhammad al-Anzi, soprannominato “Abu Muhammad al-Jazarawi”, un cittadino saudita nato nel 1993, è entrato in Siria dalla Turchia nel 2015, si è unito all’ISIS e ha combattuto contro l’esercito siriano nella campagna di Damasco e Homs e divenne Amir nella milizia “Aswad al-Adnani”, poi si è trasferito nella città di Azaz e si è unito alla milizia “Ahrar al-Sharqiya” come comandante militare. E’ un pericoloso terrorista ricercato da diverse forze di sicurezza portato a Tripoli per combattere all’interno delle forze armate» aggiunge HawarNews.
Tra i mercenari arrivati nella capitale libica c’è anche Yahya Taher Farghali, un cittadino egiziano chiamato Abu al-Faraj al-Farghali, capo dell’ufficio legale dei mercenari di Ahrar al-Sham affiliato ad al-Qaeda. Ha fondato 9 brigate da combattimento in nome delle brigate al-Fateh, la maggior parte delle quali si trovano in Libia. Non è la prima volta che la Turchia utilizza ex comandanti dell’Isis o di Al Qaeda per le proprie operazioni militari: ne furono individuati be 76 impiegati da Erdogan durante l’ultima invasione del Rojava, la Siria Nord-Orientale.
FOREIGN FIGHTERS DALL’EUROPA E JIHADISTI DAL MALI
«Sono arrivate notizie di 56 cittadini francesi, 20 cittadini britannici e 16 belgi che hanno aderito all’ISIS in Libia. Non è una coincidenza il fatto che la Libia sia stata collegata agli attacchi dello Stato islamico all’estero, sulla spiaggia di Sousse, in Tunisia, nel 2015, all’attacco al Mercatino di Natale a Berlino nel 2016 e agli attacchi del 2017 nel Regno Unito a Manchester Arena e London Bridge».
IL KILLER JIHADISTA GIA’ CONDANNATO: VOLEVA FAR ESPLODERE LA BORSA DI LONDRA. Incubo lupi solitari
Lo riferisce invece Olivier Guitta nella sua analisi su Blitz in cui evidenzia l’impegno dello Stato Islamico a risorgere proprio nei dintorni di Tripoli. Il motivo lo spiega un dossier dell’Europol firmato dalla ricercatrice universitaria Inga Kristina Trauthig dell’International Center for the Study of Radicalization e dottoranda presso il Dipartimento di Studi sulla Guerra entrambi del King’s College di Londra.
«Sebbene il maggior numero di reclute straniere provenisse dalla vicina Tunisia, i combattenti sub-sahariani provenienti da diversi paesi africani sono importanti per l’IS in Libia. L’importanza della Libia a causa della sua posizione geografica è stata elaborata nel gennaio 2015 da un oscuro membro della Libia IS chiamato Abu Irhim al-Libi nel suo lavoro “Libia: la porta strategica per lo Stato islamico”, in cui spiega che “la Libia guarda il mare, il deserto, le montagne e sei stati: Egitto, Sudan, Ciad, Niger, Algeria e Tunisia… È l’ancora da qui si possono raggiungere l’Africa e il Maghreb islamico».
L’analisi di Trauthig è stata presentata durante la Terza conferenza dell’European Counter Terrorism Center (ECTC) Advisory Network su terrorismo e propaganda, il 9-10 aprile 2019, presso la sede dell’Europol a L’Aia. Pertanto risulta ormai superata dall’invio dei mercenari jihadisti da parte della Turchia iniziato a fine dicembre prima ancora che il governo di Erdogan ottenesse dal Parlamento il via libera per una missione militare ufficiale dell’esercito.
INFERNO SAHEL: JIHADISTI AFRICANI TRUCIDANO PRETI E CRISTIANI
La pericolosità dei jihadisti africani è confermata sempre dall’articolo di Blitz: «L’ISIS ha intrapreso un percorso di reclutamento nel 2015-2016 usando molteplici tattiche come il presunto rapimento di lavoratori migranti sotto la minaccia delle armi per costringerli ad addestrarsi per diventare kamikaze esplosivi. Secondo quanto riferito, lo Stato islamico ha offerto $ 1.000 alle reclute del Mali per unirsi ai loro ranghi in Libia».
ESUBERO DI MERCENARI SIRIANI PER LA TURCHIA
Mille dollari è cifra importante per chi arriva dall’affamato Sahel dove il jihadismo si sta diffondendo a macchia d’olio con una strage di cristiani da ormai alcuni anni. Ma tale somma è nulla al confronto dei $ 2.000 offerti dalla Turchia ai terroristi islamici che combattono nelle fazioni siriane contro il presidente Bashar Al Assad e per anni sono stati finanziarti, armati ed addestrati dall’intelligence turca MIT e dalla Cia, come comprovato da recenti dossier sulla fornitura dei potenti missili anticarro TOW a ben 21 gruppi armati integralisti Sunniti.
DOSSIER TURCO: I 21 GRUPPI JIHADISTI FINANZIATI DA USA E CIA: armati coi micidiali missili TOW
Ora, infatti, Ankara si trova ad affrontare il problema di un esubero di mercenari volontari che in Siria guadagnano in media solo $ 300 e sono allettati dal salario previsto per la Libia anche con il pensiero di un’eventuale fuga in Europa attraverso il Mar Mediterraneo sui barconi dei migranti che l’Italia, con il nuovo governo Conte Bis sostenuto da PD e 5 Stelle ha ripreso ad accogliere in modo indiscriminato: solo nell’ultimo mese di gennaio ci sarebbero stati circa 1500 arrivi.
Tra questi decine di jihadisti mercenari della Turchia che si sono infiltrati tra i clandestini: non si sa per iniziativa personale o per una precisa strategia dei servizi segreti turchi che li coordinano. A riferirlo è stato l’Osservatorio Siriano sui Diritti Umani (SOHR) che affermava di avere contatti diretti con le famiglie di molti miliziani.
«Continua la registrazione dei volontari che desiderano intraprendere la guerra in Libia. Fonti SOHR riportano che il numero di reclute arrivate a Tripoli fino a oggi è salito a quasi 4.700, mentre circa 1.800 altre sono arrivate in Turchia per seguire corsi di addestramento» riferisce il sito ufficiale dell’Osservatorio.
«Nonostante il numero di mercenari che si sono offerti volontari per andare in Libia ha superato i 6.000, il numero richiesto dalla Turchia, il reclutamento si sta ancora diffondendo in Afrin, aree sotto il controllo delle fazioni di “Euphrates Shield” e della regione del NE Siria. I volontari sono combattenti delle fazioni “Divisione al-Mu’tasim, Sultan Murad, Brigata Suqur Al-Shamal, Al-Hamzat, Al-Sham Corps, Suliman Shah e Samarkand Brigade”. È interessante notare che circa 64 combattenti di coloro arrivati prima in Libia, si sono poi infiltrati in Europa» aggiunge SOHR segnalando già 80 morti di questi gruppi nel territorio libico ed evidenziando la migrazione dei jihadisti verso l’Italia per raggiungere il Vecchio Contintente.
L’INCHIESTA ONU SUI JIHADISTI IN LIBIA
Secondo il media curdo HawarNews un gruppo di esperti del Comitato delle Sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sta indagando sulle accuse contro la Turchia di trasferire mercenari stranieri dalla Siria alla Libia.
«Le fonti hanno spiegato che ci sono informazioni che indicano che un aereo militare turco ha trasportato mercenari siriani da Gaziantep (al confine tra Siria e Turchia) a Istanbul e poi in Libia.
Le stime delle fonti delle Nazioni Unite sono inferiori a quelle delle stime dell’Osservatorio siriano per i diritti umani secondo cui il numero totale di mercenari siriani in Libia è di 4.700» ma l’allarme resta alto ed era stato evidenziato già il 19 gennaio scorso dal presidente francese Emmanuel Macron al vertice sulla Libia a Berlino durante al quale aveva chiesto una “sospensione” all’invio di mercenari siriani filo-turchi in Libia a sostegno del governo di Tripoli.
Poiché la Francia, come Russia, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, sostiene il leader di Bengasi Haftar nella sua guerra contro Al Sarraj, ritenuto incapace di guidare la Libia verso lunità e la pace, le sue segnalazioni vengono viste con diffidenza dal resto dell’Unione Europea che appoggia il Governo di Accordo Nazionale di Tripoli.
E c’è probabilmente anche la questione libica al centro della recente rottura dei contatti diplomatici tra i Sauditi ed il Qatar, governato dai Fratelli Musulmani come la Turchia, che hanno indotto Riad a denunciare pubblicamente le violazioni di Erdogan in Siria (Idlib e Rojava), Somalia e soprattutto in Libia. Queste tensioni complicano ancor di più lo scenario del Mediterraneo in considerazione degli affari nel campo militare e bellico tra l’emiro di Doha, l’Italia e la Gran Bretagna analizzati nel precedente reportage sulla Lobby delle Armi.
LIBIA: DOPO I JIHADISTI LA TURCHIA INVIA LE ARMI. Dal Belgio voli sospetti del cargo moldavo-arabo
«La Turchia utilizza l’aeroporto di Mitiga, l’unico aeroporto che opera nella capitale libica, per il trasporto di mercenari su voli non registrati» riferisce HawarNews che avvalora i sospetti di un reportage di Gospa News sul traffico di aerei cargo tra Turchia, Belgio e l’aeroporto di Misurata, nel golfo della Sirte, probabilmente utilizzati per portare armi in Libia.
«La compagnia aerea libica “Africaya” e Al-Wings, di proprietà del militante libico con base in Turchia, Abdelhakim Belhadj, stanno trasportando mercenari» secondo la RFI francese.
IL SISTEMA DI DIFESA AEREA TURCO A TRIPOLI
E proprio nell’unico aeroporto internazionale di Mitiga, approfittando della tregua in Libia, la Turchia avrebbe installato sistema di difesa aerea americano Hawk, oltre a sbarcare armi, veicoli militari e mercenari siriani e turkmeni a Tripoli.
Lo ha denunciato in una conferenza stampa il generale Ahmed al-Mismari, portavoce del comando del Libyan National Army di Haftar mostrando anche alcune fotografie.
«Inoltre, un sito web specializzato nel scattare foto via satellite ha pubblicato un’immagine dei droni nella capitale libica e ImageSat, sul suo account Twitter, pubblicato mercoledì, filmati che mostrano i droni “Bayrakdar” TB1 UAS all’aeroporto internazionale di Mitiga. Questo nuovo sostegno turco al Governo dell’Accordo è un’ulteriore prova delle violazioni turche degli sforzi internazionali volte a fermare gli interventi nei paesi che sono stati lacerati dal conflitto per anni» precisa il sito curdo che ogni giorno denuncia i soprusi commessi dai jihadisti filo-turchi ad Afrin e in altre zone del Rojava.
«L’ISIS potrebbe sfruttare l’opportunità di un’escalation del conflitto tra le parti in guerra per espandersi drammaticamente in Libia. In questo scenario, come in Siria, combattenti stranieri dall’Europa si affollerebbero nell’area in gran numero. In effetti, un nordafricano di Bruxelles, Parigi o Amsterdam ha molto più in comune con qualcuno dalla Libia che con qualcuno in Siria o Iraq. Abbinalo al fatto che l’ingresso in Libia è facile con l’enorme afflusso di rifugiati, potrebbe essere una ricetta per il successo dell’ISIS» rileva anche l’analista di geopolitica Olivier Guitta in Blitz.
«Altri fattori potrebbero renderlo ancora più pericoloso: la Libia potrebbe essere un possibile trampolino di lancio per destabilizzare la vicina Algeria, il Marocco e la Tunisia e poiché la Libia si trova a soli 300 chilometri dall’Italia, potrebbe essere utilizzata come area di sosta strategica per lanciare attacchi contro l’Europa. Infine, ma non meno importante, l’ISIS potrebbe organizzare il passaggio dei rifugiati in Europa».
In tutta risposta ci sono gli inconcludenti viaggi del primo ministro italiano Giuseppe Conte ad Ankara e quelli del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Tripoli per discutere del memorandum sui diritti dei migranti per limitare le violazioni dei diritti umani in Libia dove ormai anche i clandestini sono messi di fronte l’opportunità di arruolarsi per una delle due fazioni.
Se questa è la risposta di Roma ai terroristi jihadisti, l’ISIS potrà dilagare facilmente prima in Italia e poi in Europa…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
© COPYRIGHT GOSPA NEWS
riproduzione vietata senza autorizzazione
MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – REPORTAGES SUI JIHADISTI
BLITZ – L’ALLARME ISIS IGNORATO DALL’UE
HAWARNEWS – CAPI ISIS RICERCATI INVIATI A TRIPOLI
SOHR – 4700 JIHADISTI IN LIBIA
HAWARNEWS – L’ONU INDAGA SUI MERCENARI TURCHI
HAWARNEWS – IL SISTEMA ANTI-AEREO TURCO A MITIGA
2 pensieri su “IN LIBIA 229 FEROCI CAPI ISIS CON 4700 JIHADISTI FILO-TURCHI. L’Onu indaga, l’Europa dorme”