NELL’INFERNO DI IDLIB E AFRIN IMAN MORTA DI GELO… O DI FAKE-NEWS da Ong e Social pro Turchia?
Migliaia di sfollati Arabi, Cristiani e Curdi
sotto la neve del rigido inverno
Ma i Turchi chiudono tre ospedali gratuiti
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Più cerco informazioni in merito al caso della piccola Imam che a 18 mesi sarebbe morta di freddo in Siria per colpa dei “Russi cattivi” intenti a bombardare l’ultima roccaforte dei ribelli. e più la sua storia odora di manipolazione come fu per quella del piccolo Omran, su cui i media del mainstream anti-Assad cotruirono una propaganda colossale poi smentita dal padre stesso del bambino, ferito solo di striscio da un crollo nella sua casa di Aleppo di cui mai si appurarono le vere cause del disastro. Prima di analizzare questa anomala vicenda servono alcune premesse.
Se a Idlib la guerra continua è soltanto perchè la Turchia da due anni, dal 17 settembre 2018, rispetta gli accordi di Astana e Sochi firmati con la Russia e l’Iran per il disarmo dei jihadisti sunniti delle varie organizzazioni terroristiche, tra cui quelle vicine ad Al Qaeda di Jabhat al-Nusra oggi chiamata Hay’at Tahrir al-Sham (HTS).
Se ad Afrin c’è l’inferno delle quotidiane violazioni dei diritti umani dei Curdi è sempre colpa del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, in seguito all’invasione ed occupazione avviata il 21 gennaio 2018 con la missione denominata sarcasticamente Olive Branch, ramo d’ulivo, ha lasciato la città in mano a feroci terroristi islamici come quelli della fazione di Ahrar Al Sharqyia, accusati di aver fucilato a sangue freddo la pacifista curda Hevrin Khalaf, colpevole di portare avanti un dialogo tra Sunniti, Sciiti e Cristiani nel Rojava curdo, ma anche di aver assassinato un bambino con la sindrome di Down, insieme a padre e nonno, perché i familiari non furono in grado di pagare il loro riscatto dopo il rapimento.
Se nella zona di Idlib ci sono ancora vittime civili dei bombardamenti dell’Esercito Arabo Siriano e delle forze aerospaziali della Russia è soltanto perché molti abitanti dell’area non hanno potuto lasciarla, attraverso i corridori umanitari predisposti dal governo di Damasco durante l’ultima tregua di domenica 12 gennaio, perchè i jihadisti, alcuni dei quali ex comandanti dell’Isis, lo hanno impedito, sotto la minaccia delle armi, per poterli utilizzare come scudi umani e giustificare l’indignazione internazionale.
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L’ultima notizia rimbalzata dai sitiweb e dai social di rivoluzionari siriani filo-Turchi fino a tutte le agenzie mondiali appare come la rappresentazione di una propaganda che, prendendo come spunto la notizia vera dei tanti sfollati ancora sotto le tende innevate dal rigido inverno, ha costruito quella che potrebbe rivelarsi, in mancanza di un’ulteriore conferma ufficiale, una colossale Fake-News costruita con le stesse tecniche utilizzate dai White Helmets per il finto attacco chimico a Douma.
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Proprio da Douma comincia la storia, così stramba da apparire fantasiosa, di una bimba 18 mesi che sarebbe morta congelata secondo il Syrian Network for Human Right, un’ong siriana con molteplici legami con gli USA e la Turchia che aggiorna il portale ufficiale solo per riferire di “Syrian Forces Violations” ed è pertanto difficile da ritenere super partes, ed un sedicente medico siriano Housam Adnan, già noto per denunce mai circostanziate su presunte violazioni dell’esercito di Bashar Al Assad nella Gouta Orientale.
Da Douma, dove avrebbe lavorato, il dottore sarebbe stato improvvisamente catapultato ad Afrin, nell’ospedale Al Shifa, così rinominato dopo che le forze di occupazione Turco-jihadiste lo hanno sottratto al controllo dei Curdi. E lì sarebbe stato testimone della tragedia…
IL GELO NEI CAMPI SIRIANI DEGLI SFOLLATI
In quella città del Nord proprio in questi giorni di freddo hanno pensato bene di chiudere ben tre ospedali gestiti invece dai Curdi al fine di incentivare quella sostituzione etnica che si sta attuando anche in altre zone del Rojava, la Siria Nord-Orientale, occupate dall’esercito di Erdogan con le operazioni Euphrate Shield e Peace Spring, ma ad Afrin ha già causato almeno mezzo milione di sfollati di cui nessuno parla.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha segnalato che circa 520mila persone sono state costrette a lasciare le loro case dal primo dicembre nel Nord della Siria portando ad 800mila gli sfollati assistiti ogni mese. Radio Vaticana si è fatta dare un aggiornamento, venerdì 14 febbraio, da padre Firas Lutfi, ministro dei Francescani della Regione di San Paolo, nella provincia di Aleppo.
«Questo freddo ha colpito Aleppo e tutta la regione del nord della Siria. Di notte le temperature si abbassano sotto zero, le persone sono congelate, aumenta l’influenza che colpisce soprattutto bambini ed anziani. Questo mese abbiamo infatti celebrato molti funerali di anziani, morti a causa del freddo, perché mancano il gas e l’olio per far funzionare le stufe, l’elettricità arriva solo pochissime ore al giorno. Davanti a questo scenario soffriamo tantissimo, anche la neve è caduta. I bambini non possono andare a scuola e i genitori li coprono mettendo loro tanti strati di vestiti».
Il francescano poi fornisce un preciso aggiornamento sul fronte di guerra: «Sono in continuo contatto con i miei confratelli francescani della piccola minoranza cristiana di Idlib. Sono tre i villaggi cristiani: Knayeh, Yacoubieh e Sdeide. Qui i pastori custodiscono questo piccolo gregge vivendo una carità eroica. Loro distribuiscono i pacchi alimentari a più di 1500 famiglie di tutte le confessioni religiose I missili cadono spesso sulla città di Aleppo, perché quando i gruppi jihadisti si sentono sotto pressione si vendicano non contro le postazioni militari ma contro i civili. Lanciano queste bombe nelle zone abitate da civili. Il governo sta adottando per accoglierli, perché il loro è un ritorno in patria, loro sono pieni cittadini della Siria e godono dei loro diritti dentro il loro Paese».
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Il gelo ha interessato anche i bambini di Damasco perché le scuole sono state chiuse dal governo per mancanza di riscaldamento. Ebbene sì! In uno dei paesi più ricchi di petrolio nella Valle dell’Eufrate, dove ci sono gli impianti di estrazione sequestrati abusivamente dall’esercito americano, mancano i soldi per il gasolio a causa delle sanzioni finanziarie imposte alla Siria dalla Casa Bianca nel 2014 e mai ritirate nonostante molteplici appelli alle Nazioni Unite da parte dei diplomatici siriani.
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Mentre a Deir Ezzor, Raqqa, Homs e nella stessa Aleppo molte famiglie di sfollati, fuggiti per le persecuzioni dei miliziani dello Stato Islamico, sono ritornate nelle proprio case nell’area nord-occidentale di Aleppo la situazione rimane critica per i continui lanci di razzi dei terroristi jihadisti, armati e finanziati dalla Turchia nel tacito assenso della NATO, e per la vicinanza con il fronte della provincia ad Idlib, ormai accerchiata dall’esercito di Siria e Russia ma resistente grazie ai continui rinforzi di truppe e veicoli inviati da Erdogan in violazione a tutti gli accordi diplomatici firmati.
In questo contesto esiste il dramma degli sfollati da Idlib che a Manbji vengono accolti dai Curdi dell’Amministrazione Autonoma del Rojava nelle tende ed assistiti con l’aiuto della Red Crescent, la Mezzaluna Rossa. Il citato SN4HR riferisce di 167 civili morti di freddo dal 2011, tra cui 77 bambini.
Non è dato sapere, però, quanti di costoro siano deceduti nel Campo di Al Rukban gestito da una forzmazione jihadista al confine con la Giordania per conto degli americani della vicina base militare di Al Tanf ed oggetto di molteplici segnalazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati come riportato da Gospa News in vari reportages.
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In questa situazione si innesterebbe la vicenda di Iman Mahmoud Laila, che sarebbe morta assiderata tra le braccia del padre mentre dal villaggio di Ma’arrata, ad ovest di Aleppo, sfidava il gelo notturno, il rischio di bombardamenti dal fronte di guerra vicino, per recarsi ad Afrin a far curare la piccola per problemi respiratori.
Di questa notizia non vi è traccia su alcuno dei principali media Curdi che coprono quotidianamente Afrin: HawarNews, ANF, BasNews, North PressAgency, ARK News…
Di lei è circolata una foto. Inizialmente sparata con risalto dai media mondiali e nazionali come Ansa ed Adnkronos, poi tolta dall’immagine di copertina come se ci fosse qualcosa di sospetto…
Di lei si conoscono solo il nome e la testimonianza di un medico sostenitore di una rete rivoluzionaria di giornalisti e professionisti chiamata Douma City-Revolution, tramite la quale, su Facebook, qualcuno ha festeggiato l’abbattimento di un elicottero dell’esercito di Damasco con il commento “Allah Akbar”, Allah è grande, tipico dei jihadisti.
Ha davvero solo 18 mesi la bambina malnutrita ma apparentemente più grandicella della fotografia? Com’è possibile che vi sia un’immagine di Iman con gli occhioni azzurri spalancati, un po’ spaventati ma pieni di luce, avvolta tra le coperte con cui il padre avrebbe cercato di proteggerla dal freddo? E’ stata fotografata dal genitore prima del viaggio iniziato nottetempo?
Il padre si è fermato a fare un selfie togliendosela dalle spalle durante il tragitto e posizionandola su una sedia trovata in campagna illuminando il suo volto con un flash nell’oscurità delle prime luci dell’alba?
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O è stata fotografata al suo arrivo in ospedale dai medici che prima ancora di soccorrerla hanno voluto immortalare il suo volto assiderato ma con boccuccia ed occhioni spalancati e vividi? Oppure l’unica prova certa della tragedia, ovvero la fotografia, è soltanto fake, un’immagine di repertorio?
Gospa News ha, purtroppo, pubblicato decine di foto di bambini morti per davvero, dopo aver attinto riscontri incrociati da molteplici fonti. Il loro viso non era certo così vitale…
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Sfido gli internauti a cercare una precedente pubblicazione di questa immagine. Può darsi che salti fuori magari nel grande archivio di fotomontaggi dei White Helmets, i presunti soccorritori del Syria Civil Defense, fondato da un ex 007 britannico morto in circostanze misteriose di recente a Istanbul e denunciati dalla Russia all’Onu come organizzazione terroristica per i legami con i qaedisti di Al Nusra.
I LEGAMI CON LA TURCHIA DI TESTIMONI E ONG
Sarà solo una coincidenza ma uno dei primi ad aver condiviso la straziante storia della bimba narrata con tanta poesia e pochi dettagli sanitari dal fantomatico dottor Housam Adnan, unica fonte primaria a conferma del racconto del Syrian Network, è stato proprio un siriano, Kefah Al-Shami, originario di Damasco ma oggi residente a Gaziantep, nella Turchia di confine, che si mostra su Facebook orgoglioso della sua divisa da White Helmets.
Un altro ad aver dato risalto alla storia è Amer Almohibany, fotoreporter e cameraman freelance, anch’egli originario di Damasco ed oggi guardacaso residente a Istanbul dopo aver collaborato con AFP e BBC.
Inquietante il suo fotomontaggio per San Valentino: un cuore di fumo nel cielo con al centro l’elicottero siriano abbattutto da un missile dei jihadisti insieme all’equipaggio proprio nella giornata di venerdì 14.
L’elenco di collusioni sospette o quantomeno faziose con l’unico presunto testimone oculare della morte della bimba potrebbe continuare…
Mi limito a rilevare che il SOHR, il Syrian Observatory Human Right, gestito da un emigrato siriano sunnita a Coventry (Regno Unito) e perciò ritenuto comunque faziosa sponda di propaganda anti-Assad, dopo la fuga di quasi tutti i White Helmets dalla Siria, ha assunto posizioni pià obiettive e dedica moltissimi articoli ai piccoli e grandi abusi commessi dai jihadisti filo-Turchi nei confronti dei Curdi di Afrin.
Al caso della bimba, di un altro piccolo che sarebbe morto di freddo e di una famiglia intossicata da una stufa (come capita quasi ogni anno tra le famiglie povere di immigrati in Italia), ha dedicato poche righe…
«Fonti attendibili informarono SOHR che il padre della ragazza pensava che sua figlia soffrisse di una semplice malattia, quindi si diresse all’Ospedale Afrin alle 5:00 del mattino e camminò per quasi due ore in mezzo alla temperatura gelida poiché non aveva mezzi di trasporto. La ragazza era morta di ipotermia prima che suo padre raggiungesse l’ospedale» scrive SOHR che usa il termine “girl” e “little girl” ma non toddler, ovvero bimba piccola, e pare dare poca importanza ad una storia di cui tutto il mondo sta ora scrivendo a causa della segnalazione del SN4HR, un’organizzazione quasi omonima ma con relazioni ancor più sospette.
L’ambasciatore americano Kelly Craft, rappresentante permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, lo scorso dicembre per accusare di gravi violazioni Assad ha citato proprio un dossier di Syrian Network for Human Rights dal quale ovviamente non affiorano i crimini di guerra dei jihadisti finanziati ed armati dalla Turchia.
Se l’album fotografico di SN4HR è aggiornato solo al 2015, quando iniziò la disfatta del Free Syrian Army dei rivoluzionari, quello delle citazioni sui media arriva almeno fino al 2019 e mette in evidenza una circostanza assai curiosa: nel data-base le notizie dell’ong sono state riportate ben 611 volte da Anadolu, cui è dedicato addirittura uno spazio nella barra del menù.
Ebbene Anadolu è la pià importante agenzia di stampa governativa di Ankara, controllata pertanto direttamente da Erdogan, dall’intelligence turca MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı) e quindi dai Fratelli Musulmani di confessione Sunnita, pertanto nemici degli Sciiti–Alawiti del partito Baath di Assad.
Quella di Iman non è l’unica storia raccontata da Syrian Network: «Il bambino Abdul Wahhab Ahmad al Rahhal, di sette mesi, fuggito insieme alla sua famiglia dalla città di Khan Sheikhoun nella periferia sud del governatorato di Idlib, è morto l’11 febbraio 2020. a causa del forte freddo nel campo degli sfollati di al Jazira situato nel complesso dei campi di Atama nella periferia nord del governatorato di Idlib».
Anche in questo caso non esiste una fonte ufficiale di ospedali, organizzazioni internazionali o Mezzaluna Rossa (la Croce Rossa del Medio Oriente) che confermi la presunta tragedia in un clima agghiacciante non solo per le temperature ma anche per il rischio di squallide manipolazioni mediatiche.
LA MANIPOLAZIONE DELLA STORIA DI OMRAN
Come accennato all’inizio, pertanto, la storia di Iman, rischia di essere una colossale fake-news come quella di Omran, il bambino rimasto ferito il 17 agosto 2016 ad Aleppo, durante l’assedio delle forze governative contro i jihadisti rivoluzionari. Il suo viso sporco di sangue e calce su un’ambulanza fece il giro del mondo nel tentativo di accusare il governo di Damasco di atrocità contro la popolazione inerme.
Un anno dopo suo padre, Mohamed Daqneesh, ha raccontato di come abbiano usato suo figlio per costruire la propaganda anti-Assad, scrivendo addirittura che lui era un oppositore del regime “agli arresti domiciliari”, ma non era vero: “volevano che io dicessi che erano stati i russi o i siriani a colpirci ma io non potevo essere testimone di ciò che non ho visto”.
Ha raccontato al giornalista Khalef Iskef di come i ribelli gli abbiano “offerto soldi, lavoro, e anche un lasciapassare per andarsene” se avesse detto quello che loro volevano. Ha dichiarato che “giornalisti vicino ad al-Nusra” gli dissero “che 26 milioni di musulmani aspettavano che lui dichiarasse che il bombardamento era stato del regime siriano”. Ma lui ha rifiutò: “io sono prima di tutto un siriano e i miei figli hanno il diritto di vivere in questo Paese”. Adesso Omran ha 11 anni e vive nella Aleppo liberata, mentre suo fratello Mohamed morì dopo tre giorni di agonia per le ferite riportate in quel crollo, di cui ancora non si conoscono le cause.
«Eravamo in casa quando tutto è crollato (…) non lo sappiamo (…) non abbiamo sentito rumori di aerei o bombardamenti (…) all’improvviso solo il buio”. Tutt’oggi non è certo che sia stata una bomba d’aereo e non piuttosto un colpo di mortaio sparato dai ribelli. Mentre sono comprovate da decine e decine di reportages le violazioni dei diritti umani commessi Afrin dai jihadisti e dagli amministratori locali controllati dalla Turchia.
OSPEDALI CHIUSI AD AFRIN PER I CURDI
«Un’organizzazione per i diritti umani che lavora per documentare le violazioni nella regione curda di Afrin ha riferito oggi sulla sua pagina principale di Facebook, il 5 febbraio 2020, che le forze e le milizie turche di gruppi armati ad essi affiliati continuano a reprimere i cittadini curdi nella regione curda di Afrin e l’attuazione delle agende politiche e militari in termini di pulizia etnica dei curdi e costringendo i residenti ad andarsene per fare un cambiamento demografico» lo scrive ARK News omettendo di citare la fonte per proteggerla da ritorsioni.
L’Organizzazione per i diritti umani di Afrin ha affermato che, oltre al fatto che quelle milizie che svolgono operazioni di furto, saccheggio, rapina a mano armata, stupri, omicidi, rapimento indiscriminato, sequestro di proprietà dei residenti, disboscamento degli ulivi, imposizione di tassazioni, sotto la supervisione dell’Intelligence Turca hanno deliberatamente creato un’atmosfera di intimidazione, terrore, insicurezza e instabilità.
IDLIB: JIHADISTI STUPRANO E LAPIDANO UNA CRISTIANA, IL PAPA BACCHETTA LA SIRIA
Ciò si sta concretizzando con la nomina a governatore di Afrin, a partire dal 15 febbraio 2020, del giudice della procura Muhammad Zaidan al posto suo per «cercare di fare pressione su istituzioni e dipartimenti per gli indigeni Curdi della regione dai curdi e imporre loro condizioni impossibili per chiuderli o limitare le loro attività».
«L’organizzazione ha aggiunto che a questo proposito, la maggior parte delle scuole della città di Afrin e dei suoi sobborghi sono state chiuse con il pretesto di riforme, oltre a minacciare un numero di proprietari di ospedali di proprietà di medici curdi per migliorare i servizi e fare le riparazioni necessarie o chiuderli con i sigilli, inclusi gli ospedali Qanbar, Cihan, Dersim e Al-Salam sotto la direzione dell’Organizzazione di Soccorso Bihar, esclusi gli ospedali gestiti dai colonizzatori (Ospedale Al-Shifa “Precedentemente Avrin” – Al-Manar Hospital “Al-Asdiqaa School” Al-Mahabbe (“Trinidad road”), limitando così il campo dei servizi medici ai figli degli invasori».
La chiusura dei tre ospedali è stata confermata anche da North Press Agency: «La decisione ha coinciso con l’annuncio dell’ospedale gratuito al-Salam, affiliato a Bahar Organization, per il taglio del sostegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, poiché la direzione dell’organizzazione ha informato i suoi 65 dipendenti di smettere di lavorare in ospedale il 15 febbraio, secondo i supervisori dell’ospedale. Il lavoro è stato anche interrotto per le stesse ragioni presso la clinica al-Mahmoudiya (precedentemente la Mezzaluna Rossa curda), le cliniche mobili e il centro clinico, anch’essi affiliati alla Bahar Organization».
L’organizzazione ha chiarito che la direzione delle risorse religiose turche sta cercando di affittare negozi commerciali chiusi di affari religiosi e i loro centri a coloni arabi appartenenti ai cittadini curdi che si trovano nella città di Afrin o nelle aree ad essa affiliate (Rajo – Mabata – Bulbul – Jenderes) e privano i loro proprietari di svolgere le loro attività commerciali con vari mezzi, sia che si tratti di furto, rapina a mano armata, estorsione finanziaria, fiscalità e royalty.
«Ogni curdo è accusato di separatismo e appartenenza ad organizzazioni terroristiche» riferiscono sempre gli attivisti dell’anonima organizzazione umanitaria, riassumendo ciò che tutti i giorni scrivono i media locali HawarNews, ANF, BasNews. Sulla base di questo principio le autorità turche mandano sotto processo i cittadini con «multe finanziarie il cui valore oscilla tra 600 – 1000 lire turche – o da un importo di 100 – 250 mila sterline siriane» oppure, i più sfortunati, vengono rapiti dalle bande armate di jihadisti che poi chiedono un riscatto.
SIRIA: BAMBINO DOWN RAPITO E UCCISO DAI JIHADISTI AIUTATI DAI TURCHI
A seguito dell’operazione militare turca, iniziata il 21 gennaio 2018, «centinaia di migliaia di curdi indigeni sono stati sfollati fuori dalla regione di Afrin, dove i funzionari del PYD (Partito Unione Democratica) hanno installato il campo per loro nella campagna di Aleppo, secondo fonti non ufficiali: due terzi della popolazione della zona sono ora fuori dalla regione, dove si stima che il numero della popolazione di Afrin sia di circa un milione di persone. Da allora, le milizie armate e le famiglie arabe di diverse regioni sono state reinsediate al posto degli sfollati curdi».
Ma di questi crimini, dell’assassinio del piccolo Mohammad Rashid Khalil di soli 10 anni, e di questi sfollati nessuna agenzia occidentale parla…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
SYRIAN NETWORK HUMAN RIGHTS – IMAN DEAD
GOSPA NEWS – REPORTAGES SUI JIHADISTI
ARK NEWS – KURDS PERSECUTED IN AFRIN
NORTH PRESS AGENCY – AFRIN’S HOSPITALS CLOSED
IL GIORNALE – OMRAN, LA MANIPOLAZIONE DEI MEDIA
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