IL QUIRINALE BENEDICE LA VIA DELLA SETA E DEL SANGUE
I DIRITTI UMANI VALGONO SOLO PER MADURO:
IL PRESIDENTE MATTARELLA GONGOLA
PER L’ACCORDO CON LA CINA COMUNISTA
CHE GIUSTIZIA 2MILA CONDANNATI ALL’ANNO
E FA MORIRE IN CARCERE ANCHE I MONACI
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
«Pecunia non olet… Sed saepe occidit»
Il denaro non puzza: dicevano i latini. Ma spesso uccide, aggiungo io. Un pensiero che non ha minimamente sfiorato Sergio Mattarella, il presidente della Republica Italiana, nell’accogliere Xi Jinping il presidente della Repubblica Popolare Cinese: un paese che l’Hdi (Human Development Index) dell’Onu nel 2017 classifica all’86° posto, 8 posizioni sotto il Venezuela. Nell’Indice dello Sviluppo Umano infatti incidono fattori di reddito pro capite, istruzione ma anche libertà e aspettativa di vita che, come sappiamo, in Cina è molto vincolata, ancor più che nella Repubblica Bolivariana del perseguitato presidente Nicolas Maduro, alla legalità, alla moralità ma soprattutto alle opinioni politiche.
Miao Deshun, uno degli studenti delle proteste di piazza Tienanmen del 1989, fu condannato a morte con l’accusa di incendio: solo per avere lanciato un cestino su un carro armato che già bruciava. La sua pena fu poi convertita in ergastolo ma è stato rilasciato nel 2016, dopo 25 anni di prigionia che lo hanno distrutto psicologicamente nei quali non è dato sapere che tipo di lavaggio di cervello abbia subito. Se a lui, per un cestino, è stata riservata tale sorte non osiamo immaginare quale sia stata quella di chi ha reagito alle botte degli agenti della Jǐngchá, la polizia cinese. Certamente hanno subito punizioni peggiori rispetto a molti dei guerriglieri urbani nelle violente manifestazioni di Caracas dopo che hanno bruciato vivi altri cittadini solo perché sostenitori di Maduro anzichè del politico di turno sfornato dalle cospirazioni americane. In Venezuela gli Usa, attraverso intellettuali prezzolati, sono giunti alla raffinatezza di dare alla protesta il nome di Guarimba, prendendolo in prestito da quel gioco infantile nazionale simile al “nascondino” occidentale. E in 5 anni di contestazioni i morti complessivi non arriverebbero nemmeno ad un centinaio.
Nel grande paese degli occhi a mandorla, invece, sono almeno 70mila le pene capitali eseguite tra il 1993 ed il 2016, secondo dati stimati per difetto dalle organizzazioni umanitarie (Amnesty International e Dui Hua Foundation) in quanto il governo di Pechino mantiene segreto il numero delle esecuzioni. Tra le condanne a morte si annidano ovviamente parecchi casi di matrice ideologica essendo facile per le autorità giudiziarie cinesi affibbiare a chicchessia uno dei 46 reati per cui è prevista la pena capitale, come fecero a Deshun per il cestino incediario! Maduro, che è fiero hijos di Hugo Chavez e del primo esempio di Socialismo Bolivariano Cristiano al mondo, non conosce queste sottigliezze: così i pochi morti causati da qualche poliziotto assassino – o divenuto tale dopo aver pianto un collega vittima di un attentato molotov dei golpisti incitati da appositi manifesti ad assassinare i chavisti – finiscono nei siti degli attivisti dei diritti umani che invece, in Cina, devono prima di tutto preoccuparsi di salvare la loro stessa vita prima di quella degli altri.
DUE PRESIDENTI DI SINISTRA NON ELETTI DAL POPOLO
Chi nutre pregiudizi negativi verso il Venezuela e positivi verso la Cina non deve fare altro che leggersi la vasta letteratura di fatti, date, nomi e numeri narrata in vari reportage da Gospa News (www.gospanews.net) nelle pagine del menu Venezuela sotto attacco o Cristiani perseguitati prima di proseguire la lettura. Per gli altri che qualche dubbio sull’opportunità del memorandum di collaborazione Italia-Cina ce l’hanno vediamo un poco di capire se questo accordo è davvero voluto dalle forze politiche e sociali del paese, se è davvero necessario, se è prezioso o meno. Ma soprattutto se è eticamente accettabile che, nel 2019, un Capo di Stato occidentale faccia tanti salamelecchi al suo omologo cinese alla guida della nazione comunista più longeva, spietata e disumana della storia. Jinping e Mattarella hanno una cosa importante in comune: nessuno dei due è stato eletto dal popolo ma entrambi sono stati eletti dai comunisti. L’italiano è stato acclamato dal Parlamento il 3 febbraio 2015 dopo varie votazioni senza quorum grazie ad una base di 306 voti (su 630) del Partito Democratico di cui era deputato – e con cui fu ministro quando si chiamava DS (Democratici di Sinistra) – che fu spazzato via dalle elezioni (passando dal 41 % delle Europee del 2014 al 18 % delle Politiche italiane del 2018) prima che finisse di farlo la magistratura con arresti a raffica dei vari amministratori pubblici di questo schieramento, tra cui alcuni implicati con vicende di mafia. Il cinese è stato nominato dall’Assemblea nazionale del popolo composta da 2119 componenti del Partito Comunista Cinese e 861 indipendenti. Entrambi dunque devono il loro appoggio ad una sinistra che in Italia, tra scandali e politiche suicide sull’immigrazione come sulla giustizia (legge svuotacarceri) e la bioetica (pillole abortive, discriminazione della famiglia naturale, farmaco gratuito agli adolescenti per cambiare sesso e altro) è stata messa in un angolo dal successo dei partiti populisti di Lega e Movimento 5Stelle, il primo con un’anima di estrema destra ed il secondo con una di estrema sinistra. Ed è proprio questa seconda anima, indirizzata dal sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci (ex funzionario di banche internazionali poi bussinessman in Cina), che ha intessuto le trame per accelerare i tempi del memorandum di accordo tra Italia e Cina senza la minima valutazione sulle implicazioni morali di una stretta alleanza con un paese dove le violazioni dei diritti umani e la speculazione sui lavoratori sono all’ordine del giorno per il “bene dello Stato”: nel quale però casualmente nascono ogni giorno holding miliardarie nelle mani di pochi finanzieri amici dei governanti comunisti.
IL PERICOLO DI UN BOOMERANG ECONOMICO
Ma fin qui il problema sarebbe squisitamente etico ma non politico. Un gruppo parlamentare democraticamente eletto, in questo caso il M5S, ha tutto il diritto di proprorre una linea programmatica quando si trova a governare, anche in presenza delle perplessità del suo partner della filo-americana Lega. Quest’ultima, infatti, avendo ormai dimenticato l’innamoramento per la Russia di Vladimir Putin, si è sempre più avvinghiata come un polpo allo scoglio alla supremazia politica internazionale degli Usa del presidente repubblicano Donald Trump: anche nel momento in cui quest’ultimo, impaurito dalla perdita di consensi del GOP (Grand Old Party) alle elezioni di Mid-Term, si è tolto l’abito da governante indipendente ed ha vestito quelli di lobbista che piacciono tanto anche ai Democratici che controllano la Camera del Campidoglio a Washington. Ripeto: fin qui sono scelte politiche di cui gli schieramenti dovranno rispondere agli elettori. Ma c’è qualcosa che non torna quando vedo che il presidente Mattarella è stranamente in sintonia con i partiti di governo, spesso bacchettati per politiche antieuropeiste come sul tema delle migrazioni per la bocciatura del Global Contact e l’approvazione della rigorosa Legge Sicurezza che rende pressochè automatica l’espulsione del rifugiato che delinque. L’accordo con la Cina, come chiarito dallo stesso Capo dello Stato, è voluto soprattutto dall’Europa che vuole probabilmente usare l’Italia come cavia per gli interessi economici e politici degli investitori dell’alta finanza e, dietro la parvenza illusoria dell’apertura di un nuovo gigantesco mercato con detassazioni per i prodotti italiani, nasconde il boomerang degli incentivi per le nostre imprese nazionali ad aprire in Cina nuove succursali, magari poi destinate a divenire sedi uniche. Che tutto ciò sia inevitabile e faccia parte della nuda e cruda regola della globalizzazione imprenditoriale e commerciale sotto il profilo economico non lo metto minimamente in discussione. E’ però per me un campanello d’allarme perché pare che non siano stati valutati i reali costi-benefici di un accordo d’intenti, per ora così poco vincolante che potrà poi contenere di tutto, sulle spalle di un penisola italica che ha ancora il 12 % di disoccupazione. Il rischio reale è che il benessere dello sdoganamento a doppio senso degli accordi economici internazionali con la Cina, dove la manodopera è trattata come i servi medievali della gleba, si traduca solo e soltanto in maggiori introiti per poche aziende multinazionali che sarebbero inoltre incentivate ad aprire stabilimenti in Asia anziché implementare quelli nella penisola italiana. Ma anche questa non è che una lettura semplice di politica economica che, per quanto importante e altresì inquietante, rimane secondaria a ciò che una nazione civile dovrebbe coltivare nelle politiche internazionali.
AUSPICI DEL QUIRINALE E REALTA’ CRIMINALE CINESE
Roma pullula di zelanti e pedanti garanti, capaci di dire che l’isolamento del carcere è troppo duro anche per quegli assassini recidivi che la giustizia cinese avrebbe fucilato alla prima estorsione, eppure mentre il Quirinale discute con uno dei paesi leader mondiali, la questione delle violazioni dei diritti umani rimane buona per le chiacchiere in altre sedi o per semplici auspici. Sia l’Ansa, ormai consolidato strumento del mainstream mondialista, che Il Fatto Quotidiano, giornale di sinistra vicino al M5S, replicano per coincidenza lo stesso titolo: “Mattarella: intese commeciali e confronto sui diritti”. Ma negli articoli si parla soltanto di un «commercio internazionale, basato su una sempre maggiore adesione ai valori del multilateralismo e di uno scambio libero, equo e onesto» e di una mera speranza: «alla luce del mandato italiano nel Consiglio per i diritti umani dell’Onu, desidero auspicare che, in occasione della sessione del dialogo Ue-Cina sui diritti umani che si svolgerà a Bruxelles, si possa proseguire in un confronto costruttivo sui temi così rilevanti». Aria fritta blaterata in politichese diplomatico stretto dal presidente della Repubblica Italiana che non ha nemmeno dato il coraggio ai media di aggiungere nel titolo l’aggettivo “umani” alla parola ”diritti”. Infatti la Cina, già sotto la presidenza Jinping, il 29 settembre 2017, ha votato contro la risoluzione sulla pena di morte (L6/17) alla 36° sessione del Consiglio diritti umani. Non solo. Come detto Pechino non fornisce dati ufficiali e quindi non si sa nemmeno bene quante siano davvero le condanne alla pena capitale: le organizzazioni umanitarie stimano circa 2000 nel 2016 e 2017, in netta diminuzione dalle 4.000 del 2015, ma rimane il dubbio se abbiano o meno ricevuto i più frequenti atti di clemenza. «Nell’aprile 2016, da un’analisi condotta su 525 casi capitali esaminati dalla Corte Suprema tra l’aprile 2011 ed il novembre 2015 è emerso che la Corte ha rovesciato la condanna a morte in 11 casi, confermandola negli altri 514 – scrive il sito dell’associazione che si batte contro la pena di morte Nessuno Tocchi Caino – Dui Hua (associazione per i diritti umani americana – ndr) ha poi confrontato i dati sulle sentenze confermate e le esecuzioni riportate dai media che hanno dato notizia di 102 esecuzioni compiute. Questo significa che circa l’80% delle esecuzioni di sentenze andate definitive non è riportato dagli organi di informazione». Se è vero che tali sentenze riguardano in maggioranza casi di omicidio, stupro, rapina e reati di droga è altrettanto assodato che possono rientrare nei crimini da pena capitale anche quelli alquanto opinabili come l’attentato alla sicurezza dello stato, sia per violazioni informatiche sia per manifestazioni pubbliche.
PERSEGUITATI, ARRESTATI E UCCISI ANCHE I MONACI
«Il Governo cinese ha usato la lotta al terrorismo come pretesto per aumentare il pugno di ferro contro tutte le forme di dissenso politico o religioso nel Paese. Sospetti separatisti o estremisti religiosi da anni rischiano detenzioni arbitrarie, l’isolamento, la tortura e, al termine di processi iniqui, il carcere o l’esecuzione – riferisce ancora il dossier aggiornato del 2019 dell’organizzazione umanitaria Nessuno Tocchi Caino – In particolare, la Cina fa passare la repressione dei Tibetani e degli Uiguri come lotta contro il terrorismo ed esercita pressioni su Paesi confinanti come il Kirghizistan, il Kazakistan, il Nepal e il Pakistan per costringerli a rimpatriare i militanti dell’etnia uigura, turcofona e musulmana. Il 27 dicembre 2015, la Cina ha approvato una nuova controversa legge anti-terrorismo che ha attirato profonda preoccupazione nelle capitali occidentali, non solo perché potrebbe violare i diritti umani, come la libertà di parola, ma anche per le disposizioni in ambito informatico». Un capitolo a sé riguarda le persecuzioni religiose che bersagliano i differenti credo cristiano cattolico o protestante, musulmano o buddista a seconda dei governi dei singoli stati tanto che alcune chiese hanno dovuto restare chiuse durante la festività di Natale (vedi link a fine articolo). Ma soprattutto hanno preso di mira i complessi monastici come quello di «Larung Gar a Serta nello Sichuan, in base al quale la comunità Buddista tibetana più grande del mondo verrà ridotta dagli attuali 10.000 abitanti a non più di 5.000 – nota l’ong umanitaria – Gli scrittori tibetani Shokjang e Lomik sono stati condannati rispettivamente a tre e sette anni e mezzo di carcere, mentre Lu Konchok Gyatso e Tashi Wangchuk restano agli arresti. Si ritiene che almeno quattro tibetani siano morti sotto custodia, tra cui la monaca Yeshe Lhakdron, che non si è più vista dal suo arresto nel 2008». E ci fermiamo qui per non aprire l’altimenti interminabile parentesi sui Laogai, i campi di lavoro forzato di rieducazione…
http://www.gospanews.net/en/2018/12/25/abolito-il-natale-in-cina/
L’OPPORTUNISMO DI ANDREOTTI IN CINA
Orbene per un attimo mi dimentico di avere uno spirito cristiano e da giornalista mi sforzo di capire i miraggi economici per il quali il presidente Mattarella è disposto ad ingoiare rospi velenosi ed assassini. Non metto in dubbio che l’attuale presidente della Repubblica, dopo essere stato vicepresidente con delega ai Servizi Segreti (Governo D’Alema 1998-1999) e Ministro della Difesa (Governi D’Alema-Amato 1999-2001), e figlio di Bernardo Mattarella, nominato assessore a Palermo nel 1943 dagli alleati dell’Amgot, il governo militare pilotato dall’OSS, vecchio nome dell’agenzia d’intelligence americana CIA, nella sua vita politica abbia dovuto deglutire i loschi retroscena di tragici eventi e palesi complotti durante le inchieste sulle stragi degli Anni Ottanta in Italia, da Piazza Fontana a Milano alla Stazione di Bologna passando per il Delitto Moro e l’aereo abbattuto da un missile a Ustica. Ecco perché potrei benissimo comprendere che dinnanzi ad una potenza economica e militare come la Cina faccia buon viso a cattivo gioco come fece l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti nel settembre 1991 quando, a due anni dal massacro di piazza Tienanmen, andò a stringere la mano del presidente Li Peng che aveva inviato i carriarmati contro gli studenti. L’ex premier ebbe pure la sfacciatagine di dare consigli allo statista asiatico citando unità e pace raggiunte in Italia dopo momenti difficili: pochi mesi prima che due bombe facessero saltare in aria i giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, insieme a otto agenti di scorta. Quel che invece rende assolutamente inaccettabile l’ipocrita servilismo internazionale di Mattarella sono i suoi silenzi e i suoi sproloqui.
L’IMPUDENZA DEL PRESIDENTE MATTARELLA
Il silenzio è quello riservato alle bombe fabbricate in Sardegna da una ditta tedesca ed utilizzate nello Yemen, dopo essere state vendute ad altri stati arabi per aggirare il divieto di vendita diretta al paese dilaniato dalla guerra civile. Il comitato spontaneo Noi Sardi il 7 novembre 2018 andò a manifestare sotto il Quirinale ma non ottenne risposta. Mentre un’energica replica da Mattarella l’hanno ottenuta gli appelli degli Usa nella loro cospirazione economica-politica-militare contro il Venezuela. Serve «chiarezza su una linea condivisa con tutti i nostri alleati e i nostri partner l’Ue» sentenziò il Capo di Stato dopo che gli eurodeputati dei partiti del governo italiano Lega-M5S non appoggiarono la risoluzione svedese per la condanna a Maduro e il riconoscimento di Juan Guaidò quale presidente a interim. Ed aggiunse: «Non ci può essere incertezza né esitazione» perchè la scelta è tra «la volontà popolare e la richiesta di autentica democrazia da un lato e dall’altro la violenza della forza». Alla fine di questo disgustoso trattato d’ipocrisia diplomatica emergono due opposti atteggiamenti: l’ingenuità di Maduro perché, amando davvero il suo popolo, a cui garantisce la libertà religiosa e politica ma un po’ meno il lancio di molotov per strada, non seguì l’esempio di Pechino mandando in strada i carriarmati alla prima protesta del 2014 e non gettò in galera chiunque fosse in piazza, come fece il presidente Recep Tayyip Erdoğan dopo il tentato golpe del 2016 nella Turchia alleata Nato dell’Italia; l’impudenza di Mattarella, perchè non sa nemmeno tacere mentre coltiva gli sporchi affari per cui è stato cooptato dal “deep state” mondialista e si mostra quindi falso paladino dei diritti umani facendosene garante a singhiozzo a seconda che si parli di Caracas o Pechino: come un bambolotto pronto a recitare la frase di rito quando Bruxelles o Washington schiacciano il bottone.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
© COPYRIGHT GOSPA NEWS
divieto di riproduzione senza autorizzazione
ANSA – I PUNTI CHIAVE DELL’ACCORDO ITALIA-CINA
http://www.gospanews.net/en/2019/02/04/venezuela-lo-statista-invoca-cristo-i-presidenti-la-guerra/
http://www.gospanews.net/en/2019/02/13/il-pupo-siciliano-e-le-marionette-ditalia/