GUAIDO’: L’OBAMA SBIANCATO AGENTE USA A CARACAS

GUAIDO’: L’OBAMA SBIANCATO AGENTE USA A CARACAS

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VENEZUELA: I RIBELLI ANTI-MADURO DI TRUMP
DAI MASTER UNIVERSITARI A WASHINGTON E HARWARD
ALLA CASCATA DI MILIONI DI DOLLARI AMERICANI
PER IL PARTITO ARANCIONE BENEDETTO DA BARACK
E SOSTENUTO DALLA ONG FINANZIATA DA SOROS

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

Nel precedente articolo “Maduro, il Gheddafi latino fa paura col Petrocoin” (vedi link a fondo pagina) abbiamo già scritto dei golpe in Sudamerica orditi dagli Usa negli ultimi cent’anni e di quello nei confronti di Hugo Chavez del 2002 insieme alle motivazioni per il controllo dei giacimenti petroliferi e il blocco della diffusione della criptovaluta Petro ad essi collegata che hanno reso urgenti le recenti pressioni di Washington. Ora mi soffermo ad analizzare la figura del nuovo leader dell’opposizione e le ultime schermaglie politico finanziarie che a Caracas stanno lasciando vittime sulle strade. Juan Guaidò non è solo sostenuto dagli Usa ma è una vera e propria creatura degli americani che pare scelta dal Pentagono dopo un casting per una produzione hollywodiana sulla revolucion antibolivarista. Alto, snello, belloccio rievoca il presidente americano Barack Obama di cui sembra una versione sbiancata sia per i tratti fisiognomici che per le coreografie gestuali. Naso un po’ schiacciato come il presidente dem Usa, bocca larga pronta a schiudersi in un sorriso universale come nel digrignare i denti in un impeto di rabbia, è aduso stendere le lunghe braccia con l’ampia mano alzata, sovente in un saluto di reminescenza romana che in Italia gli causerebbe certamente molti guai. Ma è soprattutto il discepolo di quell’altro rivoluzionario venezuelano Leopoldo Lopez attualmente agli arresti domiciliari nonostante una condanna a 13 anni e 9 mesi per istigazione alla violenza a causa delle violente manifestazioni di piazza del 2014 che provocarono 43 morti e 3mila feriti; una detenzione casalinga che da sola smentisce il volto “tirannico” del governo di Nicolas Maduro. Guaidò, nonostante le denunciate drammatiche condizioni economiche del Venezuela, ha studiato negli Usa, esattamente come Lopez, ritenuto un collaboratore politico della Cia nonché l’anello paradossale di congiunzione tra il presidente repubblicano George W. Bush junior (regista del sequestro di Chavez del 2002 con l’imposizione dell’affarista filoamericano Pedro Carmona, destituito a furor di popolo insorto per il ritorno del leader bolivarista), e quello democratico Barack Obama che lo ha pubblicamente benedetto anche pubblicamente nella sua giravolta politica, da militante fascista a repubblicano e quindi socialdemocratico, e nella creazione, pochi mesi dopo l’ascesa di Obama alla Casa Bianca, del partito Voluntad Popular contraddistinto da quel coloro arancione tipico di tutte le rivoluzioni colorate finanziate dal mondialista George Soros. Ecco quindi la quadratura del cerchio che mette nel mirino tutti gli intrecci della cospirazione politica contro Maduro, dipinta dal governo venezuelano così come da Russia e Cina come un tentativo di golpe, ma delinea anche i connotati dei due mestatori dell’alta borghesia che hanno ben poco da spartire con rivoluzionari del popolo come lo stesso bolivarista Chavez, eletto per quattro volte presidente (1998, 2002, 2006 e 2012), o l’elettricista Lech Walesa, fondatore di Solidarnosc che guidò la Polonia all’indipendenza dal regime comunista.

 

LEOPOLDO LOPEZ, L’AGENTE DELLA CIA A CARACAS

Un amichevole incontro pubblico tra Leopoldo Lopez, leader dell’opposizione condannato a 13 anni di carcere in Venezuela per incitazione alla violenza, e il presidente Usa Barack Obama

Leopoldo López è nato a Caracas il 29 aprile del 1971 ed è cresciuto in una famiglia benestante. Ha studiato negli Stati Uniti ad Harvard dove ha conseguito un master alla John F. Kennedy School of Government nel 1996. Di professione economista e formatosi come avversario del defunto presidente Hugo Chavez (1999-2013), la sua carriera politica prende forma con la carica di sindaco di Chacao, un distretto della capitale venezuelana, dove governa dal 2000 al 2008. Allo scadere del mandato si mira alla più alta carica amministrativa del distretto metropolitano di Caracas, ma viene dichiarato incandidabile a cause di accuse per corruzione e uso improprio di fondi pubblici (, ritenute infondate dai suoi sostenitori e mai provate da un processo. Era infatti un sorvegliato speciale dell’intelligence venezuelana Sebin (Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional) proprio per i suoi studi in America. E’ il giornalista canadese Jean-Guy Allard a riferire, come riportato da un media online ispanico Cna – Centro de Noticia Altenativas (link a fondo pagina) che nel 1990, Lopez aveva studiato «in un istituto strettamente legata alla Cia, la Kennedy School of Government dell’Università di Harvard, “che da lì può reclutare molti dei suoi agenti dei servizi segreti”». La Cia era ritenuta da Caracas il principale artefice del colpo di stato del 2002 ai danni di Chavez. In Venezuela, si affiliò all’Istituto repubblicano del partito americano International Republican Institute, che gli diede il supporto strategico e finanziario. «A partire dal 2002, ha fatto frequenti viaggi a Washington al quartier generale del partito e incontri con i funzionari del governo di George W. Bush (2000-2008)» scrive ancora Cna evidenziando che proprio ne vari periodi in America dall’università in poi Lopez avrebbe conosciuto l’allora ufficiale dell’Usaf (Us Air Force) David Petraeus, divenuto poi generale e comandante dell’esercito americano in Medioriente e dal 2011 al 2012 direttore della Cia durante il Governo Obama.

 

LA CONVERSIONE DEL REPUBBLICANO SULLA VIA DI WASHINGTON

Il presidente Usa Donald Trump accanto a Lilian Tintori, moglie di Leopoldo Lopez, e al vicepresidente Mike Pence e al senatore della Florida Marco Rubionella Stanza Ovale della Casa Bianca il 15 febbraio 2017 – EFE/Lilian Tintori

E proprio nell’anno in cui il dem Barack Obama diventa presidente degli Usa, pochi mesi dopo, il 5 dicembre 2009, Lopez vive la sua conversione sulla via di Washington: da antibolivariano fascistoide e militante Repubblicano si converte ai Democratici: fondando il partito progressista e socialdemocratico Voluntad Popular, dopo aver lasciato Primero Justicia, guidato da Henrique Capriles (un altro dei leader della fronda anti-Maduro sconfitto alle presidenziali del 2013) e di cui era stato co-fondatore nel 2000. Grazie agli aiuti finanziari degli Usa, di cui parleremo più avanti, il movimento politico ebbe sempre più consensi e, alleandosi con gli altri partiti di opposizione del fronte contro Maduro, nella Mud – Mesa de la Unidad Democratica, alle elezioni del dicembre 2015 conquistò 112 seggi contro i 55 del Grande Polo Patriottico del presidente bolivariano. Ciò avvenne dopo le clamorose e violente manifestazioni anti-maduro che iniziarono nel mese di febbraio 2016 proprio sotto la guida del leader di Voluntad Popular, il quale, il 18 dello stesso mese, si consegnò alle autorità in seguito all’accusa di incendio doloso e cospirazione, ma acquisendo anche grande popolarità internazionale grazie alla cassa di risonanza dei media occidentali. «Nel settembre del 2015, poi, quando López era ormai uno dei leader più importanti del panorama politico nazionale, venne giudicato colpevole di istigazione alla violenza e condannato a 13 anni e 9 mesi di carcere: secondo i suoi avvocati, in questo periodo il politico è stato vittima di diversi episodi di tortura e maltrattamenti – scrive SktTg24 – L’8 luglio scorso (2018) il leader dell’opposizione lasciò la prigione di Ramo Verde, ottenendo gli arresti domiciliari, grazie anche a un’intensa campagna mediatica condotta dalla moglie, l’attivista Lilian Tintori». Quest’ultima, nel febbraio 2017, era stata ricevuta persino alla Casa Bianca per perorare la causa di liberazione del marito. La scarcerazione, dopo quasi tre anni in cella, fu motivata dal governo come atto umanitario dovuto alle condizioni di salute del detenuto. Riarrestato a luglio, dopo una settiman fu rimesso agli arresti domiciliari dove si trova tutt’ora.

 

LA PIOGGIA DI MILIONI DI DOLLARI DAGLI USA

L’avvocatessa e giornalista americana Eva Winifrid Golnger opinionista di Russia Today

«Le proteste antigovernative che perseguono il cambio di regime in Venezuela sono state guidate da diversi individui e organizzazioni con legami stretti con il governo statunitense. Leopoldo Lopez e Maria Corina Machado, due dei leader pubblici dietro le proteste violente iniziate a febbraio, hanno un lungo passato di collaboratori, beneficiari e agenti di Washington». A scriverlo è l’avvocatessa, giornalista e scrittrice americana Eva Gollinger, figlia di un ufficiale Usa e di una procuratrice venezuelana, opinionista di Russia Today, inviata speciale con Chavez ed esperta di controinformazione, in un articolo dal tito inequivocabile “Le mani sporche del Fondo Nazionale per la Democrazia” pubblicato nella traduzione italiana sul sito Criticamente – Il Fondo Nazionale per la Democrazia (NED) e l’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID) hanno trasferito finanziamenti per molti milioni di dollari ai partiti politici di Lopez, Primero Justicia e Voluntad Popular, e alla ONG della Machado, Sumate, e alle sue campagne elettorali.Queste agenzie di Washington hanno anche filtrato piu’ di 14 milioni di dollari a gruppi d’opposizione in Venezuela tra il 2013 e il 2014, tra cui finanziamenti alle loro campagne politiche nel 2013 e alle attuali proteste antigovernative nel 2014 – aggiunge ancora Gollinger – Ciò prosegue il disegno di finanziamento dal governo statunitense ai gruppi anti-Chavez in Venezuela dal 2001, quando milioni di dollari furono dati a organizzazioni della cosiddetta ‘società civile’ per attuare un colpo di stato contro il presidente Chavez nell’aprile del 2002. Dopo il suo fallimento, giorni dopo, l’USAID ha aperto a Caracas un Ufficio Iniziative per la Transizione (OTI) per iniettare, insieme con il NED, altri 100 milioni di dollari a tentativi di minare il governo Chavez e di rafforzare l’opposizione nei successivi 8 anni». Il dettagliatissimo articolo prosegue descrivendo minuziosamente tutti i movimenti di denaro provenienti dagli Usa dal 2002 in poi ed il ruolo delle differenti agenzie governative che hanno portato al successo il Mud e gli hanno consentito, nel gennaio scorso, di proclamare presidente dell’Asemblea Nacional, il parlamento venezuelano, Juan Gaudiò, in una nuova tappa del processo di regime-change anti Maduro favorito dal malcontento della popolazione per le conseguenze della crisi economica scatenata dalle sanzioni Usa del 2014 e dai declassamenti del debito pubblico delle agenzie di rating (vedi link all’articolo Maduro, il Gheddafi latino fa paura col Petrocoin).

 

GUAIDO’, STUDENTE A WASHINGTON E PRESIDENTE AUTOPROCLAMATO

Juan Guaido, il presidente dell’Assemblea Costituente di Caracas e leader dell’opposizione che si è autoproclamato presidente ad interim ottenendo il riconoscimento degli Usa e di altre nazioni EPA/Cristian Hernandez

Se negli Usa il cosiddetto shutdown, ovvero il blocco del Congresso da parte dello schieramento di orientamento opposto a quello del presidente, ha partorito una crisi politica poi risolta con la diplomazia, in Venezuela, dal 2015, le contestazioni sono state mirate alla sostituzione del presidente Maduro che per ovviare al problema si è conferito maggiori poteri legislativi prima di essere riconfermato alla guida del paese nel maggio 2018. Ha ottenuto la riconferma con il 68 % delle preferenze ma le elezioni registrarono un’affluenza di poco inferiore al 50 % in quanto boicottate dall’opposizione del Mud che non prese parte alla competizione per protesta contro le presunte violazioni democratiche in atto nel paese. Dopo periodiche manifestazioni e proteste con violenti scontri si arriva al 5 gennaio 2019 quando Juan Gaudiò, presidente dell’Asemblea Nacional, si autoprocama presidente ad interim ottenendo immediatamente il riconoscimento internazionale degli Usa e di altre nazioni alleate tra cui Brasile, Colombia e Canada. Juan Gerardo Guaidó Márquez (nato il 28 luglio 1983) è un ingegnere e politico cresciuto in una casa borghese dal padre Wilmer, pilota di linea che lasciò il Venezuela in disaccordo col Chavismo e per un certo periodo visse alle Canarie come taxista, e sua madre Norka, un’insegnante. Un nonno era un sergente della Guardia nazionale venezuelana mentre un altro era un capitano della Marina venezuelana. Nel 1999 la sua famiglia si è ritrovata senza casa per la disastrosa alluvione nel Vargas in cui morirono migliaia di persone. Nonostante le difficoltà nel 2000 si diplomò e nel 2007 conseguì una laurea in Ingegneria industriale presso l’Università Cattolica Andrés Bello. Le ideologie paterne e la tragedia del Vargas e  segnarono la sua gioventù portandolo vicino a coloro che ritennero inadeguate le risposte del governo Chavez all’emergenza. Proprio nell’ultimo anno accademico diventò un attivista politico in un movimento universitario di protesta contro la decisione del governo venezuelano di non rinnovare la licenza radiotelevisiva della rete televisiva indipendente RCTV che si estese successivamente alle contestazioni della riforma Chavez. Nel periodo di maggior proliferazione degli aiuti finanziari degli Usa all’opposizione di Leopoldo Lopez, il 24enne Guaidò trovò le risorse per fare due master post-laurea in amministrazione pubblica presso l’Instituto de Estudios Superiores de Administración di Caracas e presso la George Washington University negli Stati Uniti. Si trovò quindi a studiare a Washington nello stesso periodo in cui Obama iniziò la corsa alle Primarie nei Democratici. Al ritorno dagli Usa, nel dicembre 2009, a con il suo mentore Lopez fondò il partito Voluntad Popular di cui divenne coordinatore nazionale 2014 e nel quale assunse un ruolo primario dopo la condanna e l’arresto di Lopez nel 2015 che ha continuato a guidarlo per anni. Ha partecipato alle proteste venezuelane del 2017 e gli sono rimaste cicatrici sul collo dopo essere stato colpito da proiettili di gomma. Entrambi sono sposati con due belle donne laureate in giornalismo ed espertissime nella comunicazione sui social Fabiana Rosales (Guaidò) e Lilian Tintori (Lopez), rivelatesi determinanti almeno quanto i finanziamenti Usa per sostenere l’attività politica del partito arancione come quello di piazza Euromaidan a Kiev e gli altri sostenuti dal plutarca George Soros.

 

I DIRITTI UMANI FINANZIATI DA SOROS E LA GUERRA DI SANZIONI

La mappa dei finanziamenti alle Ong vicine all’opposizione in Venezuela

Tra i principali supporter della campagna di denuncia di violazioni dei diritti civili di Guaidò, Voluntad Popular e Mud ci sono anche Provea (Venezuelan Education-Action Program on Human Rights) una Ong riconosciuta dal Consiglio dei diritti Umani Onu finanziata dalla Open Society Foundation del citato Soros, e Freedom House, un osservatorio sui diritti democratici finanziato dal Dipartimento di Stato Usa, che ebbe come presidente del Consiglio di amministrazione anche James Woolsey, consulente di vari presidenti Usa e direttore Cia dal 1993 al 1995. In questo contesto c’è stata l’escalation dei contrasti tra opposizione antibolivarista e il governo Maduro che ha portato all’autoproclamazione di Guaidò davanti a migliaia di persone a Caracas cui ha fatto subito eco il discorso del presidente del Venezuela dal palazzo del governo. Ora il leader di Voluntad Popular e della coalizione Mud ha convocato manifestazioni per oggi, mercoledì 30 gennaio, e sabato 2 febbraio che non sembrano destinate a mutare il braccio di ferro tra Maduro e gli Usa che sostengono il presidente ad interim. Mentre Guaidò continua a sollecitare defezioni tra le forze armate che restano leali al presidente chavista è scattata la guerra diplomatica. Da una parte Washington ha inasprito le sanzioni con il blocco di tutti i conti e gli asset della Pdvsa, la società petrolifera venezuelana e della sua filiale Citgo, negli Usa. Guaidò ha assunto i poteri dell’Esecutivo ed ha annunciato il controllo di questi fondi dell’azeinda petrolifera statale chiedendo al governo Britannico e alla Banca d’Inghilterra il blocco delle 31 tonnellate di oro di cui Caracas ha chiesto il rientro. Mentre gli esperti di finanza sono molto scettici circa la possibilità dell’istituto di trattenere le riserve auree, il governo venezuelano è passato alla controffensiva congelando tutti i conti ed i beni dello stesso Guaidò e impeonendogli il divieto di lasciare il paese. Si avvicina intanto la scadenza di sabato che gli Usa ed altri paesi tra cui Francia e Germania hanno imposto al presidente Maduro per riconoscere l’autorità di Guaidò con la creazione di un governo di transizione e nuove elezioni. Istanza cui l’erede di Chavez ha risposto picche denunciando che gli Usa hanno ordinato di ucciderlo tramite la mafia colombiana. Nel frattempo l’ong Provea denuncia 35 morti negli scontri tra manifestanti, militari disertori e polizia supportata dall’esercito. Il Foro penale ha segnalato 850 arresti ritenuti prigionieri politici: tutto sommato un numero molto contenuto rispetto alle migliaia dei fermati in Francia per le proteste dei Gilet Gialli. Varie organizzazioni umanitarie ed il Vaticano auspicando una soluzione pacifica delle tensioni hanno espresso preocupazione per la crisi che colpisce generi alimentari e medicine. Il ministro degli Esteri, Jorge Arreaza, ne ha addossata la colpa alle «sanzioni generali imposte dagli Stati Uniti che dal 2017 sono costate oltre 23 miliardi di dollari di minori introiti». Denaro, ha ricordato, che avrebbe permesso di finanziare «l’acquisto di medicine, generi alimentari, materie prime per la produzione, progetti infrastrutturali e rispetto degli impegni finanziari internazionali». Gli Usa, intanto, hanno avvertito il governo di Caracas che “tutte le opzioni sono sul tavolo” alludendo all’eventualità di un intervento militare già prevenuta da Maduro dalla richiesta di aiuto dalla Russia che nel dicembre scorso aveva inviato aerei da guerra e si è detta pronta a fornire al Venezuela il supporto necessario. Un intervento armato evocato da unappunto carpito dai media su un bloc notes del consigliere di sicurezza nazionale John Bolton di cui però parliamo in un altro articolo perché collegata alla questione Afghanistan.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MADURO: L’ASSAD LATINO FA PAURA COL PETROCOIN

 

FONTI

LE MANI SPORCHE DEL FONDO NAZIONALE DEMOCRAZIA di Eva Golinger

https://zcomm.org/znetarticle/the-dirty-hand-of-the-national-endowment-for-democracy/

http://cna-spain.blogspot.com/2015/06/historia-secreta-de-leopoldo-lopez-la.html

https://tg24.sky.it/mondo/2017/08/01/venezuela-leopoldo-lopez-chi-e.html

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Fabio G.C. Carisio

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